Regia: Abbas Kiarostami
Anno: 1994
Durata: 95'
Genere: drammatico
Voto: 9
Trama:
Un
regista (Mohamad Ali Keshavarz) sta girando il film «E la vita continua» in un villaggio dell'Iran del nord devastato dal terremo
del giugno 1990. Serve una coppia di giovani innamorati e vengono
scelti Tahereh (Tahereh Ladanian) e Houssein (Houssein Rezai);
ma quest'ultimo è davvero innamorato di lei, vuole sposarla ma ha
subito il netto diniego della famiglia.
Recensione:
Un'esperienza di
vita a tutti i livelli: questo il cinema di Kiarostami, god registico
iraniano, arrivato con questo film alla conclusione della «trilogia
del terremoto» iniziata nel 1987 con «Dov'è la casa del mio amico?»
e continuata nel 1992 con «E la vita continua». Un'attenzione
dunque alle zone vittime del cataclisma, agli effetti collaterali
materiali e psicologici, un substrato che diviene scenario per
declinare storie di vita, sentimenti e sensazioni.
E, come succede
volentieri nella sua carriera, si fa cinema nel cinema, tanto più
che la pellicola girata è la stessa che Kiarostami già nella
realtà. La troupe, i mezzi tecnici e il regista accompagnano da
sfondo questa storia sentimentale in cui un pretendente controbatte
strenuamente e con bontà i dettami culturali del suo Stato: la dote
da portare all'amata, l'ostruzione delle famiglie che decidono in
modo sostanziale, la pudicizia della donna che si può spingere solo
fino a un certo punto. E c'è di più: sono tanti i volti cui la
pellicola dà voce con personaggi di contorno ma che non solo porgono
alla macchina da presa una faccia fottutamente giusta, ma presentano
la loro situazione di vita prorompendo dallo schermo come cibo per la
mente.
Qualità
esplosiva del cineasta l'ottenere il massimo dalla semplicità: un
dialogo smilzo si fa trattazione chilometrica, due occhi mesti
raccontano una storia lunga anni, un'inquadratura apre un mondo
millenario. Kiarostami registra i toni sommessi e disturbati di un
territorio falcidiato dalla natura oltre alle difficoltà dei suoi
abitanti, la cui maggior parte ha deciso di abbandonare i pericolanti
edifici per vivere per strada. Ma non li utilizza cinicamente per
difendere un punto di vista, il film è amorale (nel senso di privo
di giudizio), presenta un mondo e la plausibilità del metodo di vita
dei suoi residenti, che anzi mostrano vitalità e coraggio
nell'andare avanti sempre e comunque. Se talvolta il cinismo c'è, è
perchè il cinismo fa parte di questo mondo ed è quindi giusto non
tenerlo sotto silenzio.
Un cinema anche
elegante e raffinato il suo soprattutto per le capacità tecniche e
il gusto di fotografare con potenza un momento, un angolo di vita.
Ancora una volta i campi lunghi rientrano nei suoi gusti come
nell'esteticamente magnifica scena finale. E ancora finzione e
dialettica si seducono e respingono in un dualismo di altissimo
livello, dove amore, politica, arte, affari sociali duettano con la
semplicità di esecuzione.
I suoi attori,
mai dei virtuosi in senso assoluto, ma persone che potrebbero davvero
essere parte di quell'universo rappresentato, non esagerano mai
nell'esasperare i toni e si comportano come in un'ipotetica vita di
tutti i giorni. Molto efficaci soprattutto il regista Ali Keshavarz e
il tutto-fare del gruppo Rezai, dotato di un'espressione facciale
perfetta per la parte.
Kiarostami, in
questo caso scrittore-regista-sceneggiatore-montatore-produttore, è
stato insignito di svariati premi oltre alla presentazione ufficiale
al 47°festival di Cannes.
E'un
autore indipendente e il totale controllo che esercita sulle sue
opere gli ha inibito la possibilità di essere distribuiti nel suo
Iran, in cui l'ultimo suo film diffuso è il «Il sapore della ciliegia», anno 1996. Eppure vive ancora a Teheran e (fonte
www.repubblica.it), ha
dichiarato rispetto a ciò: «La censura non è interessata
allo stile o alla storia di un film purché non tocchi aspetti
sociali, vuole solo il controllo totale dell'opera, perciò negano la
vita ai film indipendenti come i miei. La libera circolazione del
cinema e degli autori arriverà certamente in Iran e, se pure le
autorità non ne terranno conto, è molto importante che la pressione
internazionale continui, che l'attenzione del mondo non si spenga».