certo non aiutano a capire la vera essenza del movimento. E soprattutto non rispondono a una domanda semplice semplice: se quell’ambiente è tanto degradato, come mai così tanti ragazzi in tutta Europa lo scelgono per le loro nottate e ne fanno una nutriente via di fuga dalla realtà? A giocherellare su questi concetti ci ha pensato Barbara, una ragazza che, con il nome d’arte di AniMe, lavora in questo settore imponendosi come femme fatale della cassa dritta non solo nello stivale ma anche in prestigiosi festival in svariate Nazioni del vecchio continente.
L’abbiamo incontrata nel backstage dello Spazio A4 di Santhià (Vc) nella notte fra il 25 e il 26 dicembre; ente organizzatore Insound di Torino, abituata ai grandissimi nomi e a viziare il suo pubblico di affezionati e numerosi seguaci con serate dinamitarde dove ballo forsennato e senso di unione famigliare sono di casa .
Sono le due passate, AniMe deve suonare dopo, ma con il sorriso di chi sa di cosa sta parlando ci introduce nel suo mondo.
Il video del pezzo “Hardcore machine” che hai realizzato con Dj Mad dog è volutamente ironico, immagino. Scherzando, comunque rimanda uno stile di vita definito di chi ascolta la musica che proponi; una way of life che negli ultimi anni è stata fomentata dal marketing. In cosa consiste veramente questa attitudine?
L’hardcore è sempre stata visto non come un genere musicale ma come un vero stile di vita; questo si dimostra anche nel fashion, per cui uno si riconosce se è vestito in un certo modo. Il target di ragazzi che vengono ad ascoltarci tra l’altro è ben definito e in Italia va dai 15 ai 23, mentre all’esterno soprattutto in Olanda arriva ai 33-35. Questi ragazzi hanno qualcosa dentro, una ribellione e respirano hardcore dalla mattina alla sera; molti di loro non vogliono nemmeno saperne di altri generi magari affini come l’hardstyle. A quell’età non piacciono i compromessi e quale migliore modo di esprimersi che canzoni sparate a gran velocità e un gruppo omogeneo nel vestire e nel pensare? Ecco l’hardcore e noi siamo qui ad accontentarli. Un altro aspetto che viene curato è il ballo; le ultime tendenze, nate in Olanda, si stanno diffondendo anche in Italia. Oggi ballano molto freestyle e dal video che hai citato si vede, con persone più colorate e morbide nei movimenti con saltellamenti, giravolte e muovonosu e giù per il corpo le felpe dell’Austalian. Il ballo Hakke
nato in Olanda e diffuso in Italia 15 anni fa in questo video è evoluto
ad uno stile freestyle tipico italiano che si sta diffondendo anche nel
resto d'Europa.
Senza averne somiglianze, una delle tue tracce, “Hands up”, rimanda a un genere musicale lontano dall’hardcore. Come mai quel titolo e in generale che rapporto hai con l’hands up e con altri settori musicali?
Quel pezzo non ha nulla a che fare con il genere hands up, volevo solo un break che facesse partecipare la gente in pista con l’alzata di mani e battendole, tant’è che lo stesso si dice nel ritornello. Mi piacciono tanti altri settori musicali elettronici, l’hands up non la seguo per niente; ti dirò che non la conoscevo neppure e amici mi hanno detto che il titolo del brano era uguale a questo genere che mi pare sia abbastanza diffuso in Germania. Io ho risposto loro simpaticamente: “Chi se ne frega!” (ride).
Proponi atmosfere che qua e là sono contaminate da suoni, effetti, break anche dissonanti e provenienti da diverse territori musicali. Come si equilibra il tuo retroterra di industrial/darkcore con il registro più commerciale?
Io faccio maistream hardcore e cerco di dare un'atmosfera totalmente da dancefloor, non è qualcosa tipicamente da ascoltare a casa ma da ballare. Non inserisco troppo melodie e, quando lo faccio, sono dirette e corte; molte volte, all’uscita della mia traccia, non è subito capita, ma poi arriva la pista e arrivano commenti molto positivi in web e dal vivo. Io mi baso del tutto sulla pista perché adoro vedere la gente che balla e si esalta; faccio quello che vorrei sentire da ascoltatore.
Se tu fossi un artista (pittrice, scultrice, scrittrice), cosa rappresenteresti per descrivere le sensazioni che ti nascono dentro mentre suoni davanti a un pubblico preso bene?
Delle categorie che hai detto scelgo la pittura e senz’altro non seguirei uno stile ma un unico dato di fatto: tanti colori buttando sulla tela tutto quello che mi verrebbe in mente. Io sono per la musica felice e stai tranquillo che dal mio quadro si vedrebbe; non sarebbe qualcosa di bellissimo, ma emanerebbe la positività proveniente dalla mia anima. Non amo l’atmosfera dark, ma le tinte pastello; apprezzo anche tracce pesanti ma le mixo con sapori più happy. Rispetto i settori underground come la frenchcore, che tra l’altro sono cresciuti molto negli ultimi anni. I produttori fanno sempre a gara a chi è il più cattivo ma si arriva a un punto in cui la mainstream riprende la classica leadership.
Quanto ritieni sia importante la tua immagine di bella ragazza in un contesto monopolizzato dai maschi come l’hardcore? Look e aspetto sono componenti studiate a tavolino per allargare il consenso intorno a te?
Oramai nella musica l’immagine è importante anche da un punto d vista maschile; oltre alla qualità delle canzoni, l’aspetto presentabile o accattivante acchiappa. Effettivamente essere una ragazza ti apre qualche porta e certa gente si avvicina di più al movimento per seguire te; è anche vero che ad alcuni non importa nemmeno la sua musica e guarda solo il fuori, questo non è positivo. Pensa che io all’inizio ero come un maschietto: anni fa il mio look era molto minimale, avevo una shirt e un cappellino, semplicissimo. Degli amici mi hanno fatto ridere perché si ricordano che, nelle prime volte che suonavo all’Ecu a Riccione, sembravo un bambino, essendo piccola di statura e messa in quel modo. Crescendo mi sono fatta più signorina ma ti confesso di non aver mai avuto ansie da prestazione rispetto ai più numerosi colleghi maschi. A mio avviso la discriminazione fra i sessi è nata adesso perché siamo ormai in tante: c’è quella che suona a seno nudo (non dico nell’hardcore ma nel mondo elettronico) o quella che fa solo immagine o magari non capisce niente di quello che si sta suonando.
Più parlo con artisti di vario genere e più sento dire che in Italia è difficile fare gruppo per via di un sentimento diffuso e pericoloso: l’invidia. Sei d’accordo? E, se sì, attribuisci a ciò la difficoltà a scrollarci di dosso tabù e carenze organizzative a livello di eventi e marketing?
Credo che questo sentimento non sia solo italiano, è la vita. Fai gruppo finché la persona con cui fai gruppo è al tuo stesso livello e tutti si fanno forza e sono amici; quando li superi, iniziano a vederti come il nemico che sta rubando lavoro. Più che invidia parlerei di competizione, che in sé non è qualcosa di negativo: c’è chi sa competere in modo maturo e sano, c’è chi è solo capace di fare il viscido e il cinico. Siamo anche più di prima a produrre, la posta in gioco è più alta e, dovendo mangiare con questo lavoro, ognuno cerca di essere più forte giorno dopo giorno. In realtà la stessa situazione la vedo all’estero, la base dell’uomo è dappertutto; io ad esempio vivo in Olanda e ti posso dire che anche lì, la culla dell’hardcore dove le opportunità fioccano con molte organizzazioni ed eventi, accade ugualmente.
Parlare male e focalizzarsi sull’aspetto negativo delle cose sembra essere diventato il tratto distintivo dell’uomo medio; andiamo controcorrente e dimmi qualcosa di bello del nostro Stato, qualcosa per cui vale la pena di rimanere qui.
Sono banale e dico il cibo, ma ti posso assicurare che diventa fondamentale quando non vivi in Italia. In Olanda il mangiare bene mi manca davvero tanto; non posso uscire a cena perché cucino meglio io, la materia prima non c’è, i prodotti non sono buoni a parte la carne. Per questo, quando torno qua, mangio da schifo e poi sto male (rido); stasera, prima di arrivare qui, mi hanno portato in un locale chiamato “Il buco del mulo”, un posto dal nome molto raffinato (ride). Poi direi anche i panorami: soprattutto al sud Italia abbiamo luoghi incantevoli. Più in generale, se la gente si sentisse meno presa per il culo e fosse meno arrabbiata e rancorosa, saremmo tutti più felici; ma adesso la situazione è invivibile. Ovviamente in Olanda si vive in modo più sereno: lo stipendio medio è 1.800 euro e le cose al supermercato costano uguali; anche in Olanda le tasse sono alte, ma pagano tutti e sono contenti di farlo, è normale, doveroso e conveniente pagarle. Amici mi raccontano che in Australia lo stipendio medio è 2.000 euro e la vita costa anche meno.
Parliamo di quote rosa: allargando il discorso alla società intera, ritieni che l’entrata delle donne ai posti di comando sia soltanto premessa di propaganda politica o effettivo cambiamento del nostro Paese?
Ho ancora la televisione italiana e, vedendo alcuni programmi, scopro che ci sono tante donna in politica; speriamo portino idee nuove e che cambi la situazione. Io non so né femminista né maschilista, credo che quello che può fare un uomo, al di là del duro sforzo fisico, possa farlo anche una donna. Poi c’è il bene e il male in entrambi i gruppi, ma sono convinta che anche noi donne possiamo dare una marcia in più ai vari ambiti della società. Di certo a livello culturale è cambiato molto a nostro favore e questo mi piace.
Non credi che il sistematico e furioso parlare da parte degli organi di informazioni di casi di violenza sulle donne non faccia altro che creare allarme sociale e porre preconcetti verso gli uomini stessi?
No, perché credo che questo rimanga un problema molto vivo in Italia; si devono educare i figli fin da piccoli a rispettare il prossimo che sia uomo, donna, cane, chiunque. Chi non rispetta le donne non ha rispetto del prossimo in generale e in definitiva nemmeno per se stesso. Purtroppo ci sono programmi della tristezza in televisione che marciano sul dolore delle persone; il pubblico vuole essere emozionato sia in bene che in male e chi fa i palinsesti lo sa benissimo. A me piacciono i programmi che lanciano messaggi positivi; la gente ha già tanti problemi, non credo che se ne debba creare altri accendendo il televisore.
Platone sosteneva: “La musica è la parte principale dell’educazione perché il ritmo e l’armonia sono particolarmente adatte a penetrare l’anima”. Quanto è spirituale il tuo rapporto con le sette note? Riesci davvero ad avere questo contatto con la tua parte più interiore o le vive semplicemente come sfogo, professione e divertimento?
Questa domanda è super azzeccata per me: io mi chiamo AniMe non in onore dei manga giapponesi, ma per il “soul”, l’anima; per me la musica è espressione dell’anima, il modo in cui un artista porta fuori quello che è dentro. Molte volte è una vibrazione che si sente nel tipo di melodie; magari un giorno percepisci un’ondata oscura dentro di te e partorisci un riff triste. Il pubblico stia attento con le orecchie ben aperte alle nostre canzoni, perché noi ci mettiamo la vita, tutto quello che siamo. Io ho un approccio, come lo chiami tu, “spirituale” anche nei confronti della vita in genere e sbaglia di netto chi ritiene che il nostro genere sia ripetitivo e solo basato sulla velocità della cassa. Credo che anche altri colleghi abbiano questa impostazione, capisci che è la loro persona che stanno rappresentando. La Traxtorm records sta facendo un gran lavoro per raccordare tutti questi talenti; Maxx Monopoli dei The stunned guys, il boss, ha dato la vita all’hardcore. Noi stiamo cercando di portarla d altissimi livelli; non so se conosci il movimento “This is hardcore”, è Traxtorm legata all’etichetta olandeese Neophyte records. Siamo tornati a sonorità antiche con le tecniche di oggi, scegliendo anche cose più lente a 150 bpm con un’attitudine felice da party. Come marketing ci stiamo avvicinando al movimento dance di massa che sta cavalcando in questi ultimi anni; parlo di correnti come la progressive house e l’EDM, dove i nostri dj europei sono ammiratissimi anche in America.