Si può cercare la libertà interiore nello spazio angusto di una
cella. È questa la convinzione dei volontari che, attraverso diverse
realtà e associazioni, negli ultimi anni hanno introdotto tecniche di meditazione, rilassamento, yoga all’interno delle carceri.
L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la consapevolezza di sé e il benessere psicofisico, limitare l’aggressività e contrastare la depressione. E i risultati sul campo sono positivi. Tanto che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, tramite il suo ufficio stampa e relazioni esterne, ha organizzato nei giorni scorsi un seminario sul tema
L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la consapevolezza di sé e il benessere psicofisico, limitare l’aggressività e contrastare la depressione. E i risultati sul campo sono positivi. Tanto che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, tramite il suo ufficio stampa e relazioni esterne, ha organizzato nei giorni scorsi un seminario sul tema
“La mente che si libera. Pratiche di
consapevolezza nei penitenziari italiani”.
“L’intensificarsi di progetti di questo tipo indicano l’esigenza di andare oltre gli usuali schemi e percorrere nuove strade -spiegano
gli organizzatori -. Utilizzare altri strumenti che possano affiancare
quelli attuali, fornendo ai soggetti reclusi la chiave per acquisire la
consapevolezza del valore della propria esistenza e migliorare la vita
detentiva in termini di disagio e stress psicofisico”.-Il “Progetto
Liberazione nella Prigione” è una delle esperienze che percorrono questa
direzione. Il primo gruppo si è formato quattro anni fa nella casa di
reclusione di Massa e si è via via ampliato. Ora numerosi volontari sono
presenti in diverse realtà - Milano-Bollate, Saluzzo (Cn), Pontedecimo
(Ge), Massa, Livorno, Roma (Regina Coeli e Rebibbia),
A Roma opera il centro studi e ricerche applicate “La voce del carro”
diretto da Mauro Pedone. Dal 2004 il centro collabora con il ministero
di Giustizia, realizzando interventi a Regina Coeli e Rebibbia, in
collaborazione con le Aree Rieducative e i Sert di riferimento. “Le
tecniche proposte e insegnate mirano a favorire il benessere e la
consapevolezza – spiega Pedone -. I principali strumenti operativi sono
lo shiatsu, lo yoga, la musicoterapia, il massaggio sonoro con le
campane tibetane e la meditazione”. In particolare, le campane tibetane
vengono usate per favorire il benessere psicofisico attraverso
vibrazioni e suoni terapeutici: “Riescono a far rilassare le persone, in
questo caso individui reclusi, creando una sorta di oasi di pace sonora
in un ambiente segregato, che talvolta si tramuta in un gabbia
esistenziale” riferisce Pedone. Inoltre il centro, da febbraio 2011 a
giugno 2012, ha realizzato a Rebibbia il progetto “Coscienza Benessere e
reclusione - strategie adattative per le persone detenute”, rivolto a
soggetti tossicodipendenti, con doppia diagnosi e con patologie
psichiatriche di rilievo. “In questo contesto il massaggio sonoro con le
campane tibetane ha dato un intenso aiuto nel miglioramento della
qualità della vita dei partecipanti”.
Treviso (Istituto
Penale per minorenni) - ed è in attivazione in altre strutture, per un
totale di 150 i detenuti coinvolti. “Lo scopo del progetto è di aiutare
le persone a sviluppare il proprio potenziale umano, senza nessuna
volontà di renderle buddiste - spiega Grazia Sacchi, vicepresidente
dell’associazione -. Si tratta di offrire ai detenuti strumenti di
sviluppo personale e conoscenza di sé. I risultati in questi quattro
anni sono stati molto positivi, tanto che molti detenuti una volta
scontata la pena hanno continuato un percorso con noi”.
Fonte: www.affaritaliani.it