IL MARITO DELLA PARRUCCHIERA
Regia: Patrice Leconte
Cast: Jean Rochefort, Anna Galiena
Anno: 1990
Genere: commedia
Durata: 82'
Voto: 8
Trama:
Un bambino di nome Antoine (Jean
Rochefort), viso e occhietti vispi e curiosi, passa l'infanzia a
farsi tagliare i capelli dalla procace parrucchiera del suo
quartiere. Da grande corono il sogno di una vita, ovvero
sposarne
una, Mathilde (Anna Galiena);
l'angusto ma
vitale spazio di una bottega diviene così luogo in cui amore e
professione si miscelano.
Recensione:
Pochi registi a parte Patrice
Leconte sarebbero riusciti in questo piccolo miracolo: pennellare di
poesia quattro mura facendone la dimora di una felicità semplice e
amorevole. C'è delicatezza sentimentale nelle pagine di questo libro
della vita, un «bignami» dei giorni migliori in vista della calma
mentale, di una pacatezza interiore che si risolve nel più basico
degli istinti: il rapporto d'amore fra due persone.
Antoine e Mathilde si ritrovano
sulla strada dell'esistenza e niente sarà più lo stesso; legati da
affinità elettive nascoste ma meravigliose, non chiedono altro dal
destino che bastarsi l'uno con l'altro. Leconte, con la chiarezza
compendiosa che gli è propria e che in questo caso fa di lui un
sopraffino aedo delle piccole cose, si aggiunge con circospezione a
tale connubio e flirta senza intromettersi con una telecamera
sbarazzina ma vitale. Li riprende mentre si guardano, si baciano,
fanno l'amore, si relazionano ai clienti e tali istanti (non momenti,
bensì istanti) risplendono grazie a una fotografia accesissima e
colorata che proietta le vicende nella favola.
Come non reputare poi un'altra
protagonista la bottega e di riflesso anche il quartiere; semplici e
poco adorni entrambi, offrono allo spettatore una sorta di refugium
dello spirito, quasi che anch'egli dovesse recarsi lì a tagliare i
capelli. La parrucchiera e il marito, il quale non fa altro nella
vita che osservare la sua burrosa amata intenta al lavoro, accolgono
cliente e spettatore stesso con gentilezza di modi, eleganza ed
enfasi che in vari casi rimanda al surrealismo.
Ecco emergere un altro aspetto che
Leconte ha più volte maneggiato nel suo cinema: il sovrapporsi fra
varie realtà senza il prevalere di una. I fatti che narra si
prestano a più angolazioni di giudizio e, serenamente, sfuggono a
oggettivi parametri. Lo spettatore qui se ne infischia di asseverare
il protocollo scientifico delle vicende, preferisce perdersi negli
occhi da cerbiatta della parrucchiera, nell'affettata movenza di
Antoine o nei personaggi bislacchi che frequentano il negozio.
Rochefort e la Galiena
costituiscono un «tandem» (tanto per citare forse l'opera per cui
Leconte è più conosciuto in assoluto) spettacolare: il primo, vero
e proprio attore feticcio del regista francese, si muove con il burro
sotto i piedi e raggiunge la perfezione quanto a ricercatezza e dolce
mistero di atteggiamenti. Le sue danze istrioniche con canzoni
arabeggianti, connesse allo sguardo evanescente, rappresentano una
delle cose per cui la pellicola viene più ricordata. E che dire
della Galiena, che, in stato di grazia, diede una svolta alla
carriera grazie a questa chance offertale. Bellissima, ma di una
bellezza da favola, non volgare ma che non rinuncia alla sensualità;
è esattamente quello che il piccolo Antoine sognava da bambino,
carne e spirito insieme.
E non sarebbe un'opera di Leconte
senza il risvolto amaro, che, quando affiora, non fa altro che
irrobustire di bellezza il quadro generale. Leconte dà così corpo
alla riflessione che dietro alla felicità si celano macchie, coni
d'ombra, forse parafrasando la fragilità dell'umana natura.
In questa prospettiva fortemente
teatrale i dialoghi assumono importanza decisiva, scambi di battute
mai pesanti, sfuggevoli, oliati dal sentimento amore e misurati in
modo strepitoso.
Leconte riesce nel miracolo,
piccolo, ma pur sempre miracolo, animare la sensazione che non stia
succedendo niente.
Oltre alla già citata fantastica
fotografia curata dal fidato Eduardo Serra, vale la pena ricordare un
montaggio adeguato agli intenti del regista e la musica, che arriva
sempre nei momenti più adeguati e conferisce spessore.
Il film ha guadagnato nel 1991 e
nel 1992 svariati riconoscimenti internazionali.