Mi avete letto in ...

martedì 2 ottobre 2012

DIPENDENZA DA GIOCO: UN COSTO ECONOMICO E MORALE

Un milione e mezzo di italiani è malato di gioco, il 3% della popolazione. 
Questi nudi dati rendono con buona approssimazione l'idea di una delle piaghe della moderna società, ovvero la ludopatia. Con questo termine si intende il gioco d'azzardo compulsivo, cui il soggetto non riesce a sottrarsi nemmeno quando perde cospicue somme di denaro. Per questi motivi va considerata alla stregua di
alcolismo, tossicodipendenza e di qualsivoglia attività che diventi la conditio sine qua non dell'esistenza di chi ne è affetto. Il gioco si è negli ultimi anni affrancato dalle patinate sale dei casinò per dilagare in bar ed esercizi commerciali di vario genere e diventare appannaggio di chiunque lo desideri. Lo Stato mantiene il monopolio di molte tipologie di gioco ed non è difficile immaginare l'indotto che convogliato nell'erario pubblico grazie ai soldi puntati soprattutto dai ludopatici. Come spesso accade, impera un ipocrita dettame legislativo per cui è illegale giocare nei luoghi pubblici e privati, ma è possibile in bar e tabaccherie. Si può giocare ovunque, in vari momenti del giorno e si può puntare anche solo un euro; lotto e macchinette si mostrano in tutta la loro invadenza e da qualche tempo concedono la possibilità anche di giocare on line grazie a miriadi di siti web e canali televisivi alla luce del sole e dalla presenza formalizzata (vedi Winga tv, canale 63 del digitale terrestre).

Le cause principali del successo di questa patologia sono da ricercare in vari ambiti:
  • la disgregazione della società: quando le agenzie educative, i comparti di base (famiglia, scuola, comunità locali, ecc.) e i valori appaiono frantumati, non si esercita più quel controllo sociale che nelle generazioni precedenti consentiva di calmierare ansie e cattive inclinazioni individuali e gruppali.
  • la crisi econonomica: la latitanza dei posti di lavoro, l'erosione quotidiana dei conti in banca, la diminuzione del potere d'acquisto alimenta la speranza magica di diventare ricchi puntando poco.
  • la tollerabilità sociale del fenomeno: un ludopatico non suscita indignazione; un tossicodipendente o un alcolista vengono stigmatizzati o talvolta ghettizzati, lui è socialmente accettato, il che lo induce a perpetuare.
  • la sfida alla fortuna: perfino per un non giocatore vi è il fascino del tentare il fato con l'illusione che senza sforzo alcuno si possa vincere e dare uno scossone importante alla propria vita.
  • la facilità di giocare: tutti i moderni giochi sono trappole studiate nei minimi particolari per essere fruite con estrema semplicità; spesso devi solo sapere come pigiare a ripetizione un pulsante.
Il fenomeno è non solo allarmante, ma in costante crescita tanto che anche i servizi sociali e la normativa stanno approntando delle misure cautelative per arginarlo e per curare i suoi accoliti.
E'già di una decina di anni fa la nascita dei primi psichiatri specializzati nel recupero dei gamblers (il termine inglese che indica «giocatore»), dei gruppi di auto-aiuto, della formalizzazione delle terapie relazionali e farmacologiche.
E risale al mese di giugno del corrente anno la nascita nel Ministero della salute di un osservatorio ad hoc e i giocatori riceveranno diagnosi e riabilitazione senza spese. In tal senso la ludopatia viene certificata nei livelli essenziali di assistenza e relegata nella gestione ai presidi regionali in collaborazione con i Dsm (dipartimenti di salute mentale) e con i SerT (servizi che curano le dipendenze). E si è avanzata anche la proposta di una legge quadro che disciplini a livello nazionale un trend che sta generando un mastodontico costo sociale (alcuni gamblers dilapidano l'intero patrimonio diventando così indigenti da mantenere).
Ma il costo sociale non deve attenere solo l'aspetto economico; occorre valutare anche il costo morale di calamitare verso la patologia talvolta conclamata individui che senza quella selvaggia liberalizzazione di cui si è macchiato lo Stato italiano forse il gioco d'azzardo non l'avrebbero nemmeno incrociato. Producendo quel paese dei balocchi in cui oggi bar, ricevitorie e centri scommesse si sono tramutati, non si è fatto che sedurre, promettere senza mantenere, rovinare interi nuclei famigliari e distruggere psicologicamente talune persone.
Avevamo proprio bisogno di tutto ciò? Già altri problemi non stavano attanagliando questa Nazione? Evidentemente la sistematica caccia al profitto dilania la cupidigia di chi ci comanda fino al calpestamento di valori, cose e persone.
Effetto deteriore di certo slancio dettato dall'esasperazione del capitalismo, la ludopatia diviene così un nodo annoso creato artificialmente.
Per cui oggi dobbiamo curare e sostenere non qualcosa che ci è caduto sulla testa, ma qualcosa che ci siamo creati da soli.