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lunedì 22 ottobre 2012

INTERVISTA CON FRANCESCO PERIZZOLO

Un giovane scrittore, un uomo poliedrico sorretto da vari interessi, un'anima dalle tante sfaccettature. Tutto questo e molto altro è Francesco Perizzolo, che va vinto il premio «GialloLatino 2012» indetto da Mondadori.
Il vostro blogger l'ha contattato e le righe seguenti sono il risultato dell'intervista.

01. Presentati per favore ai lettori del blog.
Francesco Perizzolo, milanese classe 1980. Laurea in scienze politiche nel 2006, tredici anni di karate, poi sette di kung fu e ora pratico anche brazilian jiu jitsu.
Scrivo da sempre e nell’ultimo anno ho deciso di provare a “buttarmi” partecipando al Premio Segretissimo, nell’ambito di GialloLatino. Ho vinto col racconto “Lisbona di Sangue”, ad ottobre in edicola in appendice al numero di Segretissimo SAS “Allarme Plutonio”.

02. Presenta l'opera con cui ti sei aggiudicato il premio con Mondadori «Lisbona di sangue».
Si tratta di un racconto di
una decina di pagine, ambientato a Lisbona ma con rimandi alla Cina e all’Italia. Senza svelare il contenuto, è in un certo senso un buon prologo per introdurre un universo narrativo che ho in mente, fatto di personaggi ricorrenti legati fra loro, antagonisti che vengono da lontano e con dinamiche piuttosto articolate. Ho scritto altri racconti legati ai personaggi di Lisbona di Sangue, e tutti in qualche modo aggiungono una tessera del puzzle preparatorio che mi serviva per iniziare a scrivere qualcosa di più lungo. I commenti sono stati tutti positivi: chi ha letto questo e gli altri racconti mi ha chiesto “E poi? Dai dai vai avanti, scrivi! Vogliamo sapere cosa succede”. Di meglio non potevo sperare.

03. In cosa ritieni che uno scrittore possa fare la differenza e ambire ad elevarsi a posizioni di consenso. Insomma perchè un lettore dovrebbe scegliere il tuo racconto e non un altro?
Non ne ho la più pallida idea. Di norma scrivo quello che mi piacerebbe trovare in un racconto o in un romanzo, anche se in realtà poi leggo di tutto ma non scrivo di tutto. Credo che la cosa migliore sia leggere di tutto. Più si legge più si ha possibilità di trovare qualcosa che piace.

04. Un argomento ormai tristemente vecchio: cosa gli amministratori possono fare per investire sulla cultura e riportarla a quel primato che le spetta?
Ti faccio un esempio: io potrei anche occuparmi di ingegneria aerospaziale. Il fatto è che non ne so nulla. Otterrei risultati osceni, occupandomene. Meglio sarebbe trovare un ingegnere aerospaziale, magari bravo, che lo faccia al posto mio. Ti faccio quindi a mia volta una domanda: cosa possiamo fare noi per trovare degli amministratori all’altezza del patrimonio culturale italiano?
(Domanda di difficilissima risposta e che sarebbe da articolare ex intervista. Scegliere le persone giuste quando entriamo in cabina elettorale può essere un buon punto di partenza e parlo proprio della comunità locale in cui ciascuno si trova a vivere).  
05. A noi piace conoscere la persona prima del personaggio: quali sono le attività che ti piace svolgere al di là del ruolo di scrittore?
Sono un appassionato di fotografia analogica, suono musica molto molto sperimentale, pratico kung fu e brazilian jiu jitsu, divoro libri e film, dormo pochissimo, mangio poco ma cinque o sei volte al giorno.

06. Ho saputo che ti piace il cinema; come ti poni sulle numerosissime trasposizioni cinematografiche di libri. E'proprio vero che il più delle volte di un buon libro si fa un film solo discreto?
Non direi. A volte il film è meglio, altre è peggio, altre ancora è sullo stesso livello. Non c’è una regola. Dipende sempre da molti fattori: per trarre un buon film da un libro, qualsiasi esso sia, è necessario un team di sceneggiatori che abbiano capito il testo e vogliano davvero farne una trasposizione cinematografica e non un qualcosa di vagamente somigliante; poi ci vuole un regista che abbia capito l’atmosfera, degli attori che siano verosimili nei panni di determinati personaggi… Anche se si tratta di un fumetto e non di un libro, direi che Dylan Dog è l’esempio più eclatante di come non si dovrebbe mai operare una trasposizione cinematografica. Capire cosa non si deve fare può essere un inizio.

07. Che cosa provi quando scrivi? E' proprio vero che uno scrittore viene condotto da un flusso creativo più forte di lui?
Personalmente no. Scrivo ogni volta che ho qualcosa da scrivere e soprattutto quando ho tempo a sufficienza. Quando rileggo, sistemo ciò che va sistemato finché non sono soddisfatto. Non credo molto a queste storie al limite dell’esoterico: scrittori in preda ad una febbre irrefrenabile che li porta a scrivere libri come se si trattasse di fenomeni di scrittura automatica…

08. Come si svolge il tuo processo di scrittura? Hai già in mente l'idea globale all'inizio o pagina per pagina ti lasci sedurre dall'improvvisazione?
Scrivo molti appunti. Poi sistemo, ordino, elimino. Altre volte mi viene in mente un’idea e scrivo di getto tutto ciò che riesco. Un momento fondamentale è dedicato alla documentazione: ci sono sempre elementi reali e quotidiani che vanno controllati per assicurare il massimo della verosimiglianza.

09. I giovani scrittori: il mercato dell'editoria in Italia appare saturo. Che tipo di ambizioni credi possa avere un ragazzo anche talentuoso che oggi decide di scrivere un libro?
L’editoria è satura da decenni. I problemi dell’editoria però non nascono tanto dalla saturazione pura e semplice, quanto dalla pubblicazione di una gran quantità di libri pessimi. Di questi, alcuni vendono perché nella loro meschinità e scarsezza hanno alcuni punti di forza commerciali, mentre tutti gli altri restano per un po’ sugli scaffali e poi svaniscono nei magazzini o al macero. Questa invasione di pessimi libri a volte mette in ombra anche opere splendide che vanno quasi perse nel marasma generale. Questo si che è un problema, e non mi pare facilmente risolvibile.
Venendo alla seconda parte della tua domanda, che è strettamente collegata alla prima, da lettore direi che chiunque abbia del talento ha un primo grosso problema: la massa informe dei presunti scrittori, siano essi maturi o wanna be. Tanti pubblicano (spesso a spese proprie) delle porcate senza capo né coda, scritte in un italiano approssimativo, ridondante, pretenzioso, noioso, poco chiaro. In questo marasma si perdono molte cose buone e alcune ottime. Io non ho alcuna pretesa artistica e non mi metto nel novero dei grandi scrittori o degli artisti: sono una persona che legge molto e che fa anche tante altre cose, fra cui scrivere qualcosa che vuole essere un intrattenimento per chi ama questo genere. Da lettore, non capisco quegli individui che camminano ad un metro da terra con un atteggiamento che probabilmente non avevano nemmeno Boccaccio o Manzoni solo perché hanno pubblicato qualcosa, magari appunto pagando. Da appassionato di scrittura li capisco ancora meno: a cosa serve tutto questo apparato coreografico? Ho ricevuto diversi messaggi da persone più o meno giovani “del giro” che mi hanno lasciato a bocca aperta, cose del tipo “Ah, quindi avresti vinto tu…”. Questo senso di competizione estrema ad ogni costo non ce l’ho, e mi lascia basito. Sono dinamiche che richiedono un dispendio irragionevole di energie, tempo, nervi e chissà cosa d’altro. Non mi sembra ci sia un’utilità, e i risultati sono pessimi. Chiunque decida di scrivere, dovrebbe secondo me rileggersi spassionatamente, in modo obiettivo, accettare e valutare le critiche e i consigli, avere umiltà e senso della realtà. Io sono stato fortunato perché dopo aver scritto questi racconti ho conosciuto persone fantastiche come Di Marino, Cappi, Barbara Baraldi, Cristiana Astori, Pinketts e Proietti che hanno sempre un consiglio utile, niente peli sulla lingua, esperienza e talento, ma sono sicuro che anche i semplici amici possano avere qualcosa da suggerire, qualcosa di utile per un aspirante autore.

10. Ti senti di consigliare il tentativo di affermarsi tramite il digitale magari mettendo il proprio e-book in web o sei legato al tradizionale libro cartaceo?
Perché no? Sono legato alla carta, ma il tempo scorre e non si può rimanere sempre ancorati solo al passato. Oggi c’è questa novità dell’editoria digitale, domani ci sarà qualcosa d’altro ancora. Sono tutte possibilità e trovo stimolante esplorarle.
Però se posso permettermi di essere ancora una volta un rompiscatole, mi sento obbligato a dire la mia su ciò che hai scritto in questa domanda: “il tentativo di affermarsi” è un punto di vista che non condivido. Voglio dire: perché una persona scrive? Perché ha qualcosa da dire? O perché vuole soddisfare il proprio ego e trovare una qualche affermazione? Se si hanno argomenti e gli strumenti per scriverne e in virtù di ciò si arriva ad un’affermazione, si tratta di un percorso che mi sta bene. Al contrario, a chi per smania di apparire e avere anche solo una piccola fetta di “fama” si mette a scrivere e poi ci inonda del proprio guano borioso e arrogante… io a queste persone butterei giù dalla finestra la tastiera e il pc.
(L'espressione "Il tentativo di affermarsi" è stata scritta senza pensare alla differenziazione che riporti, quindi non è da intendersi come un mio "punto di vista". Ciò detto, sono d'accordo con quanto sostieni, appoggiando la genuina espressione di una creatività scevra di "smania di apparire").

11. Sii sincero: che idea ti sei fatto veramente delle case editrici? Non ti sembra che alcune siano entrate nel giro solo per guadagnarci sfruttando gli scrittori e senza garantire loro un'adeguata diffusione dell'opera?
Non saprei rispondere alla tua domanda. O meglio, non del tutto. Più che altro mi chiedo se di questi tempi sia possibile entrare nel giro dell’editoria aprendo una casa editrice per fare dei soldi. Oltretutto non credo che gli scrittori siano tutti dei deportati ai lavori forzati vittime di sfruttamento. I ritardi nei pagamenti, i contratti capestro, le condizioni svantaggiose non sono una tortura riservata ai poveri scrittori, ma a chiunque sia nel mondo del lavoro. Sono dinamiche economiche, non una congiura contro un’ipotetica minoranza buona e sfortunata. Ci sono certamente situazioni spiacevoli, e le depreco senza dubbi. Poi ci sono anche scrittori di un certo valore a cui vengono imposte condizioni indecenti, altri cui vengono chieste opere assurde che seguano gli andamenti commerciali, e scrivere qualcosa che non si vuole scrivere è di sicuro una pena, ma mi pare un discorso diverso.