RED KROKODIL
Regia: Domiziano Cristopharo
Cast: Brock Madson
Anno: 2013
Durata: 82'
Genere: drammatico
Voto: 7,5
Trama:
Un
tossicodipendente allo stato terminale di cui non si scoprono né
nome né ruolo nel mondo (Brock Madson) si aggira ciondolando per la
sua spoglia e lercia abitazione bucandosi le carni con la droga
krokodil tra crisi di astinenza e visioni lisergiche e disturbanti.
Recensione:
Un opera d'arte
può reputarsi tale qualora se ne fotta dello spettatore? «Red krokodil» del coraggioso indipendent god italiano Domiziano
Cristopharo sostanzia
la risposta affermativa del quesito. Qui non vi è alcuna parvenza di ammiccamento con chi guarda, la cui pazienza viene martoriata da un interminabile e doloroso piano sequenza (che piano sequenza non è da un punto di vista tecnico, ma idealmente sì, un continuum tossico, agonico e tremebondo di disgregazione fisica e mentale). La consolidata forma cinema, che anche nei casi più autoreferenziali viene per lo più costruita, in questo caso lascia a briglia sciolta franca autorialità e libertà espressiva.
la risposta affermativa del quesito. Qui non vi è alcuna parvenza di ammiccamento con chi guarda, la cui pazienza viene martoriata da un interminabile e doloroso piano sequenza (che piano sequenza non è da un punto di vista tecnico, ma idealmente sì, un continuum tossico, agonico e tremebondo di disgregazione fisica e mentale). La consolidata forma cinema, che anche nei casi più autoreferenziali viene per lo più costruita, in questo caso lascia a briglia sciolta franca autorialità e libertà espressiva.
Se c'è un
aspetto di cui il cineasta non può essere accusato è l'ardimento
con il quale personalizza il film, che esplode letteralmente dallo schermo
come progetto solido, squadrato, confezionato con una fotografia
livida e tendente a tinte da sala operatoria e che rende il quadro
ancora più terrificante.
Una
sceneggiatura? Neanche a parlarne, quanto meno in senso tradizionale.
Un
protagonista, forse tre: a svolgere un racconto di vita un giovane
intriso di stupefacenti fino all'ultimo anfratto del suo essere. Ma
anche una droga, il krokodil, desomorfina fatta in casa, una
sordida mistura (come viene spiegato nelle allarmanti scritte pre
film) di varie schifezze chimiche che frantuma l'organismo dal di
dentro rendendo pelle e carne più simili a un «coccodrillo» che a
un uomo. Pare che la sostanza si stia diffondendo in alcune lande
dell'ex Unione sovietica e infatti «Red krokodil» è lì
ambientato. E poi, terzo personaggio, una casa tra le più disadorne,
raccapriccianti e fruste mai vedute in una pellicola cinematografica.
Il ragazzo dorme in un letto che non si avrebbe l'ardire di auspicare
per il proprio peggior nemico, sanitari e mobili sono percorsi da
striature e infiltrazioni di marcia entità, per terra regnano
microbi di ogni sorta. Ma è il senso di degrado e incuria a
perpetrare una tirannia draconiana, un disequilibrio parallelo alla
mente del protagonista, il quale ha deciso di ambientare in quel caos
il caotico declino della sua vita incontrovertibilmente smarrita.
Ecco dunque che allo spettatore non
viene tesa alcuna simbolica mano; trattasi della storia di un drogato
falcidiato da dolori lancinanti, motilità rallentata
all'inverosimile, proiezioni del cervello astruse e pericolose.
Nulla
di meno, nulla più.
In tal senso Cristopharo è fottutamente
realista, raschiando via tutto il raschiabile, sottraendo ogni humus
interpretativo, prendendo a calci nei denti con una proposta scabra,
asciutta come raramente si è veduto. Unica «concessione» l'over
voice che lemme lemme (con la voce di Simone Destrero; per lui un
paio di apparizioni in due film di un altro regista romano, Daniele Misischia) contrappunta la discesa negli inferi verso quel maledetto
pentolino ribollente di velenosa poltiglia rubiconda. Interessanti e
ben realizzate poi le musiche di Alexander Cimini.
Si potrebbero avanzare e a ragione
paragoni con Jorg Buttgereit (indimenticabile «Schramm») o certe
suggestioni di David Cronenberg (si pensi a «Spider» ma non solo).
Ma Cristopharo aggira una sclerotizzata mimesi dando alla luce (o
alla morte, vista la vibra che aleggia per la quasi ora e mezza di
lunghezza) un film-non film che brilla di tenebra propria.
Stupisce il rigore formale del regista,
per cui predominano alcune pregevoli intuizioni circa la messa a
fuoco di talune suppellettili della casa e le angolazioni di alcune
riprese. Il tutto, come già detto, imperlato da una fotografia che è
lecito considerare una delle componenti migliori dell'intero lotto.
«Red krokodil» farà la felicità di
coloro i quali non si irrigidiscono alla sperimentazione più decisa,
che sanno avventurarsi negli inerpicati sentieri della
destrutturazione formale. E che gradiscono le storie malate e
maledette, in cui l'esistenza è scivolata via, vomitata via,
annacquata dalle tossine esattamente come il preparato da scaldare
sul cucchiaio e poi da sperarsi in vena con una merdosa spada.