I senza dimora al giorno d’oggi, stando ai dati disponibili e certi forniti dalle città Europee, sono all’incirca 50mila,
una vera popolazione a sé stante: dormono accampati in qualche modo
nelle strade, pure in inverno o al limite, occasionalmente, si rifugiano
in centri di assistenza.
D’altronde è stato rilevato in media un loro aumento del 45% durante la Grande Recessione nell’Europa intera
e ci sorprenderà appurare che suddetto aumento non è solo configurabile
nei Paesi segnati dalla crisi del debito (difatti in Italia son
pressoché triplicati), ma addirittura in Germania e Nord Europa.
La composizione del continente si
dimostra cangiante tra Nord, Sud ed Ovest, Est: a nord sono presenti più
immigrati; al sud più autoctoni, più che altro giovani, tra l’altro
disoccupati; A Est i senza tetto sono gli emigrati di ritorno, ovvero
quei malcapitati che, speranzosi, si erano spinti alla ricerca di
fortuna in Italia e in Spagna e son tornati a casa a mani vuote. Dato
comune circostanziato è la proliferazione del numero di donne, presunta
conseguenza dell’aumento delle famiglie monoparentali.
I dati finora esaminati costituiscono il risultato di uno studio, coordinato da Michela Braga per la fondazione Rodolfo Debenedetti,
presentato il prossimo venerdì a Roma. Lo studio in questione è il
risultato di una cooperazione di ricerche di tre gruppi di studiosi,
australiani, statunitensi ed europei, che da anni analizzano i
censimenti e la manifestazione del fenomeno stesso nelle città di
Milano, Torino e Roma. A Roma, in particolare, l’iniziativa ha coinvolto
più di 1500 volontari, che per tre notti consecutive, nei giorni
scorsi, hanno visionato le strade del grande raccordo anulare, contando e
intervistando i senza dimora.
Se ne è dedotto che sono due le
principali cause della proliferazione dei senza tetto: perdita del
lavoro e in subordine rottura del nucleo familiare. L’influenza
psicologica alla base è di notevole spessore: difatti la carenza di
fiducia nei rapporti umani, conduce questi soggetti a scegliere la
solitudine, piuttosto che l’aggregazione con altri senza tetto,
condividenti la stessa esperienza.
Queste persone, in fin dei conti, non
sono destinate alla marginalità per la deplorevole condotta di vita
(magari alcolizzate o affetti da gravi patologie psichiche), ma hanno
ottime possibilità di reintegrazione nella società, una volta risolto il
problema casa, lavoro. Questo procedimento di prevenzione, integrazione
è stato portato a termine in Finlandia e in Germania dal 2000 al 2007,
comportando un dimezzamento del numero dei senza tetto, vanificato dalla
successiva crisi dell’Eurozona.
D’altro canto sarebbe necessario attuare
una riforma del sistema edilizio: indubbiamente la destinazione di
pagamento pensioni a persone di cinquanta anni, perfettamente in grado
di lavorare e il successivo decentramento dei programmi di edilizia
popolare, a favore delle regioni (che hanno venduto ben 150 mila
alloggi) di sicuro non hanno giovato all’emergenza senza tetto. Per cui
se la competenza in materia di edilizia popolare dovesse rimanere in
capo alle suddette regioni, è bene e che queste sovvenzionino, con
appositi fondi, centri di assistenza e dormitori per i senza tetto.
Fonte: www.giornaleapollo.it