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lunedì 5 novembre 2012

L'ALTRA NOTTE HO FATTO UN SOGNO... DI QUELLI STRANI



L'altra notte ho fatto un sogno... Di quelli strani.
Mi trovavo, solo, all'imbocco di un lungo e rigoglioso viale erboso, fiorito e agreste; di per sè non qualcosa di particolare, se non fosse che era un posto che ben conoscevo. O meglio, non lo conoscevo/conosco nella realtà, ma avevo la sensazione di averlo bazzicato molto nei primi anni di vita sedimentandovi ricordi piacevoli come lo zucchero. I classici ricordi morbidi ed evocativi dell'infanzia, quelli che
non ti scrolli più di dosso, che ti piace rammentare nel cuore prima ancora che nella mente.
Una sensazione di paciosa, protettiva e tutelante rilassatezza mi attendeva mentre imboccavo quel viale; forse una porzione di terreno di campana alle pendici del borgo in cui sono cresciuto, forse un prodotto del mio inconscio; ma il sogno era reale, stupendamente reale, vivido come il tepore dei raggi solari che mi carezzavano il viso. E'durato pochissimo, il tempo di un battito d'ali, ma sufficientemente lungo per donarmi un calore duraturo, tanto è vero che non l'ho dimenticato nemmeno a giorni di distanza.
Nessuno mi accompagnava in questo brevissimo viaggio, visita nelle lande perse nel tempo, frammento del passato che scalpita reclamando al presente un po' di considerazione, squisita tenerezza che aderisce sulla pelle interiore donando compagnia.

Mi è anche venuto in mente un altro concetto, enunciato in un verso della canzone sopra citata:

più si va avanti con l'età e più si ha bisogno delle persone che si conoscevano da giovani.

Quasi a dire che le radici, con i primi passi della propria formazione, affondano nella terra più di qualsiasi cosa; e affondano forse nella terra dei nostri padri, dei nostri nonni, quella stessa terra lavorata per crescerci e darci un'educazione.
Allora quei luoghi battuti da bambini, esplorati in lungo e in largo con passione, mutavano in base al nostro volere: da un prato un castello incantato, un bosco in uno scenario di guerra, una macchina in un'astronave.
E quei luoghi si stampano nel nostro immaginario per sempre assumendo un registro fiabesco.

Non scordiamoceli mai. Mai.

Scrivo per intero il monologo, tratto dagli ultimi 4 minuti di «The big kahuna», film sottovalutato ma che merita molto con Danny DeVito e Kevin Spacey. Un'inconsueta esperienza di cinema ma pulsante con queste parole finali che in fondo non troppo hanno a che fare con il resto.

Per me hanno costituito e costituiscono perle esistenziali che ancora oggi mi fanno piangere.

Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati, ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non t'erano mai passate per la mente.
Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa' una cosa, ogni giorno che sei spaventato.
Canta.
Non esser crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perder tempo con l'invidia.
A volte sei in testa.
A volte resti indietro.
La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente dimmi come si fa.
Conserva tutte le vecchie lettere d'amore, butta i vecchi estratti conto.
Rilassati.
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche.
Le tue scelte sono scommesse.
Come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo.
Usalo in tutti i modi che puoi.
Senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
È il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla.
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza.
Ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori.
Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli.
Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono.
Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e di stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai quarant'anni sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell'accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accetta il consiglio... per questa volta