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mercoledì 13 novembre 2013

CLAUDIA MENGOLI: INTERVISTA

Ci vuole coraggio per cambiare, ma forse neanche tanto. Per migliorare, sentirsi meglio, raggiungere la felicità e sfruttare potenzialità ponendosi in armonia con se stessi e gli altri non c'è che da scegliere, decidere che cosa guardare. In fondo la sfortuna è un punto di vista e, stando alle parole di Claudia Mengoli, «la felicità è un modo di vedere le cose». Claudia non è solo una scrittrice, ma una persona poliedrica e sensibile che ha firmato «La mia trasformazione», libro edito da Albatros/Il filo nel 2012 entrato di diritto nella mia «bibliografia dello splendore». Sono solito chiamare in questo modo una decina di volumi che in questo ultimo anno hanno
cambiato la mia vita, reinventandomi come uomo, sovvertendo certezze e mostrandomi un altro lato della luna su cui piano piano, con gli incerti passi dell'umile discente, imposto e imposterò i miei giorni. Claudia non ha redatto un volume accademico e zeppo di teorie, racconta la storia di
drammi e rallegramenti personali, delizia con una felicità di stile che, raccogliendo la spontaneità del bambino felice, mette di fronte il lettore all'unica responsabilità dell'esistenza: prendersi la responsabilità di essere felice. Con l'ardimentoso impeto di chi non si nasconde e non nasconde la verità, «La mia trasformazione» ambisce a porsi come stimolo per altri a guardarsi dentro vedendo la magnificenza interiore propria di ciascuno. Perché? Quando provi il bene, quando SENTI il bene sulla pelle e nella carne, quando ti sei espanso verso l'illuminazione, non puoi che condividerlo con gli altri. Un po' per il piacere infinito di farlo, un po' perché il bene torna sempre indietro prima o poi.
L'abbiamo raggiunta e lo scambio dialettico con lei è uno di quelli che non si scordano.
Grazie Claudia. Davvero.

Il tuo libro si intitola «La mia trasformazione»; io lo sento come un road movie nella tua esistenza e nella tua anima con flash back, frammenti persi nel tempo, sogni. E' stata per te una catarsi, un modo di epurare via dolore, orgoglio, distorsioni dell'io?
Ho iniziato a scrivere il libro per il bisogno di buttare fuori emozioni che necessitavano di essere comprese; adoro scrivere, è un modo per portare chiarezza dentro me. A un certo punto ho avvertito che quelle pagine dovevano diventare qualcosa di più, che quella sofferenza doveva giungere a un punto di purificazione, ecco la formalizzazione del libro come arrivo necessario. Insomma lo dovevo a me stessa, una forma di potente liberazione dal dolore; per molto tempo non ho creduto in me stessa, cercavo di essere sempre e comunque accomodante nei rapporti umani. Chiamala debolezza, dagli tu una dimensione, io so solo che quell'attitudine, che veniva da lontano anche da prima che io nascessi, non mi ha portato alla felicità. Il libro mi ha confermato l'importanza di conoscersi, amarsi e credere in se stessi e sentivo che anche altri potevano godere di questa illuminazione. Non ho fatto ciò per il mio ego ma per restituire a ognuno una versione di Claudia migliore e positiva. Nessuno mi ha chiesto se queste pagine sono frutto di invenzione, vuol dire che la verità ha colpito e questa è una soddisfazione eccezionale. Anche a livello di stile non saprei che dire, ho seguito un filo del tutto spontaneo e mi sono lasciata guidare solo me stessa senza paletti e punti di riferimento letterari.

Nel titolo il tuo scritto onora la sua mission con un vocabolo magico: «trasformazione». Come consiglieresti di muoversi a una persona che intenda avventurarsi in un percorso all'interno di se stessa per guarire ferite e cercare felicità?
Non mi fermo mai da buona curiosa e, quando partii alla scoperta di me, dovevo dotarmi di strumenti. Ho trovato nell'astrologia psicologica una stupenda fonte di conoscenza e spesso incito le persone che incontro e che magari a 45 anni si sentono già vecchie a rimettersi in discussione, scoprire talenti personali e restaurare la vita. Con la mappa natale dell'individuo sono visibili simbolicamente e interpretati molti aspetti della personalità; mi sono specializzata in questa tecnica che espande tantissimo la mente, fa capire che i conflitti che abbiamo all'esterno sono quelli che abbiamo all'interno. Scopri potenziali, qualità, dinamiche molto sottili che dimostrano che in ognuno di noi c'è un tesoro inestimabile e un'energia unica che fondo con la mia nell'interazione. Ecco il metodo della mia la trasformazione. L'astrologia l'hanno fatta passare oggi come disciplina diversa da quella che è, gli oroscopi sono cavolate commerciali; in realtà è molto più profonda. Una persona sicura di sé non vuole sapere del futuro, sa già di avere le qualità per impostare i giorni che verranno, vuole sapere nel qui e ora quello che può fare per ottimizzare le risorse. Io lavoro con questo tipo di gente, che si ama e non consente a nessuno di impostargli la vita; che, pur focalizzandosi su quel poco o tanto che ha, cerca ambiziosamente di progredire. Ti ho detto tutto ciò non perché tu o altri dobbiate per forza darvi a questa forma di pensiero, ti ho solo raccontato la mia esperienza. Ciascuno deve trovare la propria via; l'obbiettivo unico è il miglioramento verso la felicità, basta solo volerlo, non ci sono ricette precise.

Un problema oggi a mio avviso è la velocità con cui si consumano cose e perfino sentimenti e idee. Nella fattispecie potremmo dire che la pazienza si rivela determinante nelle scienze del cambiamento e nella ricerca dell'illuminazione. Saper aspettare è necessario, oltre che addolcire il percorso; non si possono ottenere risultati duraturi in due giorni, no?
Sono molto d'accordo e ti dico di più. Dopo il percorso pensavo di avere sistemato un bel po' di cose. Un anno dopo ho ripreso le stesse per riaffrontarle; qualche volta il vero lavoro è rimettere mano a quello che pensavi di avere seppellito. E' una questione di allenamento e la vita, per quanto bellissima, sarà sempre lì a provocare la tua bravura e la tua tenuta fino a quando non sarai praticamente perfetto. Io sono paziente ma ho anche molta fede e questo atteggiamento è stato fondamentale per raggiungere con passione e forza gli obbiettivi. Per me la fede è fondamentale in un percorso che ti porti ad un'evoluzione. Fede verso se stessi, verso Dio, il Creatore, l'Universo, la Vita. Può essere importante che qualcuno di esterno funga da motore per rettificare la tua guida interiore ma questo dipende molto da quanta forza hai già dentro e quanto sei portato all'introspezione. In generale assolutamente la pazienza è una virtù fondamentale, con la fretta si fanno danni e si soffre. In fondo il percorso, anche se difficoltoso, è bello in sé e per sé.

Più vado avanti nel mio di percorso interiore e più mi rendo conto di quanto sia fondamentale la gratitudine verso persone, cose o situazioni che donano a ciascuno di noi aria pura e bellezza. Ringraziare è pedagogico per quattro motivi: 1) è azione eticamente retta; 2) auto educa all'umiltà; 3) coscientizza sulla bellezza dei nostri giorni anche quando sembra che non accada nulla di importante; 4) valorizza piccoli momenti che diamo troppo per scontati, viziati come siamo. Sei d'accordo?
Sono in linea con tutto quello che dici. Nel libro ho ringraziato chi mi ha dato una mano nel mio cammino; ho detto grazie anche chi fino all'altro giorno si poneva come mio nemico. Ogni incontro ha un suo significato, è proprio grazie all'altro che posso accorgermi di determinati miei difetti da mettere a posto. Se impariamo a utilizzare gli altri come specchio personale, non solo depotenzieremo la loro forza e quindi la nostra sofferenza, ma li renderemo occasione di miglioramento e avvicinamento all'eccellenza del nostro essere. Non è facile, ci vuole tanta pratica e pazienza appunto, ma il ringraziamento aiuta a dotarci di una forma mentale di rispetto per le cose meravigliose che ci accadono tutti i giorni e che, presi da frustrazioni ed egoismo, ci lasciamo sfuggire.

Ti spiego le coordinate teoriche del mio di percorso interiore: programmazione neuro linguistica per ottimismo/visualizzazione/spostamento dei sentimenti; filosofia del pensatore latino Seneca per sobrietà/giusta misura; buddismo per meditazione/bontà/messa in discussione. Che rapporti hai con questi stimoli culturali?
Non ho frequentato seminari sul buddismo, qualcosa ho letto ma non molto a dire la verità. Io mi baso molto sull'esperienza pratica e sono convinta che non esistano sentieri uguali per tutti; ognuno di noi è fortunatamente e splendidamente diverso e, se tu ti sei convinto della validità della saggezza orientale, sono felice che questo ti abbia sostenuto. Io ho letto dei libri molto semplici, non tomi universitari complicatissimi, ho cercato nelle pagine della mia formazione un approccio molto concreto. Mi sento vicina allo shamanesino degli indiani d'America, ad alcune teorie psicologiche, cerco di prendere qua e là spunti. La gioia di vivere, l'amore incondizionato, il perdono: questi sono i capisaldi per cambiare e qualsiasi strada che si intraprende va bene se segui quella filosofia. Conosco persone che sono davvero rinate anche solo per il contatto con la natura; cosa c'è di più semplice e giusto di armonizzarsi con ossigeno puro, erba e boschi? Le cose essenziali sono quelle e caratterizzano tutte le religioni al di là dei dogmatismi di ciascuna di esse. Io ad esempio sono cattolica ma non concordo con alcuni aspetti e comunque non mi piace definirmi, mi considero senza etichette, una donna libera sulla strada della felicità.

Nel tuo libro è ricorrente il tema del passaggio intragenerazionale di abiti mentali che appartengono al presente ma arrivano da quando ciascuno era piccolo a contatto con genitori e educatori. Individui il perdono come premessa di cambiamento e motore di pace con il passato. Come si può vedere l'amore in gesti di un genitore anche in casi in cui allora si odiavano o non si capivano?
Dico sempre che nella vita abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno. Necessitiamo dei nostri genitori per il percorso dell'anima; per sopportare quello che è capitato con loro occorre dunque credere a un'anima, a una vita dopo questa terra, altrimenti non faremo altro che prendercela con chi riteniamo non ci abbia educato bene. Il duro lavoro è capire in cosa può essere stato utile un genitore; non è un mistero e l'ho scritto a chiare lettere nel libro il mio rapporto difficoltoso con mia madre, ma considero che tutto ciò che ho sopportato allora mi serve per oggi capire chi ho di fronte, muovermi meglio nel mondo con più consapevolezza. Non ho subito violenze, ma anche chi viene violentata non deve trovare rivincita e soluzione nell'odiare gli uomini sentendosi perseguitata dal genere maschile. Basterebbe che capisse di avere lanciato dei messaggi magari anche inconsci che hanno portato a quel terribile trattamento; non è certo colpa sua e non giustifico il violentatore, dico solo che l'assunzione di responsabilità è premessa di cambiamento e aiuta a impostarsi meglio nel futuro. Conosco quel dolore ed ho profondo rispetto e comprensione per chi la subisce o l'ha subita, ma c'è un'alternativa a quella ferita, ed è liberarsi di quella memoria con la consapevolezza, col perdono e la comprensione. Il concetto di «dente per dente» non porta che alla vendetta ed è un circolo d'odio inesauribile che non può che essere autodistruttivo e portare all'infelicità.
Minimo comun denominatore di tutti gli uomini, al di là di razza, religione o residenza è un doppio istinto: perseguire la felicità e rifuggire il dolore. Il Dalai Lama sosteneva che le riunioni da parte dei capi di Stato dovrebbero essere effettuate in mezzo a un pic nic e con i reciproci figli che giocano insieme. Perché gli uomini dimenticano così spesso questi evidenti punti in comune e si lasciano sopraffare da orgoglio, odio, ansie di controllo e prevaricazione?
Il Dalai Lama ha detto di far giocare i bambini ma di riflesso anche il bambino che c'è in ognuno di noi. Odiando e prevaricando, uno dimentica il bambino interiore; l'aggressione non è mai forza, ma sempre difesa, così come la fuga nell'ego. Bisognerebbe mettere i grandi a giocare a pallone, mangiare insieme ritrovando il vero valore della comunità, elemento che oggi sta scomparendo. C'è chi osteggia le scienza del cambiamento interiore perché della paura della gente ci ha fatto un business, ci ha costruito sopra il personale potere. Il fatto di non dare le informazioni e le notizie giuste a livello giornalistico poi è una vera fabbrica del dolore; spettacolarizzare le catastrofi è una violenza che esplode dai monitor tutti i giorni. Come credi che arrivino queste sensazioni nel cuore delle gente? Le persone credono alla cavolata che tutto il mondo sia intriso di dolore e si comportano di conseguenza per fare parte di quel mondo. E pensa al rinforzo: ogni giorno della tua vita da quando sei piccolo ti entra questa sofferenza senza che tu te ne accorgi. Che bambini stiamo crescendo?

Cito dal tuo libro una frase davvero bella: «Nutrendo gli altri del nostro amore nutriamo noi stessi e diventiamo capaci di gustare la vita». «La vita è una palestra d'amore» o «Amore è guidare senza controllo» avevo letto altrove, siamo d'accordo su ciò, ma in cosa si sostanzia davvero un gesto/atto d'amore? C'è differenza tra buono e buonista?
C'è eccome. Il buonista si comporta in base a regole, a un'etichetta da seguire che compiace chi hai davanti; molti fanno così anche senza accorgersi e fanno figuracce. L'aspetto più importante è che spesso fanno i buoni solo per soddisfare un antico genitore, l'educazione che hanno ricevuto, esaudiscono ancora da grandi una prestazione di anni prima. In tal senso non hanno senso critico, non c'è genuinità e scelta del bene in loro. La vera bontà è invece una qualità meravigliosa e riguarda vera generosità, solidarietà, non attendersi nulla in cambio. 

Il già citato Dalai Lama parla di «egoismo con saggezza», un'espressione eccellente per delineare la necessità che ognuno ha di rendersi felice prima di tutto; la sua felicità darà un'energia, un'aura, un riflesso che renderà felici anche gli altri. Qual è il confine fra questo genere di «sano egoismo» e l'egoismo malsano o «egoico», come viene definito in psicologia?
Occorre preservare il proprio io, la propria identità e la propria unicità; il sano egoismo è: «Io esisto, agisco e ho una mia posizione territoriale che deve essere rispettata». L'egoismo negativo è andare a invadere il territorio altrui, sconfinare e sfuggire alle tue responsabilità senza il rispetto dell'altro. La felicità avviene esprimendo in pieno te stesso; spesso gli altri vogliono cambiare quello che sei secondo una loro idea di felicità. Non dare ascolto a queste persone, che magari anche volendoti bene, il tuo bene di certo non lo fanno. Chi ti vuole veramente bene, con la generosa bontà di cui parlavamo prima, deve lasciarti esprimere senza aspettative. Diffida dunque da chi vuole fare per forza il tuo bene costruendoti come vuole lui, lascialo perdere, non odiarlo ma perdonalo e guarda avanti. Anche lui ti sta dando la possibilità di cambiare, ti stimola a rettificare qualcosa, cerca di vedere che ti fa un piacere ma poi mollalo. Non ne hai bisogno, hai bisogno solo del suo sacrosanto pensare a te stesso, il resto viene di conseguenza e, proprio senza che tu te ne accorga, farai del meraviglioso bene a chi ti sta intorno, che verrà migliorato e, se è intelligente, imparerà da te.

Considero che alcuni aspetti deteriori del neo-liberismo esasperato abbiano provocato, usando parole del tuo libro, in molti di noi «un'invasione paralizzante di emozioni distruttive». Competitività, ritmi di lavoro furiosi e autodeterminazione a tutti i costi fanno in modo che molti lavorino come pazzi per pagarsi dei bisogni di cui non necessitano assolutamente. Produciamo più di quello che consumiamo e sembra che possiamo essere felici solo acquistando. Viva la decrescita insomma e fanculo al pil! Che ne dici?
Molto spesso c'è una mancanza di soddisfazione del propri bisogni perché molti non sanno quali siano questi bisogni. Ecco che arrivano surrogati come il lavoro, i soldi o semplicemente mangiare troppa cioccolata; ma ciò non dà vero nutrimento e soddisfazione, è qualcosa di momentaneo e fragile. Il lavoro può diventare un'ossessione e non porta alla felicità per forza; rende felici sono se è calibrato e risponde a un genuino bisogno della persona, se è una forma espressiva spontanea. Tante persone, come i nostri genitori, vengono dal dopo guerra e si trascinano dietro memorie di miseria che interiorizzarono in loro senso del dovere ed etica del lavoro a tutti i costi. Lavoro dunque come salvezza, modo di procurarsi il sostentamento ma anche forma ovvia di vita. I miei hanno lavorato facendo grossissimi sacrifici e io anni fa avevo la credenza che lavorare fosse sacrificio, fatica, dolore. Con il tempo ho scoperto invece che lavorare è bello, godurioso, soddisfacente e dà infinito piacere! Ma so anche che, almeno per quanto mi riguarda, è solo uno degli ambiti della vita; se ritieni che lavorare 15 ore al giorno risponda alla totalità dei tuoi bisogni, fallo, non c'è nulla di male; ma se senti di esprimerti anche con altre passioni, diminuisci il lavoro e costruisci la vita in base a questa ricchezza di stimoli. Cerca di non fare il meno possibile contro voglia, l'unica tua responsabilità è essere felice.

Oggi tra l'altro molte fonti di conoscenza e la democrazia consentono ad ognuno di impostare l'esistenza a piacimento; certo che l'invadenza dei genitori frega molti di noi...
Noi giovani abbiamo una grande fortuna: la cultura; leggere e sapere ci permette quello che non hanno potuto i nostri genitori, ovvero avere una vita ricca di felicità. Loro hanno fatto il possibile con gli strumenti che tenevano a disposizione, ecco perché vanno perdonati. E' lo stesso caso di quando in quel punto della città ci sei passato tante volte ma non avevi mai colto quel particolare. Devi tenere le antennine della positività sempre alte per scovarlo quel particolare; non sottovalutarlo, ti può cambiare la vita.

Da un po' di tempo vado dicendo che oggi come oggi il vero ribelle, il vero Robespierre non è quello che lo mette in quel posto al collega di lavoro, quello con i soldi o con il macchinone o che sa arringare una folla. E' invece colui che utilizza tenerezza, bontà, generosità e amore come fonte delle sue azioni. Troppo facile seguire quel modello di self-made man sbandierato così tanto; il vero uomo forte oggi respira moderazione, calma e sa mettersi in discussione davanti alle critiche.
E' proprio così ed è il modo in cui ciascuno porta il suo lavoro interiore fuori da sé. Robespierre oggi cerca soluzioni con il suo contributo, mediazioni, non accomoda per quieto vivere ma per mettersi in rete, migliorare grazie agli altri. Torniamo all'egoismo sano del Dalai Lama: oggi consorziarsi diviene produttivo anche per finanze, oltre che dare grandi soddisfazioni da un punto di vista del benessere di tutti gli attori in gioco. Il modello di cui parli c'è, non dimentichiamo però che le persone buone e positive sono più di quelle che pensiamo, basta tenere alta l'attenzione e fare sempre noi il primo passo. Hai mai pensato che tanta gente che magari ha lo sguardo corrucciato e severo si comporta così solo per difesa e non perché è forte? Aspettano solo un segnale per stamparsi in bocca un bel sorriso; sentiti libero e felice di farlo spuntare tu quel sorriso. Conviene a lui, a te, al mondo intero!

Tu ti sei licenziata da un'azienda dopo 20 anni di servizio e abbandonando un posto sicuro; nella misura in cui sentivi l'esigenza impetuosa di inseguire qualcosa di più alto, non posso che appoggiare questa scelta. Il tuo è un esempio, quasi un monito a coloro i quali rimangono immobili nella stessa situazione per tanto tempo magari soffrendo. Come li sproneresti a impugnare la vita davvero e una volta per tutte?
Ho avuto modo di parlare con tante persone che avevano problemi sul lavoro; li ho consigliati tutti nessuno escluso di uscire da quell'azienda e concentrarsi meglio sui veri obbiettivi della loro vita. Dico di cercare l'identità nelle loro qualità autentiche anche prescindendo da un posto di lavoro certo. L'unica cosa certa a stare in un posto di lavoro doloroso è la certezza di avere dolore. Io ci ho messo molti anni per decidere, non è facile ovviamente, ma l'ho fatto non in un momento di rabbia ma di consapevolezza. Volevo altri tipi di sicurezza, non quella economica, volevo essere sicura di essere felice. Spesso mi rispondono che hanno famiglia, rate e condizioni oggettive da onorare; rispondo che tutto si può fare se si vuole. L'alternativa qual è? Continuare a soffrire? Questi ritengono che figli e compagno/a stiano bene vedendoli nervosi e insoddisfatti tutti i giorni? Meglio una famiglia meno ricca ma più felice. 


Per contatti con Claudia: https://www.facebook.com/claudia.mengoli.752?fref=ts