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martedì 6 novembre 2012

IL PADRE DEI MIEI FIGLI

IL PADRE DEI MIEI FIGLI
Anno: 2009
Durata: 106'
Genere: drammatico

Voto: 7

Trama:
Gregoire Canvel (Louis-Do de Lencquesaing) è un produttore cinematografico alla guida della piccola ma alacre Moon films; lavora come un forsennato mantenendo una vivida passione anche a discapito della moglie Sylvie (Chiara Caselli) e delle tre figlie (tra cui spicca la perspicace Clemence - Alice de Lencquesaing). Ma la sua personalità istrionica e il suo idealismo portati all'eccesso determinano il fallimento dell'azienda e una montagna di debiti da saldare. Gregoir decide di suicidarsi.

Recensione:
Mia Hansen-Love (nel suo curriculum dei ruoli in produzioni di Olivier Assayas), classe 1981, sa esprimere molto con la classica giusta misura del cinema francese. Lo si vede in questo che
è il suo secondo film (il primo «Tout est pardonné» risale al 2006) e nel successivo «Un amore di gioventù». Interessata ai piccoli-grandi sentimenti delle persone comuni, fa delle storie di vita ordinarie il suo focus di interesse rendendo lo spettatore alquanto partecipe e vicino ai destini dei suoi personaggi.
«Il padre dei miei figli» è pellicola incentrata sull'elaborazione del lutto, ma anche su altro. Il primo obiettivo viene centrato in modo pertinente e si noti come non si indulga sull'esasperazione della sofferenza né tanto meno sul pietismo strappa-lacrime per aprire gli orizzonti invece a una narrazione compita, in punta di piedi. E c'è di più: la pellicola risulta molto vitale sia nella prima parte (quando Gregoire è in vita) che nella seconda; i famigliari si tuffano in varie faccende, soprattutto la moglie e la figlia maggiore Sylvie e fra loro si alimenta un istinto di conservazione dinamico.
E anche un cieco si renderebbe poi conto della componente «cinema nel cinema»: il lavoro del produttore viene scandagliato per filo e per segno, non solo da un punto di vista operativo ma anche da quello emotivo. E allora Gregoire (incarnato da un bravissimo, carismatico e buca-schermo Louis-Do de Lencquesaing) sanguina passione per le relazioni con i committenti, le ansie delle distribuzione in sala, la raccolta fondi per le spese. Questo amore per il lavoro rappresenta un valore aggiunto che fa empatizzare con chi ama il cinema al di là questo film. E gongoleranno gli appassionati e gli addetti ai lavori del cinema indipendente, dei percorsi artistici poco battuti, dell'anti-Hollywood. Qui si ritroverà quella fatica propria di chi persegue una strada personale al di là delle mode e dei contatti altisonanti.
In tal senso è opportuno evidenziare che la regista si è ispirata alla figura realmente vissuta di Humbert Balsan, produttore cinematografico morto suicida nel 2005 in seguito all'affondamento della propria casa di produzione. La Hansen-Love lo ha davvero conosciuto un anno prima del gesto estremo e si sarebbe dovuta far produrre questo lavoro proprio da lui.
Queste componenti elevano questo «Il padre dei miei figli» grazie a un intrinseco valore morale sempre più attuale in tempi in cui realizzare un film si bilancia su un paradosso: tutto sommato la tecnologia consente anche agli amatori di mettere in digitale un'idea, ma la scarsità di finanziamenti, la pigrizia dei produttori e la standardizzazione delle proposte fanno rimanere molte idee pur valide in cantina.
Il film brilla comunque di luce propria: la Hansen-Love non è una virtuosa e lo si vede da un regia senza picchi e intuizioni particolari. Eppure sa come costruire una buona sceneggiatura forgiando un ritmo che non smarrisce mai il bandolo della matassa. Non si troveranno qui scene madri, l'opera va gustata nella sua interezza e possiamo anche dire che ciò costituisce un limite. A volte pare non succeda molto e alcune componenti rimangono sfilacciate, ma vi è una precisa identità di cui cui va dato merito alla giovane cineasta.
Inoltre la semplicità della macchina da presa corre a braccetto con la spontaneità dei volti e delle inquadrature. Esattamente come la volontà di rendicontare di sentimenti frugali, normali, di gente comune.
Film del premio speciale della giuria «Un certain regard» al festival di Cannes 2009.