Sergio Tacchini addio. Il 30 settembre chiuderà l'ultimo negozio
monomarca della griffe, a Gallarate, e in questi giorni ha abbassato le
serrande lo show room all'outlet di Vicolungo nel novarese. L'anno
scorso aveva cessato
l'attività lo storico spaccio di Caltignaga, la
sede del primo stabilimento, dove era cominciata la straordinaria
avventura del tennista che divenne manager e poi, coperto da un debito
enorme, lasciò tutto ai cinesi. Ora nell'azienda di Bellinzago, sempre
nel novarese, dove erano stati trasferiti produzione ed uffici, è
rimasto solo il settore amministrativo e commerciale.
«E’ accaduto quanto avevamo temuto: la cancellazione di quello che
era un tempo la linea produttiva della Sergio Tacchini. La cessione ad
una finanziaria cinese – dice Domenico Turri, responsabile del settore
tessile per la Cisl di Novara – ha visto ridurre ai minimi termini la
produzione in Italia, sino al totale trasferimento all'estero».
La bandiera cinese sulla Tacchini ha iniziato a sventolare nel 2007,
quando a salvare la società, che all’epoca sfiorava i 70 milioni di euro
di debiti, arrivò Hembly International Holdings, uno dei principali
gruppi asiatici di outsourcing e distribuzione di abbigliamento quotato
alla borsa di Hong Kong. Per accelerare i tempi, la H4T, una holding
cinese che fa capo a Billy Ngok, presidente del gruppo Hembly, aveva
preso in affitto il complesso aziendale e siglato un accordo di
fornitura. Poi l'intera società è passata in mano a H4T. Un'operazione
storica nel panorama imprenditoriale nazionale: per la prima volta i cinesi acquisivano un’azienda e un brand italiano di fama internazionale.
La proprietà asiatica ha costituito ora una nuova società, Wintex, che
si occuperà della valorizzazione del marchio: Tacchini resterà un’icona
dell'abbigliamento, ma di italiano avrà solo il nome.
Fonte: www.imolaoggi.it