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martedì 27 maggio 2014

MARTEK & PIXIE: INTERVISTA

Personalmente rimango affascinato dal rapporto duale: storia, letteratura, arte e moltissime espressioni della natura umana rimangono connotate, impreziosite e scandite da quello che da Adamo ed Eva rappresenta una delle più magnetiche dinamiche della vita di tutti noi: il rapporto che ciascuno intrattiene con un'altra persona. Anche il più cavernicolo e limitato intellettivamente ha provato la piacevolezza e la delizia di un altro essere
umano che sa leggerti negli occhi, che anticipa quello che vuoi e sei; con lui semplicemente e senza sforzi ti trovi a tuo agio ma in modo più sopraffino rispetto agli altri. Questa è magia, questa è vita, questa è ricchezza, questa è forza.
Tale preambolo in pompa magna per presentare due ragazzi che hanno fatto dell'empatia di coppia un vessillo artistico in cui amicizia, vèrve musicale e
amore per il mondo della notte si michela in un cocktail potente e rotondo. 
Andrea (Martek) e Omar (Pixie), a qualche anno dalla formalizzazione, lavorano come resident dj per l'organizzazione di eventi Insound partecipando ai vari
party di cui questo valente e dinamitardo staff dissemina il Piemonte.
Li abbiamo incontrato allo Spazio A4 club di Santhià (Vc) per una piacevole chiacchierata nel backstage. Quello che segue è il risultato.

Quando suonate voi il club Spazio A4 piano piano di riempie: quali sono i pregi e i difetti di mettere i dischi in una situazione di questo tipo?
Se tu fai un buon lavoro, si vedono i risultati; se sei in grado di mettere buona musica che fa ballare, togli la gente da quel timore che ha all’inizio in pista. E’ molto più difficile suonare in apertura piuttosto che a serata inoltrata, quando la gente ce l’hai già lì e non la perdi a meno che sei davvero un cane dietro i piatti. Il difetto è che, se capita la serata molle e floscia, suoni con pochissimi ragazzi davanti a te e può non essere facile.
Nel vostro futuro ci sono delle produzioni musicali? Se sì, su quale territorio del genere hardstyle pensate di orientarvi?
Come Martek & Pixie ci siamo trovati qualche volta e più avanti daremo l’ultima botta per uscire con dei singoli. Pixie ha già fatto uscire due canzoni insieme a due ragazzi di Arona, provincia di Novara: una si chiama “F.I.M. – Free your mind”, l’altra è “Fucking bitch”. Martek da un tre anni sta provando a fare cose da solo, ha anche partecipato al concorso “Primavera song” (fatto da Insound Fm in radio) l’anno scorso arrivando terzo, quest’anno alla quarta edizione è giunto secondo. Per la legge dei grandi numeri al prossimo giro vincerà (ridono)!
Quali sono a vostro parere gli atteggiamenti giusti per dare in modo che due caratteri e teste differenti in un duo musicale diventino una ricchezza e non un ostacolo?
Per noi la situazione è andata in modo naturale, senza forzare la mano, così crediamo che dovrebbe sempre essere. Poi un buon feeling e una buona amicizia diventano fondamentali oltre alla sincerità l’uno con l’altro anche quando le cose non vanno. Pixie ha suonato anche con altri ragazzi all’inizio, ma l’empatia che ha trovato con Martek non l’ha mai vissuta con nessuno. Lavorare in due è arricchente, ci si consiglia, ci si completa; a volte andiamo in telepatia, ci troviamo a memoria, immaginiamo lo stesso ed è capitato spesso che uno mettesse un disco che aveva in mentre l’altro.
L’hardstyle e l’hardcore sono generi che possono identificare i seguaci, creano grande senso di appartenenza fomentando un sentirsi parte di un unico movimento. Cosa vi sentite di dire a quei ragazzi che si gettano in questa musica come una sorte di salvezza di vita?
Che fanno bene, di continuare a crederci! Questa è la musica, la valvola di sfogo che mette a posto i problemi; qualche volta una serata ti risolve un malessere interiore, un dolore e il nostro genere è in grado di captare queste sensazioni. La nostra non è una notte commerciale come in discoteca al paesello; i clienti ritornano quando li tratti bene e lasci un buon ricordo. Questa sera ci sono ragazzi che da tre anni non venivano ma ora son tornati; è una bella soddisfazione per il nostro staff.
Raccontatemi a vostro giudizio i pregi e difetti della scena hardstyle piemontese, che sappiamo rappresentare una delle più forti e solide a livello nazionale.
I pregi si sanno, si vedono ogni domenica e si possono chiedere a quelli che partecipano in pista. La parte negativa è che fra staff ci si fa la cresta: nella nostra Regione lavorano contemporaneamente tre/quattro staff oltre a quelli in Lombardia e qualche volta capita che si organizzino serate grosse nello stesso giorno. Occorre invece collaborare visto che è un movimento che fa fatica e che le serate da un tre anni stanno andando meno bene di prima. Smettiamola di farci la guerra tra poveri! Se va bene a me alla fine va bene anche a te. Noi crediamo che siano meglio due eventi in una sera piuttosto che niente. La diversità fra Italia e Olanda è soprattutto di età: nei party grossi olandesi se non hai 18 anni non entri; e poi il loro movimento hard è molto più commerciale, se lo sono costruito. Abbiamo sentito racconti assurdi per cui da quelle parti anni fa i primi eventi causavano risse fra centinaia di persone. Furono bravi gli organizzatori a lavorare con pazienza e logica manageriale fino ad arrivare ai giorni nostri. Adesso è un business assurdo, le organizzazioni hanno un mare di soldi da spendere e basta vedere i più grandi festival; iniziano la vendita di biglietti e in poche ore va tutto sold out e parliamo di 50 mila ticket a magari 70 euro l’uno. In Italia sarebbe poi da approfondire il discorso delle etichette discografiche: se pensiamo ai quattro grandi del nostro Paese, Technoboy/Tatanka/Activator/Zatox, hanno un talento pazzesco ma rimangono ciascuno confinato nella propria label. Non sarebbe più produttivo mettersi insieme?
Tra gli artisti dell’attuale panorama hardstyle quali considerate che potranno lasciare un segno tangibile nel futuro con la loro musica?
L’hardstyle a nostro avviso oggi non esiste più, è morta un anno fa: ora c’è il raw style, cattivo, che si avvicina all’hardcore; e poi l'hardance con cantati e synths melodicissimi come Headhunterz o Code black. Noi siamo più per il secondo filone, lo si vede bene nei nostri dj set; ci piacciono tanti artisti come D-Block & S-te-fan, Noisecontrollers, Coone e tanti altri. Speriamo che da noi arrivi dall’estero il sound dell’ospite di questa sera, Activator, che con il progetto Acti sta portando avanti nei maggiori festival europei il genere “subground” da lui stesso inventato. Speriamo di poter ballare presto anche da noi queste atmosfere che abbiamo sentito all’estero.
Code black, produttore che credo voi conosciate bene anche perché fu protagonista di un caldissimo dj set allo Spazio A4 di Santhià, mi disse più volte un vocabolo nell’intervista che gli feci: trance. A suo parere le melodie e l’impostazione trance sono presenti in molti djs hardstyle al giorno d’oggi. Siete d’accordo?
Ti ha detto così perché la vede da producer; il ragazzino in mezzo alla pista magari ti dice che la trance è una merda pur non sapendo che diverse arie che sente con piacere e balla allo sfinimento derivano dalle melodie trance o di altri generi. Non si inventa mai del tutto niente, a noi qualche volta capita di riconoscere nell’elettro pop anni ’80 i semi di quello che suoniamo alle nostre serate.
Voi siete resident dell’organizzazione di eventi Insound, il cui successo è testimoniato da nottate di alto livello da tanti anni. Come si riesce a far combaciare le varie personalità che concorrono a questo successo lavorando da anni insieme?
Siamo persone unite ma diverse: siamo dieci teste pensanti che possono dire la propria facendo il bene comune e dei ragazzi che vengono alle serate. Negli ultimi due anni abbiamo portato l’hardstyle in uno locali in di Torino, lo Chalet; tra l’altro consolidando il nostro impatto sulla città e questo crediamo sia un ampio merito che ci si deve riconoscere. Tutta la ventina di serate hanno avuto un’affluenza micidiale, siamo arrivati anche a 3 mila persone e questi risultati non si ottengono senza un gruppo che cura i minimi dettagli con impegno e sacrificio. La scena del divertimento è stata massacrata dalla crisi e sarebbe il sogno di tutti noi mollare il lavoro della settimana per professionalizzarsi nel mondo della notte. Oggi come oggi è impossibile per la maggior parte di noi, ma ci si può provare senza sensi di frustrazione se non si avvera.
Notate anche voi che nel nostro Paese alcuni djs arrivano a un certo livello di notorietà perché riescono strategicamente a mettersi intorno le persone che contano al di là degli stretti meriti artistici?
Questa è la parte buia del nostro lavoro; siamo tutti capaci di dare soldi a un valido ghost producer che sa fare una hit. Noi ragioniamo in mio diverso, preferiamo metterci davanti al computer e lavorare a testa bassa; piuttosto che far sentire una traccia nostra ma che non sentiamo nostra, preferiamo mettere tracce di altri. Ci sono cose che ti danno più visibilità: per anni puoi fare dischi meravigliosi ma, se non sei nell’etichetta giusta, rimani confinato.  La scelta di chi ti produce dunque è importante e non dev’essere vista come negativa per forza; nel nostro ambiente ancora di nicchia capita di imbattersi in persone volonterose e oneste che fanno uscire il frutto della tua fatica.
Tramite gli organi di informazione si sente in vari occasioni come i ragazzi giovani si macchino di crimini omicidiari brutali. A vostro parere cosa potrebbero fare gli adulti per aiutare i giovani a convivere con quei demoni interiori  tipici dell’età evolutiva? E il mondo della notte che ruolo può avere?
E’ una domanda molto difficile; ci siamo soffermati a riflettere sulle motivazioni che muovono alcuni giovani a fare quello che fanno in questi casi. Noi siamo stati e siamo frequentatori della notte ma non ci è mai capitato nemmeno nell’anticamera del cervello di agire così. Crediamo non ci sia risposta, non sappiamo spiegarcelo e forse, se riuscissimo a spiegarcelo, queste cose non accadrebbero. Il mondo della notte in Italia è tartassato: chi torna alle 8 del mattino dopo aver ballato, non è mica un drogato! Noi siamo al settantesimo posto per libertà di stampa e soprattutto conosciamo tanti ragazzi che vengono con la loro bella bottiglietta d’acqua e ballano come matti perché credono in quella musica e basta. Anni fa a un grande festival di Torino un ragazzo ci ha lasciato la vita investito da un macchina; perché i telegiornali hanno parlato di quel festival solo per l’accaduto? Dov’erano i giornalisti quando nessuno ha detto che c’erano 5 mila persone buone buone a godersi il divertimento?