Nei pacchetti di sigarette svettano scritte intimidatorie e
terrorizzanti, spesso accompagnate, a seconda dei Paesi, da immagini
raccapriccianti che, se non bastassero le parole, illustrano con la
crudeltà visuale i danni del fumo su tutti i possibili fronti. Solo
negli Stati Uniti la sigaretta si porta sulla coscienza 443 mila morti
ogni anno (circa il 18 per cento del totale dei decessi), ma quasi un
americano adulto su cinque
persiste imperterrito nel vizio e nelle altre
nazioni la situazione è analoga. Nonostante tanti ormai abbiano detto addio alla bionda c'è ancora una
pletora di fumatori che non smette, a dispetto di qualsiasi ragionevole
spiegazione, e non lo fa certo per ignoranza, perché anzi, normalmente i
fumatori sono ancor più informati sui devastanti effetti della
sigaretta rispetto a chi è estraneo a questo vizio. Ma allora come si
spiega questa perseveranza diabolica? Lo illustrano in uno studio pubblicato da PlosOne i ricercatori Eyal Ert e Eldad Yechiam, della Hebrew University of Jerusalem e
del Technion-Israel institute of technology, rigettando la tesi diffusa
secondo la quale i fumatori avrebbero una maggior attrazione verso i
pericoli. In sostanza chi fuma, nonostante i dati allarmanti sui danni
delle sigarette, non ha necessariamente una propensione maggiore al
rischio e tanto meno è disinformato, ma semplicemente ha una lacuna in
termini di autocontrollo e un difetto che rischia di costargli caro:
l'impazienza.
IL PROBLEMA NON E’ LA PROPENSIONE AL RISCHIO – Spesso
si è cercato di spiegare questa dipendenza in termini di maggior
propensione al rischio, ma secondo gli studiosi l'ipotesi è
semplicistica. Certo va ammesso che spesso chi fuma è anche più restio a
indossare la cintura di sicurezza, esponendosi maggiormente al rischio
di incidenti stradali, o a utilizzare il preservativo, esponendosi a
rapporti a rischio. Inoltre tra le fumatrici mediamente la tendenza ai
controlli medici, come la mammografia, è inferiore. Ma sarebbe banale
sostenere che i fumatori amano il pericolo o che si vogliono meno bene.
Piuttosto, secondo la tesi sostenuta dagli scienziati israeliani, chi
fuma ha un problema di controllo e non sa mettere del tempo tra sé
stesso e la soddisfazione di un bisogno.
COME DECIDONO I FUMATORI – Ma perché i fumatori ancora fumano, dopo questo bombardamento di studi, pubblicità progresso, dichiarazioni, articoli, proibizioni? Se lo chiede anche un articolo del New York Times che cita lo studio israeliano, spiegando molto bene la vera lacuna del tipico addicted da bionda. Gli scienziati israeliani hanno dimostrato su un campione di cento volontari misti, tra fumatori e non fumatori, che il problema della dipendenza da sigaretta sta soprattutto nell'impazienza e nello scarso auto-controllo, inteso come incapacità di procrastinare una gratificazione. Per convalidare la loro ipotesi Ert e Yechiam si sono serviti dell'Iowa gambling task, un test psicologico basato sul gioco d'azzardo molto utilizzato per l'osservazione dei meccanismi decisionali della mente umana nella vita reale. Ideato da Antoine Bechara è stato usato in diversi esperimenti finalizzati a misurare e monitorare la capacità di scelta carente in pazienti che avevano riportato lesioni pre-frontali ventromediali e della corteccia orbito-frontale, che notoriamente compromettono l'abilità di rievocare le emozioni relative a eventi passati, rendendo di fatto incapaci le persone ad apprendere dalle esperienze precedenti e guidandole a prendere scelte in modo del tutto casuale. In una prima versione classica dell'Iowa gambling task non è emersa alcuna rilevante differenza tra il gruppo di fumatori e il gruppo di non fumatori. Nell'esperimento israeliano il test tradizionale è stato quindi modificato, creandone una versione finalizzata a testare la ricerca della soddisfazione immediata, che ha invece evidenziato come la resistenza alla frustrazione e all'attesa sia nel fumatore molto compromessa. Chi fuma insomma è incapace di aspettare: questo è il vero problema. E anche in altri settori chi ha una dipendenza dalla sigaretta tende a mostrare la propria inabilità a procrastinare un piacere. Per esempio i fumatori utilizzano meno il preservativo non per incoscienza, ma semplicemente perché durante il rapporto sono meno propensi dei colleghi non fumatori a «perdere» tempo. L'intuizione israeliana potrebbe essere preziosa nel collaudare campagne di comunicazione più adeguate e cucite apposta sul vero vizio del fumatore, quello di non saper aspettare.
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