Nella foto: da sinistra Alessio Bacchetta, una sagoma in cartone a grandezza naturale di Ilary Blasi e Matteo Viviani a destra. |
«Essere
iena significa 50% curiosità e 50% passione; comunichiamo in modo
diverso dall'asettica informazione giornalistica, parliamo alla gente
come noi degli argomenti più disparati con un linguaggio sempre
informale». Con queste parole la iena Matteo Viviani descrive il
lavoro che svolge per Mediaset da sette anni nella fortunata
trasmissione condotta da Ilary Blasi. Il vostro blogger lo ha
intervistato nella redazione di
Cologno Monzese e per un'ora il buon Matteo ha dimostrato con i fatti di essere quel che dichiara. Brillante e dritto verso l'obbiettivo, ma anche accogliente, bilaterale nel dialogo, gentile e spiritoso.
Cologno Monzese e per un'ora il buon Matteo ha dimostrato con i fatti di essere quel che dichiara. Brillante e dritto verso l'obbiettivo, ma anche accogliente, bilaterale nel dialogo, gentile e spiritoso.
Ma
come è iniziata quest'avventura che oggi lo vede come una delle iene
più prolifiche e amate? «Facevo l'attore per Scherzi a parte e un
autore mi propose di fare un servizio per Le iene; per il primo anno
e mezzo ho provato a entrare in quel circuito e, credetemi, all'inizio
fu molto dura. Presi comunque la mia decisione pienamente cosciente
dei “rischi”; difatti le paghe inizialmente erano ridicole (anche
se non ci crede nessuno...) e nei primi dodici mesi andarono in onda
solo quattro miei servizi. Poi, con tenacia e fortuna, sono riuscito
a conquistarmi un po' più di spazio».
Matteo, diplomato maestro
d'arte, ha svolto vari lavori come orafo, cameriere, ballerino,
modello, attore in spot pubblicitari; poi il salto verso lo status di
personaggio pubblico. Un ragazzo come può coltivare i propri sogni?
«Provandoci, mettendosi in gara, sempre, a prescindere dalla natura
dei suoi sogni. Se vuoi trovare qualcosa per la tua vita non devi
startene in casa ma scendere in strada e bussare a più porte
possibili; per cento che ne provi se di va di culo se ne apre una, ma
mai mollare. La vita va affrontata di petto, solo così puoi aspirare
a vivere un esistenza completa».
Le iene: irriverenza,
trasgressione, inchiesta, satira miscelati in un cocktail esplosivo
dal 1997; tanti anni sul groppone, eppure appaiono ancora non solo
credibili, ma anche fresche, giovanili e al passo con i tempi. Forse
per la loro inclinazione ad annullare la distanza fra cronista e
destinatario della notizia: «Esatto! Non ci interessa usare paroloni
complessi e frasi complicate. Parliamo come mangiamo e ci mettiamo
dalla parte delle persone vere offrendo loro storie in cui possono
immedesimarsi e lasciando che si facciano la loro opinione al
riguardo. Io giudizi non ne dò, non è il mio ruolo, anche se a
volte, davanti a situazioni particolari, è molto difficile valutare
le cose con distacco».
Una iena: un curiosone affascinato da vicende
particolari, ingiustizie, espressioni estreme della natura umana. Ma
occorre fare parlare la gente davanti alla telecamera: «Non ci sono
strumenti veri e propri per indurre le persone a parlare, ma se gli
fai capire che sei dalla loro parte e che gli offri una possibilità,
beh... diventa tutto più semplice».
Mediaset a Cologno Monzese |
Ma come nasce un servizio? «In
mille modi: leggendo un articolo di giornale, su internet o tramite
le segnalazioni dei telespettatori; anche nella vita di tutti i
giorni ti può capitare di sentire storie che poi sviluppi in
redazione. Poi lì ognuno lavora per sè, ma di fondo siamo una
grande famiglia... o meglio, diciamo un gruppo di fratelli impegnati,
ognun per sè, a scalare la propria montagnetta...».
Matteo nel corso
della chiacchierata si diverte ad essere molto più persona che
personaggio, si muove in scioltezza in diversi campi della vita e
approfondisce con trasporto e puntualità. Insomma il minimo
sindacale non sa nemmeno cosa sia! «Ma non pensare che ci muoviamo
con un'intera troupe per i servizi; di solito, quando usciamo per
girare dei servizi, siamo in due: io ed il mio autore a cui spetta
pure fare le riprese! E poi lo vedi questo tavolo su cui lavoriamo?
E' come quello di casa mia... questa è la redazione. Riguardo al
modo in cui montiamo i servizi, la nostra forza è proprio il
montaggio serrato con cui scandiamo le storie, il che, secondo me non
stanca mai. Un po' da videoclip, qualcosa che si differenzia dal
tipico telegiornale istituzionalizzato».
Nel 2010 un sacerdote
accusato da Le iene di molestie sessuali si è suicidato; la
televisione esercita un potere davvero immenso: «Fortissimo; mi
spiace ciò che è accaduto a quest'uomo, tanto più che il servizio
lo feci io. Quell'evento mi ha toccato molto e ancora adesso, a
distanza di tempo, molte volte ci penso».
La televisione, per molte
persone, rappresenta qualcosa di negativo, tu che ne pensi? «Non è
il male assoluto, in fondo rappresenta un microcosmo del mondo reale;
per esempio si dice che vi entrano solo i raccomandati ed è vero, ma
solo in piccola parte, esattamente come in tutte le altre realtà
lavorative. In Italia il nepotismo è pratica diffusa, si sa... ma
qui, come altrove, c'è anche gente che si è fatta un mazzo tanto,
che ha sudato e si è fatta il culo senza chieder niente a nessuno.
Purtroppo puntare il dito è facile... la tv è lì, visibile da
tutti e pronta a essere giudicata. A volte demonizzata».
L'ngresso della redazione de Le iene |
Ma, una
volta arrivati in alto, è possibile mantenere la propria essenza? E
per arrivarci bisogna per forza diventare stronzi e cinici? «Essere
se stessi è sempre la scelta migliore. Non c'entra l'essere in alto
o in basso in un'ipotetica piramide professionale... ho conosciuto
segretarie che per assicurarsi il posto sicuro sono andate a letto
con il capo. Non so gli altri, ma io ho fatto mille sacrifici e non
devo dire grazie ai favori di nessuno per quel poco o tanto che ho
fatto».
Quindi se una giovane ambiziosa te la volesse dare per la
carriera che fa Viviani? «Se dipende da me, resta al palo; chissà
quale palo... /ride/ Seriamente non ho gli strumenti per migliorare
la carriera di qualcuno; inoltre da quattro anni ho fatto scelta di
monogamia, quindi il problema si risolve alla radice».
In un' équipe
come la vostra tanto creativa e bizzarra ne usciranno delle belle; ma
quale iena sta più simpatica a Matteo? «Il suo cognome è Viviani
/ride/. No, non ce n'é uno in particolare. Però mi piacerebbe avere
Diego Abatantuono come collega!».
I tuoi genitori che dicono? «Loro
sono straordinari; hanno sempre condiviso le mie scelte e sempre
fatto il tifo per la mia felicità. Non fanno carte false però per
avere loro figlio in televisione, mia mamma sarebbe felice anche se
facessi il cameriere».
E Nuccio Vip (personaggio della iena Angelo Duro)? «Lui rappresenta lo stereotipo
del mostro generato dalla tv; è l'esasperazione della persona che
brama di conoscere gente famosa. Allo stadio o davanti a Cinecittà
vedo tanti Nuccio vip... che vi devo dire... io penso che i veri eroi
non siano gli attori, i calciatori e nemmeno quei coglioni delle
iene. Un eroe è chi salva la vita di un altro uomo, chi elabora
progetti di utilità collettiva, chi spende la propria vita per la
ricerca o per contribuire all'evoluzione umana; purtroppo, questi
eroi, troppo spesso prendono poco più di un operaio».
Me
ne vado da Mediaset con due sensazioni: aver arricchito il mio
bagaglio grazie al dialogo con qualcuno che ha parlato senza filtri e
la riflessione che le iene si pongono come spartiacque fra la
concreta realtà di strada e il mondo patinato della tv.
Che
loro siano gli unici a dirci la verità?