Dj Phoenix/Fabio Crobu |
Quale elemento definisce un'esistenza
come degna di questo nome? Non pochi interpellati risponderebbero:
riuscire a trasformare una passione in un lavoro o comunque sentire i
brividi sulla pelle nel viverla. Fabio Crobu, Dj Phoenix che opera
nel rooster di deejays di Insound, ci sta provando e la situazione
pare non mettersi male.
La musica hardcore come stile di vita?
O meglio forse come aspetto che colora la sua vita impreziosendola.
«Poche ma chiare parole inquadrano la mia dedizione all'hardcore: passione,
puro amore, sudore, divertimento, sorrisi, vera vita».
puro amore, sudore, divertimento, sorrisi, vera vita».
Da qualche mese compiuti di 23 anni e già con
alle spalle una buona esperienza alle consolle di diversi club
durante la nightlife piemontese, lavora come barista. Ma cerca di
mordere i suoi giorni.
«Il mio impiego ufficiale non è il
dj, ma darò tutto me stesso per arrivare a un livello di produzione
musicale che seduca le orecchie di alcune persone che possano farti
arrivare in alto. Non per soldi, ma per far ballare più gente
possibile».
Il dj: colui che, decidendo il registro
di una serata, detiene quasi un alone di santità, tanto da poter
essere paragonato ad un sacerdote in una funzione religiosa. Anche
lui infatti esalta e conduce all'estasi dei fedeli; e l'emozione
mentre si suona a quanto pare è impagabile.
«Arrivo quasi alle lacrime; non
l'avrei mai detto quando ero cantante leader di una gruppo di rock
indipendente, ma una serata al Florida di Brescia mi ha cambiato la
vita e in tre mesi mi sono innamorato senza ritorno dell'hardcore. La
musica comunque è un'arte talmente pura e varia che non va bene
chiudersi in un solo genere; vale la pena esplorare e non
considerarsi migliori di altri settori. La stessa hardcore,
soprattutto la main style che preferisco, è contaminata da molti
stimoli come il rock, il rap; e anche grazie a ciò che si è evoluta
negli ultimi anni in modo così meraviglioso».
Phoenix ha un approccio preciso nella
scelta dei brani da suonare in quel dato momento: si immagina in
pista e si dice i pezzi che vorrebbe ascoltare e ballare; i suoi
artisti preferiti sono Tommyknocker (che anni fa gli rubò il cuore)
e Amnesys. E chi meglio di un individuo che vive e respira hardcore
per tutti i giorni della settimana può interpretare alcuni
pregiudizi, su tutti il consumo di sostanze stupefacenti.
«Per me sono dei razzisti: la droga gira in tutti i tipi di
evento elettronico, perfino nella commerciale; anzi la musica più
calma attira più i drogati secondo me, con l'hardcore non si ha il
tempo di annoiarsi. Inoltre la nostra gente già fa sacrifici a
pagare l'entrata, la droga costa tanto».
Un momento di danza in un evento Insound |
L'hardcore: un genere i cui seguaci
ballano per lo più in modo caricato e adrenalinico; se ci si
sofferma a osservarli, si noteranno delle movenze tipiche e
ricorrenti.
«Non ci sono regole; se ti piace
davvero questa musica, non riesci a stare fermo. Alcuni movimenti
arrivano dalla fantasia e sono divertenti, ma ballare non è un
dovere, è un'urgenza interiore che ti obbliga a seguire la cassa e
le melodie».
Il vortice dei ragazzi rapiti dalle
canzoni in alcuni momenti è così convulso da risultare per un
occhio non abituato molto aggressivo. Ma un conto è il desiderio di
vivere quelle note con pienezza, un conto è la violenza.
«Oggi per fortuna sta svanendo quella
mentalità sbagliata che anni fa alcuni avevano di fare casino e
unirsi in qualcosa di simile a una guerra; il ballo deve sfogare la
violenza, non deve essere una scusa per tirare pugni e calci».
Battiti di cassa veloce, vocalizzi
tirati all'eccesso, atmosfere apocalittiche; ma anche un look
particolare per molti sostenitori con creste, lenti a contatto
colorate, tute. Qualcosa di così caratteristico aggancia i ragazzi e
li fa sentire parte di un gruppo; un giovane può dunque sentirsi
figo per essere un gabber o uno warrior.
«Questo più una volta; adesso accade
ai più giovani soprattutto i primi tempi in cui entra nella scena,
tutti lo passano questo periodo. Imitano i più grandi e poi, si
spera, si concentrano sulla musica più che sul resto. Poi c'è anche
il fatto di avere un'identità per qualcosa che è forte nella musica
e nell'estetica, ma è secondario e l'importante è non sentirsi
superiori».
Hardcore non significa per niente raveparty, ma alcuni li confondono; a tal proposito Phoenix ha il suo
punto di vista.
«Gli illegal party da un lato fanno
incontrare molta gente e li fanno divertire; ma dall'altro non c'è
sicurezza e circola liberamente qualsiasi sostanza. Come nei club è
il singolo che deve regolarsi e non giocarsi la salute con l'abuso di
droga».
Il futuro è sempre difficile
prevederlo, ma proiettarsi nel domani è un gioco che a tutti
stuzzica; come si vede Phoenix a 40 anni?
«In uno studio con la mia
attrezzatura, su consolle di livello e con migliaia di persone
davanti; questa è l'unica direzione che devo prendere nella mia
vita».
L'organizzazione Insound, di cui ringrazio i membri, mi ha
permesso di fare un'intervista a Fabio Crobu, in arte Dj Phoenix,
durante la serata di riapertura stagionale allo Spazio A4 di Santhià
(Vc).