Chiamatelo Dance Rocker, Dj Fole,
Stephan F: sempre di Stefano Folegatti parliamo. Romano, la giovane età non
gli ha impedito di farsi un nome rispettato tra gli appassionati di
italodance, lento violento e affini. Produttore di svariati singoli
sotto vari monicker (oltre ai tre citati ve ne sono altri), remixer
in collaborazione con molti artisti, ragazzo semplice
e cordiale. L'urbe eterna gli diede i natali nel 1991 e iniziò a concepire musica a soli 12 anni; i suoi primi remix vennero pubblicati nel 2006 e da allora una manciata di date live nei clubs e un'attività continua, intensa e spesso di buona qualità.
e cordiale. L'urbe eterna gli diede i natali nel 1991 e iniziò a concepire musica a soli 12 anni; i suoi primi remix vennero pubblicati nel 2006 e da allora una manciata di date live nei clubs e un'attività continua, intensa e spesso di buona qualità.
L'ho scoperto artisticamente nella
splendida sinergia con Alex Teddy, ma non dimentico lavori di alto
pregio come «I've got no reason», «Reach out», «It's our time»,
«Bombe», «Al ritmo della dance», «Il potere del suono».
Stefano, umiltà prima di tutto, testa
bassa sul mixer, passione e sbattimento, risponde a tutte le nostre
domande serenamente.
Quali sono stati i tuoi esordi nel
mondo musicale?
Sono nato come tutti i producers
emergenti al giorno d'oggi: davanti a pc e sequencers, cercando di
proporre le mie canzoni tramite internet. Ho pubblicato il primo
pezzo come Dj Fole con sonorità diverse da adesso nel 2006 e poi
sono entrato nel giro grazie a conoscenze nell'ambiente house, ma la
mia vera passione era ed è la dance. Poi ho sviluppato molti remix e
continuato a lavorare su pezzi miei. Dj Fole l'ho mantenuto come puro
lento violento, ma ho la testa troppo piena di idee e gusti per
fermarmi lì; allora capisci perché ho collaborato con così tanti
artisti: il primo fu «Per te» con Emozioni libere, ma poi Alex
Teddy con il suo album «Musica tanz vol.I». Dance Rocker è rimasto
sempre italodance; adesso sto puntando molto su Stephan F, mi pare ci
sia del buon movimento per le cose che faccio in quell'ambito. Ma non
pensare che mi fossilizzo: con Massive kicks esploro l'hardstyle e
con Pulse attack i ritmi più jump. Io seguo la musica a 360 gradi e
sono partito da metal e hip-hop. Provo a buttarmi un po' su
tutto, ho fatto partire anche un progetto dubstep che si chiama
Bunchk e con Dark boy sono entrato nel giro della minimal. La
maggior parte degli artisti puntano sul nome e su quello che va per
la maggiore rifacendosi a nomi storici come Gabry Ponte o Molella, ma
così non si va da nessuna parte.
Raccontami, fra tutti i producers con
cui sei venuto in contatto, con chi ti sei trovato meglio a livello
umano e professionale.
Su tutti cito Salvatore De Rubis, Dj Seleco; mi sono trovato benissimo con lui, che è di Roma come me.
Condividiamo con piacere gusti e scelte musicali; Suonatori melodici
è un alias mio e suo e facciamo cose pop come il pezzo «Melody of
my life» di Daniele Meo. Altri due sono Alex Teddy e Domenico Pepe,
Dj Doddo. Il lato umano può essere importante, ma di base ci
dev'essere un'idea vincente e che piaccia ad entrambe le parti.
Mi incuriosisce la tua lunga
collaborazione con Alex Teddy, con il quale hai prodotto un gran
numero di canzoni; come mai questo sodalizio?
Tutto partì dal fatto che io ero un
grande appassionato di Alex, per me un vero genio! Dal 2010
entrammo in contatto e, partendo da Gigi D'Agostino, che ha offerto
molti suoni per la italodance, cominciammo a sperimentare. Credo con
quel progetto che abbiamo portato cose originali e vincenti, anche se
le risposte del pubblico non furono sempre positive, non so se si
capì lo spirito. Ma fin quando la gente continuerà a seguire i
paletti imposti dai produttori storici, allora non ci sarà mai
spazio per gli emergenti in fatto di italo.
Ho seguito con interesse e una punta di
sorriso il pezzo con Dj Fole «Bombe»: con il pezzo volevi
comunicare un messaggio e l'hai fatto solo per divertimento?
Puro divertimento: era una vecchia
base, mi piaceva il campionamento, mi sembrava ci stesse da dio con
un bel lento violento. Ovviamente nessuna difesa del mondo delle
droghe.
Ti confesso che il lento violento come
genere non mi piace troppo; né sono molto ferrato sulla nascita del
genere, che un punto di vista magari approssimativo fa coincidere con
il Gigi D'Agostino di qualche anno. Sbaglio?
In realtà il genere non è nato da
D'Agostino: lui gli ha dato grande visibilità e questo è
innegabile, ma già negli anni '90 circolavano canzoni con il basso
in levare e bpm più bassi. Uno come 8mix secondo me faceva già
lento in tempi non sospetti; allora era più legato alla progressive,
poi nel 2005 è esploso definitivamente. Come genere è anche meno
noioso di quanto qualcuno pensi e anche parecchio contaminato come ad
esempio dall'afro.
Spero che non sia il tuo caso, ma, da
amante della italodance, so che il destino di molti produttori di
questo filone è confinato nella creazione di songs, nella vendita
digitale delle stesse e nei remix. C'è davvero poco spazio per i
live; ritieni vi saranno possibilità di crescita del genere nel
nostro Paese e nella notorietà di persone come voi?
Non credo; sentendo in giro anche da
chi è nell'ambito da anni, la situazione è grave. A meno trovi
davvero il capolavoro che spacca, ma è difficile, un emergente ha
tante difficoltà. Anche gli stessi grandi a volte hanno difficoltà
di accesso agli eventi grossi. Ho fatto dei live di lento violento
come quello al «Bla bla bla» a Brescia ad ottobre come Dj Fole;
avevamo organizzato un evento affittando la sala. Come Dance Rocker
non ho ancora avuto questa fortuna. La mia è comunque una passione,
sto studiando scienze della comunicazione; negli ultimi tempi a
malincuore sto mettendo la italodance da parte, vedo che non ci sono
sbocchi.
Ho avuto diversi contatti con
produttori italo; uno di loro una volta mi disse che, per quanto la
pura italo non sia mai diventata commerciale, le sue derive
mainstream si chiamo oggi David Guetta, Steve Angello, Sebastian Ingrosso, Avicii, Alesso
o Dj Antoine. O, restando in Italia, Samuele Sartini, The Coolbreezers, Donati & Amato. Io sono piuttosto d'accordo, tanto
più che nomi importanti come R.I.O, Rocco & Bass-T o perfino
Manian e Basshunter negli ultimi anni stanno sposando certe melodie.
Come la vedi?
Sono d'accordo. Da due anni c'è molta
più influenza della dance di una volta e le melodie sono entrate nel
mainstream. A me fa molto piacere, credo che sia positivo e non
escluderei il fatto che a livello commerciale tra qualche tempo ci si
assesti sui 140 bpm. Su I-tunes molti download sono relativi a pezzi
di djs di quel tipo.
Quando penso a personaggi come te, non
può non figurarmi in testa un sostantivo: coerenza e spontaneità.
Sii sincero: qualora una grossa etichetta influente a livello
commerciale si dicesse interessata a te e ti sospingesse a produrre
atmosfere per i club «fighetti» tipo minimal o house, cosa
risponderesti?
Io già produco un po' di queste cose e
non potrei che accettare, già anni fa a me piaceva la minimal. Io
sono onnivoro e, se arrivasse un'occasione ghiotta a livello
economico, non direi di no.
Vai a ballare nei club? Che cosa ti
piace ballare?
Vado dove c'è movimento, mi va bene
tutto. Le serate smaccatamente commerciali le evito, nell'ambito
techno mi piace tra gli altri Sven Vath perché non ci sono troppi
paletti. Apprezzo molto quel movimento perché è rimasto
underground, non ci vedo paletti e si respira tanta libertà.