... E ORA PARLIAMO DI KEVIN
Regia: Lynne Ramsay
Anno: 2011
Genere: drammatico/thriller/psicologico
Durata: 107'
Voto: 7,5
Trama:
Quando Eva
Khatchadourian (Tilda Swinton) dà alla luce il suo primogenito Kevin
(da ragazzo Ezra Miller), la sua vita cambia totalmente; abituata a
lavorare e a gestire con una certa libertà i suoi spazi, l'impegno
di un figlio la coglie impreparata e non gli concede un amore
spontaneo. Con suo marito Franklin (John C.Reilly) però il bambino è
più aperto e affettuoso, ma il tempo
gli farà maturare un progetto ben lontano dalla rettitudine, qualcosa che i genitori mai e poi mai si sarebbero aspettati.
gli farà maturare un progetto ben lontano dalla rettitudine, qualcosa che i genitori mai e poi mai si sarebbero aspettati.
Recensione:
Nulla è
lasciato al caso in questo thriller/drama diretto da Lynne Ramsay;
arrivata al terzo appuntamento in lungo e rivisitando il romanzo
«Dobbiamo parlare di Kevin» di Lionel Shriver, la gestazione del
progetto risale alla metà degli anni 2000, quando la sceneggiatura
interessò più di un produttore. In Italia il dvd distribuito dalla
Bolero è uscito un po' in ritardo e l'opera non ha fatto troppa eco;
c'è però da sperare che si conquisterà il giusto spazio tra il
pubblico.
La Ramsay
calibra ogni dettaglio regalando un film decisamente controllato,
curato e attento a valorizzare tutte le componenti tecniche. Forma
firmata a colpi di pennello, dunque, ma storia scolpita a colpi di
sciabola.
Sì, perché
dietro a piccoli gesti spesso si cela la più efferata e tragica
violenza: lo ha insegnato certo cinema europeo e qui trova
paradigmatica concretizzazione portando ad empatizzare grandemente lo
spettatore con vicende e personaggi. La tensione cresce sempre di
più, il finale non è chiarificatore in senso assoluto, il dramma
viene anteposto al thrilling e si preferisce analizzare le dinamiche
da un punto d vista psicologico. Il ritmo allora si fa non elevato ma
deflagrante, la pellicola macina male di vita come un rullo
compressore; non ci si pone il problema del rispetto per lo
spettatore, non è un film comodo, anzi disturbante e che solleva
molte domande senza donare accomodanti risposte.
Gli attori
vengono coinvolti e zuccherati da questo processo compositivo,
soprattutto la Swinton e Miller, madre e figlio, ciascuno vittime e
carnefice dell'altro. Si studiano, si squadrano, si feriscono ma
senza sbraitare; cinici strateghi del dolore parentale, misurano i
loro «giochi» e proprio qui regna la grandezza del film, che fa
ancora più male proprio in quanto la violenza rimane inesplosa,
sussurrata ma cinerea, fatta annusare ma capace di tagliare l'aria
come il proiettile più silente ma detonante per larga parte dello
svolgimento.
I rimandi
psicologici si sprecano e fanno la felicità di coloro che lavorano
nello studio della mente o chi è affascinato. Mamma castrante ma
anche rifugio, figlio ribelle che odia ma non si pone
costruttivamente verso se stesso; i vincoli di carne trovano due
anti-eroi antagonisti l'uno all'altro e la discrasia è rimarcata a
tal punto da far diventare i fatti di cui si macchia il figlio come
conseguenza e non focus precipuo dell'opera.
Da sottolineare
che la Swinton e Miller offrono due prove di altissimo livello: con
la sofferenza che scava voragini sulle carni del volto la prima, con
perfetti occhi luciferini il secondo. Un credibilissimo e palpabile
ménage distruttivo in cui il padre (un bravo C.Reilly)
drammaturgicamente ha un senso: amico del figlio, amato da
quest'ultimo, ma incapace, sebbene compartecipe, di comprendere lo
struggimento della moglie.
La fotografia si
tinge volentieri di «profondo rosso» e si inerpica nei numerosi
flashback con cui la storia viene fatta risalire alla fonte. Alcune
scene sono letteralmente girate in «pozze di sangue» e che dire
delle musiche (composte da Jonny Greenwood dei Radiohead),
assolutamente protagoniste aggiunte. Oltre ai rumori, che aumentano
il pathos, definiscono piccolezze, spezzano emozioni, disciplinano e
scansionano. La regia della Ramsay si concede alcuni virtuosismi
interessanti e non comuni e alcune scene sono significative e perfino
mutuate dal cinema horror (ad esempio quella, stupenda, di
halloween).
Il film è stato
presentato in anteprima e in concorso al festival di Cannes nel
maggio 2011, successivamente in vari festival in cui ha ottenuto
molti riconoscimenti come la vittoria al London film festival.