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mercoledì 29 gennaio 2014

L'ISTRUTTORIA E' CHIUSA: DIMENTICHI

L'ISTRUTTORIA E' CHIUSA: DIMENTICHI

Regia: Damiano Damiani
Cast: Franco Nero, Riccardo Cucciolla, Georges Wilson, John Steiner, Turi Ferro, Enzo Andronico, Claudio Nicastro, Patrizia Adiutori
Anno: 1971
Genere: drammatico, carcerario
Durata: 93'

Voto: 7,5

Recensione:
Tetro e cazzuto dramma sulle tare del sistema carcerario italiano che, a giudicare dalla situazione che impera oggi nel nostro Paese, non fa sentire i suoi 40 anni e passa, visto è databile 1971.
Idealmente a braccetto con l'altra pellicola del regista Damiano Damiani sempre del 1971 "Commissione di un
commissario di polizia al procuratore della Repubblica", il film si poggia sulla convinta e assertiva prova attoriale di Franco Nero nelle vesti un architetto che, per un banale incidente d'auto, viene posto dietro le sbarre (E "Tante sbarre" fu il romanzo di riferimento) e si mescola alla popolazione detenuta tanto diversa da lui. Il nostro farà di tutto per uscire ma deve scontrarsi con un microcosmo patologico in cui la corruzione non è assente proprio come nel mondo fuori.
Damiani sceglie la strada della mancanza di orpelli e sovrastrutture per raccontare una storia (di ordinaria follia? Forse sì) in cui Nero metaforizza l'uomo comune, allora (e forse anche oggi) si diceva "borghese", a confronto non solo con le pieghe malate dell'umanità ma anche con quelle sempre malate del sistema e dell'istituzione. Stato e carcere vengono allineati in una medesima sentina di problematiche, scorrettezze e non valori. Damiani ha al contempo l'arguzia di non sollevare il protagonista da responsabilità morali in quanto egli stesso banchetta consapevolmente con quelle marcescenti pietanze allineandosi, laddove gli conviene, con la non giustizia. Il piglio di Nero è uno di quelli che si ricordano e la sua capacità va plaudita anche per rappresentare in termini estetici e attitudinali l'uomo medio in rapporto con un ambiente nuovo, diverso dalla sua quotidianità.
Intorno a lui si muove tutta una schiera di attori più o meno conosciuti che costituisce un guscio solido e marziale: il mai troppo apprezzato Turi Ferro, John Steiner (dotato di un volto e di maniere davvero luciferini), Claudio Nicastro, Enzo Andronico. Senza dimenticare il noto Riccardo Cucciolla nei panni di Pesenti, un super testimone di buona cultura a cui ne succedono un po' di tutti i colori.
Impossibile non pensare, in parallello alla presente opera, al film di Nanni Loy Detenuto in attesa di giudizio. Entrambe condividono l'idea di fondo anche se L'istruttoria è chiusa è meno angosciante e più da impegno sociale, da denuncia; la pellicola di Loy indaga più da un punto di vista psicologico, particolarizza il disagio forse anche perché doveva far vivere un'esperienza a un cavallo di razza come Alberto Sordi.
Buone anche le locations carcerarie e l'occhio registico di Damiani che va a indagare nelle anguste celle, nei pertugi, nei dettagli umani dei vari detenuti. La macchina da presa si allarga a capo lungo quando deve immortalare momenti d'insieme come la bella scena degli ideanti nel cortile del carcere. Le scene e i passaggi fra una scena e l'altra vengono scanditi dalla colonna sonora arrembante e da groove urbano di Sua Maestà Ennio Morricone.
Damiani asciuga l'asciugabile restituendo ai posteri una durissima riflessione su quanto le condizioni delle persone siano difficoltose in un ambiente del genere. Quelle "facce da galera", verrebbe da dire, non vengono strumentalizzati dal regista e non appaiono né buoni né cattivi, ma, è evidente, vengono dipinti come "persone". Il film riflette anche sulla durezza dell'imprigionamento al di là della colpa, delle criticità di rapporti all'esterno con avvocati faciloni e parenti e sull'incapacità delle guardie carcerarie di adempiere agli obbligli sanciti dal diritti nel rieducare i reclusi e non punirli e basta.
Un film pessimistico, livido, un film che oggi non sarebbe facile fare. Bravo Damiani, davvero.