La poesia: una forma espressiva non
alla portata di tutti? Un universo avulso dalla realtà e appannaggio
di pochi unti dallo spirito santo in grado di vedere al di là del
cielo? Niente affatto secondo Vera Boncaccini, o Vera libertà, come
ama definirsi. Spirito libero e sbarazzino, ha pubblicato finora due
libri ed è fautrice di una visione tutta sua di arte e affini.
Riportiamo dunque l'arte sulla terra, arte è vita e la vita è
quaggiù e non «là dove osano le aquile».
«Le stelle sono andate tutte alcinema» e da poco «Biologica al 97%»; sono due raccolte di poesie,
il primo in libro cartaceo, il secondo in ebook. C'è poi una poesia
in un'antologia di Aletti editore. Il primo è stato sicuramente il
libro più "pensato", raccoglie buona parte dei
componimenti che ho scritto negli ultimi anni. I contenuti sono
quelli che sento miei: la libertà, il filtrare quello che succede
intorno a me nel senso più personale, delusioni, gioie, scelte, il
G8 di Genova, il precariato. Tutto quello che si vede e si sente, le
azioni generano poesia, che difficilmente è pura astrazione. A volte
per quanto mi riguarda è un'autentica «vomitata», esce di getto,
in modo incontenibile e non c'è nulla di poetico in questa immagine.
Per «Biologica» gli scritti sono molto più variegati, li ho
definiti «lomografici»: la lomografia è un tipo di fotografia non
ragionata in cui inquadri a caso, scatti e vedi cosa esce. Poesie
polaroid dunque, scattate dai miei sensi senza pensarci troppo.
Un'immagine per delineare la differenza
dei due libri?
«Le stelle sono andate tutte al
cinema» una presa di coscienza, «biologica al 97%» una passeggiata
nel parco la domenica.
Si direbbe che il versante poetico di
cui ti occupi rimandi alla precisa realtà. Sono nel giusto?
Credo che il poeta, nonostante
l'immagine idealizzata che se ne ha in genere (il tizio con la testa
tra le nuvole che cammina perso in se stesso pensando a versi, rime e
tutto il resto...) sia invece una figura estremamente concreta legata
a un tempo e ad uno spazio precisi. Cosa sono in fondo i poeti se non
cronisti che usano un linguaggio differente da quello giornalistico.
Izet Sarajlić era un poeta bosniaco, purtroppo quasi del tutto
sconosciuto in Italia, che che si è fatto tutta la guerra a Sarajevo e ha scritto poesie che sono delle vere
e proprie cronache. Lo consiglio caldamente.
Che cosa pensi che i poeti in Italia
oggi possano fare per far rivalutare il loro ambito?
Tanti per prima cosa dovrebbero essere un po' più umili;
purtroppo molti tendono a montarsi troppo la testa. Il modo migliore
per ridare credibilità al settore è quello di smitizzarlo, ma nel
nostro Paese c'è da sempre la tendenza a mitizzare l'Artista con A
maiuscola. Si considera dunque l'arte come qualcosa di specifico per
intenditori. Invece nella poesia ci sono realtà molto belle e
innovative tipo il MeP (Movimento per l'emancipazione della poesia) a Firenze i cui componenti attaccano sui muri della città
componimenti. I «Voici la bombe» fanno invece fogli in A4 ripiegati
disponibili online che ognuno può stampare e poi lasciare in giro
dentro ad altri libri nelle librerie, sui treni, per la strada. Non
ti sembra democratico tutto questo? A me sì e mi piace tantissimo.
Nel ho fatto uno anch'io di «bombe» disegno compreso
(http://voicilabombe.wordpress.com/2010/03/02/veraliberta-critical-mass/).
Una poesia sempre più a misura d'uomo e meno legarta allo
stereotipo del poeta che, toccato dalla scienza infusa, parla di
argomenti astrusi e noiosi?
Sì, grazie a Dio il Poeta va a scomparire e tornano i poeti;
ormai l'arte vera è street art. A Milano alcuni miei amici hanno
messo su un gruppo che si chiama «Eveline poesia» e organizzano una
volta al mese delle letture a microfono aperto a chiunque.
Torniamo a te: il processo di composizione come avviene? Componi
ovunque o hai necessità di un setting tutto personale?
Scrivo assolutamente ovunque ogni volta che ne sento il bisogno,
quando si tratta di poesie; per la prosa ho bisogno di più pace.
Ovunque nel senso di casa, mare, autobus, treno, su pc, a mano, sui
muri.
Sui muri? Davvero? Spiega spiega...
Sarebbe illegale ma secondo me i muri andrebbero scritti tutti,
con cose intelligenti ovviamente. Come si dice? «Muro pulito, popolo
muto». Per esempio trovo fantastica Melina Riccio
(http://melinariccio.jimdo.com/biografia/).
Dalle mie parti ci sono un casino di frasi sue
su cassonetti, muri, fermate dell'autobus... E' una grande!
Che effetto ti fa rileggerti? Ri-recitare nella tua testa le tue
poesie una volta pubblicate.
Odio leggerle ad alta voce e ho un rapporto strano dopo la
pubblicazione: alcune mi piacciono molto, in altre non mi riconosco
più un po' perché è passato del tempo, un po' perché nella mia
vita sono cambiati alcuni aspetti. Ad esempio la poesia che dà il
titolo al primo libro quando l'ho scritta la sentivo molto, era una
specie di addio ad alcune persone. Ora la sento di meno, le sono
affezionata comunque, ma le emozioni sono meno forti di prima.
Ritieni che la poesia, un po' come cinema, musica o altre forme
d'arte, possa oggi come oggi scuotere le coscienze in fatto di
politica?
Assolutamente sì: i poeti sono dei rivoluzionari, sta nella loro
indole, è difficile che ne esistano «di regime». Si è poeti anche
se non si è mai scritta una sola poesia: si tratta di un'attitudine.
Hai mai sentito parlare di Antanas Mockus? Sindaco di Bogotà per due
mandati, candidato alle presidenziali, so chi è perché un mio
grande amico, Sandro Bozzolo, lo ha conosciuto in Colombia e ha
scritto un libro su di lui, "Un sindaco fuori dal comune".
Bene, Mockus, per ovviare alle
infrazioni del codice della strada, ha sostituito i vigili urbani con
clown e artisti di strada che prendevano in giro gli automobilisti
indisciplinati. Tutto ciò è fantastico: ha usato la creatività per
contrabattere a un problema, senza essere tirannico, con il sorriso
sulle labbra ma con efficacia. Ha cambiato anzi la Colombia con la
creatività.
La creatività, aspetto connesso al mondo infantile ma
precondizione di qualunque successo, come stimolo e strategia di
mutamento?
Forse i poeti sono solo persone che sentono le cose invece di
vederle; forse sentiamo con il cervello dentro la pancia, siamo dei
mutanti.