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lunedì 29 ottobre 2012

UN GIOCO DA GRANDI / CORTOMETRAGGIO



UN GIOCO DA GRANDI
Cast: Emanuel Bevilacqua, Giorgia Mesiroli
Anno: 2011

«Un gioco da grandi»: un cortometraggio il cui titolo dichiara un pregevole dualismo di componenti. Il gioco, che sviluppa competenze sociali e intelletto dei bambini; il mondo dei grandi, le cui regole possono essere feroci. Il regista Mauro Stroppa bilancia questi stimoli equilibrandoli fra l'attore Emanuel Bevilacqua e la piccola Giorgia Mesiroli. Il primo, che vanta ruoli con Claudio Caligari, Alessandro Angelini, Dario Argento e altri registi degni di nota a livello nazionale, la seconda quasi
del tutto esordiente. Il volto corrucciato e con sopra incisa una storia di Bevilacqua, le sue movenze, il suo timbro vocale, si interfacciano con gli occhi da bambina di Giorgia in un abbraccio solo apparentemente inconciliabile. Due mondi, due solitudini, due bagagli culturali a confronto che in pochi minuti esprimono molto grazie a una macchina da presa che, con circospetta curiosità, ne accarezza i visi con uno sfondo dotato di una fotografia alquanto accesa. Immagini nitide e ben definite raccontano un pomeriggio fatto di piccole cose, dove i due si fanno compagnia trovando giovamento l'un l'altro. Non si parla di massimi sistemi, vengono banditi paroloni e sofismi; meglio entrare in punta di piedi in una vicenda di cui non si viene a sapere molto e che lascia aperto il ventaglio degli scenari possibili. Stroppa ottiene il meglio dai suoi attori: pennella Giorgia di una naturalezza sorprendente, sospinge Emanuel a far emergere una gentilezza e una disponibilità sentimentale nonostante le apparenze.
E gli attori lo ricambiano facendo respirare allo spettatore l'interscambio artistico e umano che si origina. Stroppa individua anzi l'umanità quale tessuto connettivo tra il cinema a sfondo sociale e quello di genere in modo talmente interessante da far desiderare un ampliamento del corto in lungometraggio. A fine degli otto minuti di durata non resta che osservare il mare perdendosi fra la sensazione di realtà mista a finzione ponendosi domande sull'entità di quanto visto. E cosa vi è di meglio nel cinema, arte sopraffina in grado di suscitare quesiti senza fornire risposte.


Il vostro blogger ha rivolto tre domande a Emanuel Bevilacqua, persona gentilissima e che merita alta considerazione da parte di registi, addetti ai lavori e appassionati di cinema.

Come mai hai deciso di partecipare a questo corto? Ti piaceva il progetto?
Ho conosciuto Mauro, ragazzo giovane, intraprendente e molto ambizioso; mi ha stupito subito la conoscenza che aveva nel mondo cinematografico. Mi parlava di film cinesi, giapponesi, arabi come un piccolo genio; conosce film di tutti i generi, raccontandone minuziosamente tutte le trame ma anche i particolari. Secondo motivo: mi ha mostrato la sua idea e la storia mi ha colpito soprattutto nel tema dell'abbandono forzato di cui oggi sono vittima i minori. Nell'80% delle famiglie italiane oggi succede che entrambi i genitori sono costretti al lavoro perchè servono due stipendi. Una volta non era così: eravamo accuditi tutto il giorno dalle nostre mamme e una su un milione aveva la badante. Oggi i bambini la loro infanzia la passano con le baby sitter fidandosi ciecamente di qualsiasi altra persona, quando ai miei tempi i miei genitori mi dicevano di stare attento a chi si avvicinava, alle persone sconosciute. La società è cambiata, non so dirti se in maniera positiva o negativa; lo saprei anche, ma preferisco tenerlo per me. Terzo motivo: mi è piaciuta subito quest'interazione fra adulto e bambina, questo contrasto tra questa piccola e questa faccia da rapina.

Come ti sei sentito a lavorare con una bambina così piccola? Ci sono state difficoltà? 
Già in precedenza ho avuto l'occasione di lavorare con bambini («L'aria salata»); amo i bambini perchè hanno una spontaneità e una sincerità che al mondo non esiste; la prima cosa che faccio è di metterli subito a loro agio scherzandoci e cercando di creare subito un rapporto amichevole. Mi portano indietro nella mia infanzia e divento bambino come loro ed ecco perchè si crea subito un bel rapporto ed ogni cosa diventa il più naturale possibile. Anche con la piccola e bravissima Giorgia è andata così: fuori dal set si giocava sempre e ci sentivamo due piccoli amici; tanto più che ancora oggi lo siamo, abbiamo il contatto su facebook e lei mi prende sempre in giro dicendomi che sta sempre in vacanza in vari posti del mondo tipo in Egitto. Io come un bambino ci credo e ci casco hai suoi scherzetti. Difficoltà estreme non ci sono state, solo quei piccoli inconvenienti che si trovano in tutti i set cinematografici. Mauro ha diretto l'orchestra in maniera impeccabile, sa quello che vuole e sa quello che fa. E lo fa in una maniera molto professionale; avendo vicino un piccolo talento come Giorgia Messinoli, inconvenienti grandi non potevano nascere. Ci serviva il mare mosso ma in quella settimana il mare non lo fu mai; abbiamo chiesto a dio se lo smuoveva un pochino ma ci ha chiesto troppi soldi, poi abbiamo provato insieme a tutta la troupe a soffiare, ma non c'è stato nulla da fare. Lui era lì imperterrito, più calmo di un bradipo.

Mi sveli qualche momento curioso sul set? 
Non c'è ne sono stati; se ce ne sono stati, non li ho visti. Io di natura non sono una persona curiosa, per me la curiosità e un'attitudune un pò come la vanità, la vedo molto donna. Però ti posso raccontare degli episodi simpatici, come per esempio che abbiamo richiesto dei permessi che purtroppo coincidevano con giornate dove sul lungomare di Ostia era prevista una corsa di ciclismo. Nessuno ci ha avvisato e allora ci siamo trovati a girare in questo mare di ciclisti; ogni volta che passavano, ci sentivamo un po' in pericolo. Ci sono state poi cadute in terra tipo «Paperissima». Per me è stata un'esperienza positiva. Giorgia si merita lo schermo cinematografico e televisivo e spero che qualche regista la noti perchè è veramente molto brava; faccio i complimenti anche a tutta la troupe.
Grazie dell'intervista e un saluto ai tuoi lettori.