IL GIORNO DELL'ODIO
Regia: Daniele Misischia
Cast: Claudio Camilli, Valerio Di Benedetto, Alessandra Mosca, Riccardo Camilli, Paolo Calabresi, Simone Nepa, Viviana Rossi, Susy Suarez
Anno: 2011
Durata: 72'
Genere: noir, drammatico, crimine
Voto: 7
Trama:
Una giornata
infernale attende Gianni (Claudio Camilli), nerboruto giovane
residente nella periferia romana; un debito contratto con Er tajola
(Riccardo Camilli) lo costringe ad avventurarsi in una serie di
peripezie fra violenza, spaccio, armi da fuoco e personaggi loschi. E tra amici e nemici come
Franco (Valerio Di Benedetto), Leo (Simone Nepa), Enrica (Alessandra Mosca) e perfino uno spacciatore interpretato da Paolo Calabresi de «Le iene».
Franco (Valerio Di Benedetto), Leo (Simone Nepa), Enrica (Alessandra Mosca) e perfino uno spacciatore interpretato da Paolo Calabresi de «Le iene».
Recensione:
«Di necessità
virtù»: questo motto sembra caratterizzare il nostro cinema
indipendente, falcidiato da tutta una serie di impedimenti che lo
costringono a navigare in acque meste e limacciose senza particolari
colpe. I giovani cineasti fanno pertanto ciò che riescono e
l'impossibilità di miracoli sulla terra dà spesso luogo a
produzioni genuine ma castrate da un limite principale:
l'amatorialità.
Ma Daniele
Misischia, classe 1985, aggira l'ostacolo dimostrando buona caratura
artistica e capacità di una forma cinema personale e solida.
«Il giorno
dell'odio», uno dei capitoli di una carriera sorprendentemente
prolifica a dispetto dell'anagrafe, non costituisce solo l'esempio di
un drama-noir verde-bianco-rosso. Ma lo sfondo della suburbia
capitolina origina ed ospita vicende credibili, furente polvere di
strada, esistenze dominate dalla violenza e persone che non divengono
mai macchiette pre-impostate.
A condurre le
danze l'attore Claudio Camilli (anche co-sceneggiatore e produttore),
la cui possenza fisica e il cui volto vanno a braccetto con
l'interiorizzazione di un giovane uomo non acculturato e troppo
sensibile, ma che cerca un posto nel mondo con la pluralità delle
declinazioni esistenziali. Bravo davvero Camilli: lo spettatore lo
segue, se ne affeziona, capisce che può andare oltre ai pugni e alle
scarpate (i pestaggi di cui si rende carnefice sono tremendi e tutti
da vedere), che non si comporta da deviante a cuor leggero.
Il resto del
cast, elemento non ovvio nel cinema indipendente, lo segue a ruota
dando alla luce un quadro di insieme convincente e a tratti
coinvolgente. Da segnalare anche il gustoso cammeo di Paolo
Calabresi, il quale, al di là della giacca nera de «Le iene», si è
già calato con interessanti intenti nei film.
Vincenti anche
altre componenti: il cemento dei palazzi con l'alienazione periferica
che si rende protagonista aggiunto, un ritmo narrativo non vorticoso
ma che avviluppa chi osserva e centellina le sfumature da raccontare,
dei dialoghi che non paiono proferiti da robot impagliati ma che si
nutrono di dignità.
Il film, per la
cui lavorazione Misischia ha profuso impegno con il suo staff per un
anno, è costato 2 mila euro; molto poco. Il dato fa indignare
l'intero sistema cinema italico per la vergognosa ed impari
distribuzione di risorse; al contempo rende merito a chi, come questo
regista, ha oggettivamente spremuto il risicato budget per ottenere
il più possibile.
L'unica pecca è
rappresentata da un uso della macchina da presa molto tremolante e «a
scatti»; le modalità di ripresa rimandano all'approssimazione della
tecnica, ma ci sta che Misischia abbia compiuto una scelta precisa,
anche perché altri suoi lavori non soffrono in questo modo.
Buone notizie
comunque da questa pellicola focalizzata sul crimine malavitoso della
nostra capitale, in cui coloro i quali poggiano il culo sui gradini
più bassi della scala sociale si danno ad attività illecite per
campare. Non sembrano però sposare una mentalità comune,
riconoscersi in un unico codice morale; paiono semmai cani sciolti in
cerca di un tozzo di pane in questo schifo di mondo, dove la crudeltà
si configura come arma verso «la tagliola» di un sistema che li ha
dimenticati.
Il forte
romanesco con cui si dispiegano i dialoghi diventa così non solo un
dialetto linguistico, ma idealmente anche la chiusura con cui gli
stessi si affrancano dal mondo borghese, benpensate, così avaro e
stitico nell'offrire opportunità. Questa componente Misischia la
abbozza soltanto dopo aver posto le fondamenta per un'interessante
trattazione; ma al valente cineasta romano non si poteva chiedere di
più dati i mezzi di partenza.