Se madre natura ha scelto una dimora fissa, allora sicuramente quest’ultimo baluardo di questa natura stanca e provata è l’Amazzonia, con la sua foresta piena di contraddizioni, di meraviglie e di pericoli.
Più di 7 milioni di km²
di foresta pluviale, di verde, acqua, piante
tropicali, di animali
dalla bellezza straordinaria, un paradiso tanto selvaggio quanto
incantato, il più grande polmone verde del mondo abitato da popolazioni
aborigene che sono rimaste assolutamente al di fuori del contesto
“civile”contemporaneo.
Il suo territorio va dal Brasile alla Guinea
(65% del territorio in Brasile, il restante tra Colombia, Perù,
Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese), ma
dovrebbe essere considerato un bene senza confini, un
dono della natura all’essere umano, un privilegio da difendere e
tutelare ad ogni costo. Invece no, la bramosia e la fame di soldi e di
potere ad ogni costo hanno stabilito una nuova regola, hanno deciso che
i doni che la natura ci ha fatto non sono altro che un enorme
supermercato da saccheggiare a oltranza, prendendo ogni genere di cosa
dagli scaffali ricchi e invitanti.
Un errore però
accompagna questa teoria capitalistica e consumista; si pensa infatti
che questo scempio non abbia prezzo, che depredare questa enorme risorsa
sia gratis, ma non è così. Il conto la natura ce lo porgerà, con ben
poca gentilezza, alla fine.
L’Amazzonia sta correndo un rischio enorme
a causa dei trafficanti di droga e del disboscamento feroce. Le
popolazioni indigene stanno in parte tentando di difenderla, più di un
leader, come ricorderete, è stato ucciso, ma è una lotta impari.
Dico in parte si, perché una fetta di
questa gente è purtroppo arruolata a basso costo dagli stessi che
stanno distruggendo la loro casa.
Questa è una strategia tipica delle
dinamiche economiche globali. Le grandi multinazionali, le compagnie di
narcotrafficanti e di bracconieri,sfruttano la povertà locale,
ingaggiano i meno consapevoli e li trasformano in dipendenti o
criminali, o in indifferenti consumatori. Basti pensare come la bibita
più venduta al mondo abbia tra i suoi maggiori consumatori gli stessi a
cui depreda acqua e terreni.
E’ una storia vecchia che si ripete.
Non solo la natura corre un grave rischio, ma come ovvio anche i suoi abitanti e non solo gli animali, gli esseri umani, tutte quelle popolazioni indigene che stanno scappando a causa del disboscamento. Abbandonano i loro territori, come testimoniato dai responsabili del Funai (Fondazione nazionale degli indigeni brasiliani). In questa fuga disperata il rischio di morte si alza
vertiginosamente. Più si avvicinano alle cosiddette zone civilizzate,
più corrono il rischio di contrarre le nostre malattie, per loro
mortali.
Tutto questo sembra così lontano da noi e questa lontananza ci rende apparentemente impotenti, ma non è così. La consapevolezza,
le prese di posizione e il boicottaggio possono boicottare le
compagnie petrolifere, le multinazionali che distruggono i territori,
non solo quello amazzonico, è una forma di lotta e di protesta che avrà i
risultati.
Per sapere come comportarsi, cosa
boicottare, è sufficiente andare in rete e attraverso i maggiori siti
ambientalisti capire meglio cosa sta succedendo.
La cosa importante è non scordare mai che tutto è connesso!
Fonte: www.eticamente.net
Fonte: www.eticamente.net