«La presenza di persone nei cimiteri va diradandosi. Questo è un segno
di quella strategia culturale di
allontanamento dalla morte dei nostri
giorni. Anche i bambini e i ragazzi ne sono tenuti lontani. Le uniche
morti di cui si parla sono quelle riportate dalle cronache dei media».
Così il vescovo Giuseppe Zenti ha sottolineato il rapporto che l'uomo
contemporaneo ha con la morte, nella giornata dedicata tradizionalmente
alla visita dei propri defunti, in occasione della rituale processione
al cimitero monumentale. E non è mancato uno strale alla «festa pagana»,
Halloween, quella sì molto gettonata, certo molto di più di
una sobria
visita al camposanto a depositare un fiore sulla tomba di un congiunto.
«Una triste e assurda usurpazione della festa cristiana», ha detto
monsignor Zenti riferendosi alla «carnevalata dell'orrido e del
mostruoso» che ormai domina le festività del periodo di ognissanti, la
festa diventata un «santuario del paganesimo, che crea una cultura della
parodia della morte di cui si fanno partecipi i bambini». Così la
morte, che per il cristianesimo è il passaggio a una nuova vita, oltre
il limite del corpo, un entrare nella dimensione del divino, un momento
fondamentale per la vita del cristiano che ne è consapevole in tutto il
suo percorso terreno con un sentimento che non è di paura ma di fiducia
nel messaggio evangelico della resurrezione, diventa «un gioco, una
sagra che autorizza ogni tipo di trasgressione, che si propone come
alienazione». Una visione della morte che stride con quella del
cristianesimo, la quale soprattutto nella ricorrenza di Ognissanti e
della commemorazione dei defunti, «diventa esortazione a trascorrere una
vita buona nel segno del Vangelo, senza rincorrere l'accumulo di beni
materiali, rifuggendo l'egoismo e la sopraffazione. «Siamo qui a cercare
luce», ha ribadito il vescovo. «Non tutto finisce in una bara. Viviamo
per andare verso un fine, verso il compimento della vita che è in Dio. E
Gesù è il principio del vivere. Per lui è valsa la pena di essere
venuti al mondo, in qualsiasi condizione. L'insegnamento è questo.
ripartiamo dalle tombe con la voglia di vivere come ci ha indicato
Gesù». Insieme al vescovo e ai sacerdoti che hanno fatto il giro del
cimitero c'era un nutrito seguito di persone, tra cui molti religiosi e
suore. Al corteo si sono poi uniti coloro che sie rano recati al
Monumentale per deporre un mazzo di fiori sulle tombe dei propri cari.
Come vuole la tradizione, molte sepolture nei giorni scorsi sono state
ripulite e sono stati deposti mazzi di fiori freschi e accesi lumini.
All'Ingenio Claris sono stati sistemati fiori davanti alle tombe dei
veronesi illustri, come Emilio Salgari e Berto Barbarani. Fiori anche
sulle tombe dei bambini e sul monumento dedicato a quelli mai nati, così
come sulle tombe di coloro appartenenti ad altre professioni religiose.
Una ricorrenza che, al di là di ciò in cui una persona crede o non
crede, ha fatto capire il vescovo, serve sempre a fermarsi a riflettere
sul valore della vita e del suo limite, uguale per tutti. Forse, se si
pensasse un po' di più alla morte, si farebbe più attenzione alla vita
quotidiana, al suo valore, all'importanza dei rapporti tra le persone,
alla bellezza del Creato. E forse non si correrebbe tanto ad inseguire
beni inutili che comunque un giorno o l'altro lasceremo per sempre.
Fonte: www.noncipossocredere.com