“Sono stato il primo dj hardcore in
Italia e ho portato tanti al successo; non te lo dico perché sono
qualcuno di importante ma per farti capire che il lavoro paga quando
è umano, sincero, onesto”.
In queste parole c'è molto del Claudio
Lancinhouse uomo e, siccome questa piattaforma ambisce a snudare il
più possibile l'anima dell'interlocutore, mi piace estrarre dalla
chiacchierata con lui tale concetto. Consapevolezza di essere un
pilastro e disponibilità umana al dialogo e alla generosità: questo
in pillole l'icona hardcore che mi ha dedicato una mezz'ora della sua
vita nel backstage dello Spazio A4 di Santhià (Vc) con un evento
targato organizzazione Insound (i cui membri dello staffo ringrazio
per la consueta gentile accoglienza).
Nato nel 1963 Claudio ha percorso tanti
sentieri musicali per poi essere restituito alla storia (commerciale
anche) come dj hardcore; produzioni, collaborazioni, sinergie, un
numero esorbitante di gigs in Italia e all'estero. Molti gli sono
affezionati per la militanza nella sua “casa”, come sostiene lui
stesso, al Number one in sala 2. I più attenti gli attribuiscono i
crediti di pezzi dance più melodici o
“maranza” (per lui non è
certo un insulto, lo leggerete fra poco). Tutti quelli che non si
sono bevuti il cervello convergono nel riconoscergli un ruolo di
primo ordine nel mondo della notte quanto a musica estrema.
Ricordare le gesta e l'incidenza di un
mostro sacro come Lancinhouse equivale a dare un calcio nel culo alla
dispersione e all'eccessiva velocità del mondo moderno. In un panorama,
anche musicale, in cui gli angeli si bruciano in fretta le ali e gli
eroi lo sono per pochi minuti, si celebrino i suoi 35 anni di
carriera, la costanza, la fedeltà a un lavoro che diviene stile di
vita e cuore palpitante.
Il fatto che Claudio appartenga alla
vecchia guardia mi ha consentito di allargare il discorso facendogli
commentare questo mondo dall'alto dei suoi 50 anni; valore aggiunto
di cui mi sento onorato.
Signori e signori: Lancinhouse!
Un piacere vederti qui a Santhià; come
ti sei trovato in questa nottata con i ragazzi di Insound?
Molto bene, ho suonato per un'ora senza
problemi e la gente mi ha accolto alla grande ballando tutto il dj
set.
Come vedi ad anni di distanza pezzi
come “Love is” (che finì sulla Discoparade compilation 2003),
“Elektrico” o “Pirata”, che ti vedono adottare melodie più
progressive e leggere rispetto alla maggior parte della tua
produzione?
Tutto quello appartiene al passato,
adesso il nuovo Lancini è EDM/progressive house e speriamo che
questo progetto abbia fortuna. Le canzoni che citi erano buoni dischi
che avevano senso nel periodo in cui sono usciti. La dance è
cambiata e bisogna stare al passo con i tempi; le loro melodie
potrebbero essere attuali ma cassa, suoni e tutto quanto riguarda
l'insieme delle produzioni è targato anni post 2010. Da qualche anno
c'è un chiaro ritorno alle cose old ma tutto è diventato più
dritto, techno.
Quei tuoi pezzi erano molto “maranza”
e te lo dico con l'orgoglio di essere stato “maranza”...
Io sono ancora “maranza”,
l'importante è non vergognarsi mai! (ride).
Mi incuriosisce la tua appartenenza al
valido progetto Mash, che ho particolarmente apprezzato in episodi
come “Music is playing so loud”, “Oak island”, “In your
arms” o “One day”. Ricordiamo anche Free drink; come possono
essere vissute oggi da un ventenne melodie come quelle?
Lì si parla di fine '90 e inizio 2000;
soprattutto all'estero si sentono atmosfere come quelle adesso. I
miei ultimi dischi li ho fatti molto con sonorità anni '90 a parte
il progetto di cui ti parlavo prima più moderno. Ti avevo già detto
che sono “maranza”? (ride) La melodia fa parte della musica
italiana, quello è il nostro forte; tutti ci hanno copiato fino a
fare negli ultimi anni cose migliori delle nostre. La melodia è
quella cosa meravigliosa che ti rimane nella testa; al di là di
quello che suono e produco e di essere identificato come dj hardcore,
io adoro la dance e ho prodotto un sacco di dischi di quel genere.
Hai talmente ragione che non a caso fu
coniato il termine “italodance”.
Hai già detto tutto e ricordo anche
l'espressione “spaghetti dance” che mi piaceva; abbiamo fatto la
storia in questo settore e ce lo riconoscono da più parti del mondo,
ricordiamocelo ogni tanto. Sono stato in America per lavoro e ci ho
trovato i dischi di Gigi D'Agostino, Paps'n'Skar, Corona, Prezioso o
Molella. Certo che un ventenne di oggi può gustarli, in discoteca
funzionano sempre ed erano un mash up fra trance e dance e la cassa
techno in un mix irripetibile. Sai qual'era la loro magia? Essere
facili nel senso buono del termine: davano melodie che potevi cantare
ma non erano cazzate, sono resistite nel tempo, canzoni con due palle
quadre.
Mercoledì 3 dicembre Radio deejay e
m2o trasmetteranno una puntata super speciale di Deejay time come la
formazione originale Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso.
Nell'anteprima lo stesso Albertino, rivendicando il fatto che non si
può vivere solo di rendita dal passato, ha detto che la dance
commerciale di oggi è molto valida e altro non è che quella di un
tempo travestita (alludendo all'EDM/progressive house). Sei
d'accordo?
Pienamente: alla fine è sempre quello
che gira. La edm avrà la cassa più dura ma i cantati ricordano
tantissimo quelli di un tempo. Possiamo dire che per qualche anno, ti
ricorderai, la house aveva dilagato a livello commerciale e siamo
rimasti senza melodie e ritornelli. Poi per fortuna la nuova ondata
di produttori ha invertito la rotta e adesso quei suoni house sono
tornati in basso.
Che ricordi hai di parti selvaggi come
Hardcore warriors, Ravestorm o la sala 2 del Number one? Che
differenze ravvisi fra quel topo di attitudine e quella dei party
odierni? Come sono cambiati i ragazzi?
All'epoca era più seguito quel genere
e, se entravi in una discoteca, lo facevi perché ti faceva impazzire
e diventava il tuo stile di vita. Oggi è più una moda; la gente è
cambiata tantissimo, il modo di ballare, di vestirsi, di comportarsi.
Una volta le risse erano più numerose, c'era più maleducazione,
adesso sono più educati. Detto questo, la sala 2 del Number è e
sarà sempre casa mia ma adesso i ragazzi e i gabber in genere si
controllano di più; forse meno droghe, forse la polizia che li ferma
in macchina e li multa se hanno bevuto. A me va bene così la
situazione, non ho troppa nostalgia.
Anche perché i tempi d'oro te li sei
vissuti con pienezza, no?
Conta che ho iniziato a suonare nel
1978 e facevo la vera disco music per poi arrivare all'afro e al
funky; di acqua sotto i ponti ne è passata e sarebbe preoccupante
che a 51 anni compiuti facessi ancora il ragazzino.
La scena elettronica estrema dunque
generi come l'hardstyle o l'hardcore hanno beneficiato negli ultimi
anni di una diffusione importante. Personalmente ti preoccupa il
fatto di uscire dall'undergound e raccogliere nuove leve di pubblico
che si abituano a suoni più ruffiani?
Mi preoccupa per un fattore: è aperta
più alla massa, essendo più commerciale e questo fa perdere un po'
della sua vera essenza. La vera hardcore, così come il vero
hardstyle, mi mancano, non lo nego; ci sono passato attraverso e ho
fatto di tutto in quei tempi stupendi. Ma questo vale per me, non per
i giovani di oggi; loro, quando sentono un pezzo attuale, hanno più
feeling e non comprenderebbero i miei ricordi né se li volessi
convincere su quanto erano più fighi i suoni prima. Come ti ho
detto, a 51 anni penso sia quasi arrivata per me la fine della
carriera, tutto il resto si vedrà; starò sempre nel giro ma a una
certa età è lecito pensare a certe cose. Sto suonando ancora molto,
una settimana fa ero al Florida di Ghedi (Bs), ma arriva un tempo in
cui bisogna essere realisti. Ma preferisco decidere di smettere così
piuttosto che arrivare un punto in cui la gente non sa nemmeno chi
sono.
Non mi sembri tra l'altro il classico
ragioniere che va in ufficio solo per prendere lo stipendio.
No no, questo è un lavoro ma prima di
tutto una passione; pensa che faccio anche serate di beneficenza. Ok,
i soldi servono, però è il cuore che deve muoverti per primo.
Essendo poi quella in cui ti muovi una
scena di nicchia, c'è modo di fare le cose senza troppi
condizionamenti, no?
Sarà anche una scena di nicchia ma, se
organizzi belle serate, fai ancora 4-5 mila persone; pensa all'Olanda
dove a volte si parla di 30-40 mila spettatori. In questo senso è
diventato anche troppo diffuso ma non ti nego che mi fa piacere; vuol
dire che noi padri del genere che abbiamo cominciato abbiamo seminato
bene.
E' inutile dire le classiche differenze
fra la fruizione della musica senza tecnologia e con la tecnologia,
da vinile a mp4; le sappiamo bene. Ti chiedo invece, da persona che
sta per arrivare ai 40 anni: non ti dà fastidio che molti ragazzini
oggi che magari vengono ai tuoi party non solo non conoscano il
piacere di tenere in mano un bel vinile ma soprattutto che non gliene
freghi niente di approfondire un po' di storia della musica?
A me il vinile manca, dico la verità;
la chiavetta non sono capace a usarla e non ho intenzione di imparare
come si fa. Neanche il computer lo porto in consolle mentre il cd lo
capisco; potessi, farei ancora serate solo in vinile. In alcune
serate in cui devo suonare 4-5 ore alterno le tecnologie tra disco
ottico e disco in vinile anche perché sono abituato a riconoscere le
canzoni con le copertine. I ragazzini magari seguono la novità e
conoscono da oggi in poi e non hanno la cultura delle cose passate
che poi hanno dato origine al presente.
Questo non è un po' triste e
frustrante appunto?
Sì, molto. Discograficamente sapere
quello che è stato fatto prima ti completa come amante della musica.
Un disco prodotto nel 1993 è completamente diverso da uno del 2014 e
mi piacerebbe far loro ascoltare il disco di 20 anni fa per poi
dirgli solo dopo che è lo stesso produttore che adorano oggi. Ne
rimarrebbero stupidi, non credi? Non sono nessuno per dare lezioni,
ma sarebbe un bell'insegnamento e un rispetto alla storia.
Tra l'altro potrebbero farlo in piena
autonomia avendo a disposizione, contrariamente a noi alla loro età,
i mezzi tecnologici come youtube o la rete in genere.
Quando andavo in negozio il sabato e
prendevo il mio pacchettino di dischi, non vedevo l'ora di tornare a
casa per sentirli e toccarli. Parlavo con tanta gente diversa al di
là del genere che ascoltavano o suonavano e questa era una cosa
bella; entravi nel mondo di tutti. Oggi si scarica e ci si fa serate
ma si è perso il gusto.
E' paradossale che in una società in
cui si può condividere tutto i ragazzi alla fine condividano meno di
noi.
Certo, ma poi io leggevo con attenzione
le etichette che mi davano le informazioni del disco, i crediti, le
curiosità, chi l'aveva mixato; oggi ti perdi tutte le info. Dove è
finito tutto questo?
Hai partecipato come artista a tante
edizioni della Street parade di Zurigo, ci vado sempre anch'io, il
giorno più bello dell'anno per me. Un milione di persone e da
vent'anni non senti mai un fatto di cronaca grave dopo questo evento
difficile da organizzare. Credi che in Italia ci sarebbero le basi,
sia culturali che pratiche, per portare qualcosa di tanto importante?
Culturali potrebbero esserci così come
la voglia di fare, ma mancherebbe la sicurezza da parte di Stato,
polizia, politici. Questa gente vede quelle manifestazioni come
bordello, droghe, delinquenza e non ti danno nemmeno il permesso di
farlo; guarda le discoteche, che hanno sempre mille problemi. Vuoi
fare una serata e non puoi; vai all'estero e organizzi serate
ovunque, serate da paura con la polizia a tutela delle persone. Conta
poi che in Italia la musica non è e non sarà mai cultura, fatto di
serie B; vorrei portarli a certe nottate che ho visto e fargli
guardare il divertimento e gli occhi felici dei ragazzi.
E' per me interessante la tua età
rispetto a quella media di chi ti viene a vedere oggi suonare. Non so
se hai dei figli e ti chiedo se hai mai ragionato su come le
tentazioni del mondo della notte agiscano sui giovani di oggi. E se
hai pensato sull'influenza che un veterano della notte come te può
esercitare su di loro.
Sinceramente non penso di avere
responsabilità su quello che fa chi mi viene a vedere; sono una
persona tranquilla. So che quello che suono è violento ma ognuno
risponde per quello che pensa e fa; suono dal '78 e non ho mai avuto
bisogno di droghe e mi ricordo quasi tutte le mie serate. Se la gente
dovesse seguire me, si eliminerebbero i pregiudizi verso i gabber.
Un antidivo dell'hardcore?
Esatto! (ride). Son problemi loro! Le
mie figlie le ho portate con me quando avevano 14 anni preferendo che
imparassero il mondo della notte tramite me.
Sono passate dalla porta principale.
Troppo buono (ride)... Ancora oggi ogni
tanto mi vengono a trovare in discoteca, mi fa molto piacere quando
succede.
Come ti trovi, con tutta l'esperienza
di vita che hai alle spalle, in una società oggi in cui molta gente
va più veloce, è più stressata, sola, frustrata?
Sono a mio agio perché sto in mezzo ai
giovani e mi adeguo; certo non ho la cultura di videogioco e del
telefonino. Il computer lo uso solo per lavoro, per me è una
macchina che ti porta avanti facendoti conoscere; penso lo stesso per
i social network ma non sono il mio forte. Cerco di adeguarmi e di
non fare il vecchio rompiscatole comunque (ride). Seriamente manca
tutta la cultura della musica; i ragazzi giovani pensano ad altre
cose, ad esempio avere la morosa per due giorni mentre noi sognavamo
la donna della vita. La cosa è allarmante: con l'elettronica la
gente si chiude in casa; una volta c'era il calore umano, oggi si
organizzano le serate elettronicamente.
In ultimo ti chiedo come fai a superare
frustrazioni e delusioni che arrivano dalla gente e quali sono le
categorie di persone che proprio non sopporti.
Non tollero chi pensa di essere
arrivato; ho trovato ragazzi convinti di essere dio per poi perdersi
dopo sei mesi. Non sopporto quelli arroganti mentre ammiro le persone
umili e chi si dà da fare; oggi tutto è veloce e passa ma c'è
ancora gente che si sbatte tanto e, se posso, gli do una mano
volentieri. Oggi secondo me tanti non trovano lavoro perché non lo
cercano con serietà e questo atteggiamento lo vedo molto nei
ragazzi; mi dispiace dirlo ma lo penso e la famiglia protegge troppo.
Estendi il concetto anche nel djing?
Assolutamente sì! Il dj più
conosciuto, quanto meno nei nostri generi estremi, è meno arrogante
del ragazzo e dovrebbe essere il contrario in teoria. Quando facevo
ancora produzioni hardcore in modo massiccio, mi sono trovato in
serata il ragazzo che, suonando prima di me, metteva pezzi miei.
Andavo a farglielo notare e mi sentivo rispondere: “Ah ma io li ho
comprati, non hai l'esclusiva”. Ovvio che chiunque può suonare i
miei dischi ma almeno quando il gestore di un locale mi invita,
magari come ospite principale dell'evento, mi piace proporre tante
cose mie e in quel modo mi si rovina un po' la sorpresa. La verità è
che a volte manca il rispetto! Mi fa piacere che altri passano i
dischi miei ma c'è modo e modo di comportarsi. Per le frustrazioni:
cerco di evitarle essendo semplicemente me stesso; non sono una
persona gelosa e anzi ho sempre insegnato a tutti di fare così.
Pensa a Jappo/Unexist con cui ho fatto diversi dischi, adesso vive in
Olanda ma gli voglio molto bene, siamo come padre e figlio. Sono
stato il primo dj hardcore in Italia e ho portato tanti al successo;
non te lo dico perché sono qualcuno di importante ma per farti
capire che il lavoro paga quando è umano, sincero, onesto. E quello
è un modo per limitare e prevenire le frustrazioni.