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domenica 10 novembre 2013

YOGA IN CARCERE

Si può cercare la libertà interiore nello spazio angusto di una cella. È questa la convinzione dei volontari che, attraverso diverse realtà e associazioni, negli ultimi anni hanno introdotto tecniche di meditazione, rilassamento, yoga all’interno delle carceri.

L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la consapevolezza di sé e il benessere psicofisico, limitare l’aggressività e contrastare la depressione. E i risultati sul campo sono positivi. Tanto che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, tramite il suo ufficio stampa e relazioni esterne, ha organizzato nei giorni scorsi un seminario sul tema
“La mente che si libera. Pratiche di consapevolezza nei penitenziari italiani”.

“L’intensificarsi di progetti di questo tipo indicano l’esigenza di andare oltre gli usuali schemi e percorrere nuove strade -spiegano gli organizzatori -. Utilizzare altri strumenti che possano affiancare quelli attuali, fornendo ai soggetti reclusi la chiave per acquisire la consapevolezza del valore della propria esistenza e migliorare la vita detentiva in termini di disagio e stress psicofisico”.-Il “Progetto Liberazione nella Prigione” è una delle esperienze che percorrono questa direzione. Il primo gruppo si è formato quattro anni fa nella casa di reclusione di Massa e si è via via ampliato. Ora numerosi volontari sono presenti in diverse realtà - Milano-Bollate, Saluzzo (Cn), Pontedecimo (Ge), Massa, Livorno, Roma (Regina Coeli e Rebibbia),

A Roma opera il centro studi e ricerche applicate “La voce del carro” diretto da Mauro Pedone. Dal 2004 il centro collabora con il ministero di Giustizia, realizzando interventi a Regina Coeli e Rebibbia, in collaborazione con le Aree Rieducative e i Sert di riferimento. “Le tecniche proposte e insegnate mirano a favorire il benessere e la consapevolezza – spiega Pedone -. I principali strumenti operativi sono lo shiatsu, lo yoga, la musicoterapia, il massaggio sonoro con le campane tibetane e la meditazione”. In particolare, le campane tibetane vengono usate per favorire il benessere psicofisico attraverso vibrazioni e suoni terapeutici: “Riescono a far rilassare le persone, in questo caso individui reclusi, creando una sorta di oasi di pace sonora in un ambiente segregato, che talvolta si tramuta in un gabbia esistenziale” riferisce Pedone. Inoltre il centro, da febbraio 2011 a giugno 2012, ha realizzato a Rebibbia il progetto “Coscienza Benessere e reclusione - strategie adattative per le persone detenute”, rivolto a soggetti tossicodipendenti, con doppia diagnosi e con patologie psichiatriche di rilievo. “In questo contesto il massaggio sonoro con le campane tibetane ha dato un intenso aiuto nel miglioramento della qualità della vita dei partecipanti”.
Treviso (Istituto Penale per minorenni) - ed è in attivazione in altre strutture, per un totale di 150 i detenuti coinvolti. “Lo scopo del progetto è di aiutare le persone a sviluppare il proprio potenziale umano, senza nessuna volontà di renderle buddiste - spiega Grazia Sacchi, vicepresidente dell’associazione -. Si tratta di offrire ai detenuti strumenti di sviluppo personale e conoscenza di sé. I risultati in questi quattro anni sono stati molto positivi, tanto che molti detenuti una volta scontata la pena hanno continuato un percorso con noi”.

Fonte:  www.affaritaliani.it