“Cimentatevi! Fate anche testi e spettacoli di merda
ma andate il più possibile sul palcoscenico, che dev’essere la vostra palestra”.
Con queste parole l’attore e doppiatore Francesco
Pannofino ha scaldato gli animi dei ragazzi al Busto Arsizio film festival. Un
vero e proprio show il suo! Noto in patria per varie scorribande nell’universo
cinematografico tra cui il prestare la voce a Mr.George Clooney e il ruolo da
protagonista nella serie tv
“Boris”, ha incontrato gli studenti dell’Icma, Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”, nel pomeriggio di mercoledì 2 aprile. A moderare l’incontro, cui ha partecipato anche il giovane attore romano Mattia Zàccaro Garau, ci ha pensato il direttore dell’istituto Andrea W.Castellanza. Pannofino non
“Boris”, ha incontrato gli studenti dell’Icma, Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”, nel pomeriggio di mercoledì 2 aprile. A moderare l’incontro, cui ha partecipato anche il giovane attore romano Mattia Zàccaro Garau, ci ha pensato il direttore dell’istituto Andrea W.Castellanza. Pannofino non
solo è apparso in formissima, ma ha dimostrato di trovare in una
platea di studenti humus perfetto in cui far fermentare la sua vulcanica vèrve.
Pannofino ha stoffa e personalità da vendere, da l’idea di essere a suo agio
davanti a chiunque e quale migliore interlocutore di un gruppo di wanna be
registi e attori in fregola per il mondo del cinema?
Solo forma? Macché. Pannofino ha consigliato i
ragazzi senza lesinare racconti personali di passato e presente, svelando loro
alcuni trucchi ma sempre con “istrionica umiltà”. Umiltà perché non voleva
detenere la verità in tasca; istrionica perché non sarebbe stato Pannofino se
non si fosse divertito a prendere in giro un po’ tutti e se stesso in primis
con simpatico e irriverente spirito invettivo.
L’attore ha presentato l’ultimo film cui ha
partecipato: “Il pretore”, regia di Giulio Base, una vicenda tragicomica giratatra
l’alto milanese e Luino e in cui lo stesso veste i panni di un essere (umano?)
perfido, grottesco, laido e senza scrupolo alcuno. Zàccaro Garau è nel cast e
si è raccontato con gentilezza e serenità mettendosi sullo stesso piano dei
giovani in formazione. Questi ultimi hanno incalzato gli ospiti con domande,
punti di vista in un clima decisamente “da caserma” in cui turpiloquio e
(sanissima) volgarità hanno incorniciato e al contempo sostanziato i concetti
rafforzandoli.
Ecco grosso modo come si è snodato il dialogo con
Pannofino e Zàccaro Garau.
Francesco Pannofino e Mattia Zàccaro Garau con gli studenti |
Pannofino: siamo qui per parlarvi de “Il pretore” ma
anche di molto altro; mi piace incontrare gli studenti, mi diverto sempre, c’è
aria di fermento e voglia di fare, questo è stupendo. Avevamo un budget molto
basso e, nonostante ciò, le locations delle vostre zone ci hanno dato una
grossa mano. Avere posti meravigliosi o comunque piacevoli crea la giusta
atmosfera sia sul set che nel risultato finale. Anche attori mediocri possono
diventare molto bravi grazie al giusto clima dei luoghi mediato dagli autori.
Non ti regala niente nessuno! Non ricordo una sola
esperienza di lavoro nella mia carriera in cui ho ottenuto successo senza
sbattimento. Più si fatica e meglio è, il pubblico detesta l’attore tirchio.
Occorre anche essere dotati di sensibilità e cercare di trasmettere qualcosa:
“Il pretore” ad esempio è un uomo schifoso, pieno di cose negative; alla fine
però il pubblico lo trova simpatico, almeno questa è la mia speranza visto che
lo recito io.
Zàccaro Garau: chi vuole fare l’attore deve sentire
una voce, una spinta interiore; è un mestiere difficile, io poi non so nemmeno
se definirmi attore, ho solo 25 anni e insegno all’università, non è che abbia
poi partecipato a molti film. Però mi sento di dirvi che questa spinta dentro
vi deve fare superare critiche e persone che cercheranno di farvi cambiare
idea. Vi racconto come ho iniziato, senz’altro è curioso: io, romano, studiavo
economia alla Bocconi di Milano; proprio mentre riflettevo che quello non lo
sentivo il mio mondo, stavo in un bar e il regista Luca Guadagnino mi noto
proponendomi direttamente di fare un suo film. Ecco allora che secondo me
bisogna sempre tenersi aperta un finestra al di là della strada “ufficiale” che
si è intrapresa.
Pannofino: Quello che è successo a Mattia è come
“rimanere incinta della spirito santo”; una volta sola succede! Conviene di più
impegnarsi: anche se sei stato chiamato a dire una sola breve battuta, devi
dirla al massimo delle tue possibilità e non fare perdere tempo alla
produzione, che è la cosa più importante perché il tempo è denaro nel cinema.
Un talento prima o poi viene scoperto; non
abbattetevi al primo ostacolo e guardatevi dentro per ascoltare quella voce di
cui parlava Mattia. E’ anche vero che uno dev’essere onesto con se stesso: se i
rifiuti e gli insuccessi sono uno, due, tre, dieci e non si riesce davvero,
allora potrebbe essere utile riciclarsi in un altro ambito dello spettacolo. Vi
faccio un esempio su tutti: Pietro Valsecchi, prima di diventare il produttore
di grande successo di ora, faceva l’attore. Beh credetemi era un cane, lo
prendevamo per il culo nelle cene, non sapeva mettere insieme una frase in modo
credibile. Io glielo dicevo anche che non era cosa per lui e per anni lo persi
di vista. Quando lo rividi, era vestito benissimo, tutto elegante e,
prendendomi per il culo, mi disse da lontano: “Pannofino, ancora l’attore stai
a fare?”. Mannaggia a lui, era diventato il Pietro Valsecchi che conosciamo
tutti dopo avere avuto l’intelligenza di mettersi in gioco in un altro modo.
Non ho frequentato scuole per il doppiaggio, ma
appartengo a un’altra generazione; molti di noi allora non studiarono eppure
diventarono qualcuno. Adesso dovete impegnarvi nelle scuole, sono decisive
anche perché la concorrenza per voi è più alta. Nella scelta guardate sempre
chi sono gli insegnanti, se è qualcuno di conosciuto e titolato; ricordate che
alcuni vogliono solo fottervi i soldi.Era la fine degli anni ’70, di lì a poco
sarebbe partita la tv commerciale di berlusconiana memoria; che ci crediate o
no, i primi soldini li feci con il doppiaggio dei film hard. Ricordo che andavo
il sabato mattina e mi davano 30 mila lire, così nel week end potevo portare
fuori qualche ragazza. I dialoghi erano qualcosa di imbarazzante soprattutto
quando dovevi guardare in faccia la doppiatrice femmina; parole inutili che
preparavano la… Scopata, no? Mica vi devo insegnare niente a voi… L’amplesso
poi prevedeva quello che si chiamava in gergo “la sezione fiati”, che era una
rottura de cojoni pazzesca con tutti quei gridolini e quei godimenti falsi! Per
fortuna poi hanno scelto la presa diretta.
Quando ho cominciato non mi cagava nessuno, ma
quelle sono tra le esperienza più belle della mia vita. Sapete quanti
spettacoli ho fatto nelle scuole? Spettacoli… Oddio, sarebbe meglio dire che io
recitavo e molti studenti se ne andavano a infrattarsi e limonare in fondo all’aula.
Non avete idea di quanti “che palle”!
Io sono per il fatto che il doppiatore si adegui all’originale
del film su cui deve lavorare dando la stessa resa in italiano; non tutti la
pensano così ma questa è la etica professionale.
Il culo non va mai buttato al vento.
Zàccaro Garau: Il culo o ce l’hai o te lo fanno.
Pannofino: Volendo, il culo si può anche dare, ma
questo è un altro discorso.
Zàccaro Garau: come vi dicevo, ho partecipato a “Io
sono l’amore” di Luca Guadagnino. Le difficoltà per me furono enormi: stavo con
un premio Oscar, Tilda Swinton, con Alba Rohrwacher e una serie di grandi
attori. Mi chiedevo tutti i giorni che
cavolo ci facevo io lì in mezzo anche perché ognuno di loro mi dava consigli
diversi. Una tensione del genere non so se la proverò più in vita mia… Eppure,
quando si accendeva la macchina da presa, mi sentivo bene. Ecco, questo vorrei
dirvi: la tecnica è importante ma ancora più importante è trovarsi bene in
quello che si fa, essere a proprio agio. Quando unisci queste due componenti,
allora è la strada giusta e questo vale per qualsiasi tipo di lavoro.
Pannofino: Su “Boris” credo che l’intuizione geniale
degli autori abbia pagato. Era dimostrare che in Italia c’è un livello di
cialtroneria altissima e che lì in mezzo nascono creatività e successo. La cosa
fantastica e nello stesso tempo triste che in tutti gli ambienti di lavoro
funziona così. E’ uno spaccato, una metafora di quello che sono gli italiani.
Mi hanno avvisato che scriveranno la quarta serie.