Regia: Chris Kaus
Cast: Monica Bleitbtreu, Hannah Herzsrpung, Sven Pippig, Stefan Kurt, Richy Muller, Vadim Glowna, Nadja Uhl
Anno: 2006
Durata: 112'
Genere: drammatico
Voto: 8,5
Jenny
von Loeben (Hannah Herzsrpung), poco più di vent'anni e con sulla
coscienza un omicidio, sconta la pena al penitenziario femminile di
Luckau; Traude Krüger (Monica Bleitbtreu) ha quasi
ottant'anni e insegna pianoforte a uno sparuto gruppo di carcerate.
Il corso rischia di chiudere i battenti, ma l'interessamento di una
delle guardie, Mütze (Sven Pippig) lo fa continuare. Le due donne
cominciano a vedersi e si confrontano sullo studio del pianoforte tra
le mille difficoltà interne a un carcere e una differente visione
del mondo e della musica.
Recensione:
Quattro minuti
lunghi una vita.
Due attrici
magnifiche, una storia interessantissima, una narrazione palpitante,
momenti pesanti come
un macigno, un ampio ventaglio di stimoli a
riflettere.
Non ne sbaglia
una il regista tedesco Chris Kaus nel delineare questa vicenda di
dolore, riscatto, empatia fra le persone. Chiusa nelle anguste e
tetre quattro mura di un carcere femminile, si apre al mondo
irradiando una luce cristallina e parlando al cuore con un linguaggio
che, non accessibile a tutti, rimanda alla potenza percepita sotto
varie forme.
Il duo di
performer protagoniste si impone come fusione perfetta a dispetto
dell'enorme diversità: rigida, anziana e algida Traude; ribelle,
giovane e un fiume in piena Jenny. Figlie di una storia così
differente ma in fondo così unite in un passato avaro di
soddisfazioni per entrambe. La sceneggiatura incede in modo
prodigioso e fa scoprire velo per velo il passato di entrambe, che le
ha portate a quello che sono oggi. E così ciascuna di esse scopre di
ritrovare nelle pieghe più recondite dell'altra delle parti di sé
fino al meraviglioso finale che non di dimentica più per giorni e
giorni.
Sia la
Bleitbtreu (notissima in patria) che la Herzsprung (figlia d'arte)
offrono interpretazioni di rara bellezza rendendo la specificità di
due donne prese a calci dalla vita ma che hanno ancora qualcosa da
dire e da dare.
E,
magia delle magie, il resto del cast non viene oscurato dalla
lucentezza del loro impatto, ma i vari personaggi di contorno dicono
la loro da un punto di vista drammaturgico. La guardia Mütze appare
in tutta la sua complessità di uomo semplice e con poche pretese
dalla vita, ma affascinato dalla musica e dalle personalità più
forti della sua; il direttore Meyerbeer (Stefan Kurt) applica
il rigido protocollo ma si sente di investire sul talento della
giovane pianista per un tornaconto di immagine. L'altra guardia
Kowalski (Richy Muller) si tira la zappa sui piedi nonostante
millanti un'attenzione indomita al cinismo esistenziale; e che dire
del padre di Jenny, Gerard von Loeben (Vadim Glowna), che si vergogna
del suo passato da aguzzino e forse cerca una redenzione.
E in questo mosaico ricchissimo di
caratteri si istallano i valori di riferimento: il perseguire un
riscatto nella vita, il valore della spinta educativa in un luogo di
contenzione per antonomasia, il diverso che mette in discussione i
propri parametri, il passato che non ci dà tregua e determina il
presente.
E poi due sopraffini protagonisti
aggiunti: la tetraggine del carcere come sfondo e motore al contempo
degli eventi e soprattutto la musica. Quest'ultima tesse il cammino
comune fra la burrascosa giovinezza di Jenny e l'anzianità solo
apparentemente placida di Traude. Su questa distesa infinita di tasti
bianchi e neri corre un percorso che le porterà lontano e che mai si
sarebbero aspettate nel primo fallimentare incontro. E allora il
pianoforte è come se si facesse metafora della vita: quei tasti
regalano una possibilità armonica vastissima, così come i giorni
che ci sono dati da vivere e con essi le emozioni che proviamo.
Quando una pellicola tocca con tale
intelligenza e profondità una tale messe di argomenti esaudendoli
tutti con questa raffinata ferocia non si può che inchinarsi. Anche
perchè il pericolo di intraprendere una deriva moralistica e
facilona c'era, ma il regista aggira l'ostacolo con coraggio e
padronanza.
«Quattro minuti» ha fatto incetta di
una grande quantità di premi; la colonna sonora è di Annette Focks,
la scelta musicale alterna brani di musica classica, musica pop e
pezzi inediti.