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Non si parla molto della macellazione dei cavalli e dei cavalli da carne, è vero che è ormai cibo comune, niente di strano sul fatto che anche i cavalli finiscano dentro un piatto, ma a volte sembra che lo dimentichiamo, o meglio, sembra non ci rendiamo conto che quell’animale diventato cibo era prima un cavallo così elegante, selvaggio, indescrivibilmente bello con quel pelo lucido e gli occhi
svegli.
Non si parla molto della macellazione dei cavalli e dei cavalli da carne, è vero che è ormai cibo comune, niente di strano sul fatto che anche i cavalli finiscano dentro un piatto, ma a volte sembra che lo dimentichiamo, o meglio, sembra non ci rendiamo conto che quell’animale diventato cibo era prima un cavallo così elegante, selvaggio, indescrivibilmente bello con quel pelo lucido e gli occhi
Come siamo arrivati a mangiare anche un
essere così nobile non è ben chiaro, ma intanto un’indagine recente e
ancora in corso ci mostra il processo di macellazione del cavallo.
È un percorso infernale che inizia con
la scelta dei cavalli da carne all’interno degli allevamenti situati
solitamente nei paesi dell’est e, caricati su un camion a forza di
percosse, affrontano un viaggio di 24 ore fino all’Italia, ore che
vengono prolungate a seconda della precisa destinazione del carico.
Proprio l’Italia batte ogni record e consuma tanta di quella carne di cavallo da essere incontrastata da tutti gli altri paesi.
Arrivati a destinazione, i cavalli sono
esausti, confusi e disorientati, pieni di ferite, vengono accompagnati
giù dal camion con altre percosse e rinchiusi all’interno della
struttura dove avverrà la macellazione.
I rumori delle macchine, delle voci
degli operatori, degli animali spaventati sono fortissimi, sembra ci sia
in corso una battaglia, rimbombano all’interno della struttura e
spaventano ancor di più gli animali che attendono la morte in fila, uno
dietro l’altro.
Fortunatamente, al contrario del viaggio
affrontato, questa arriva veloce e quasi indolore, provocata da uno
sparo alla testa; ma è troppo grande da sopportare il terrore che appare
negli occhi dei cavalli mentre i loro compagni spariscono uno per uno e
intanto il successivo capisce cosa sta accadendo e capisce pure di
essere il prossimo, fino a quando l’operatore avvicina quella pistola
anche alla sua testa e non c’è più tempo né modo per scappare.
Allora c’è chi disperato non riesce a
star fermo, si abbassa, cerca di nascondere la testa, in preda al panico
sembra voglia chiedere a quegli uomini perché gli stiano facendo tutto
questo.
Infine appesi a testa in giù, ormai
cadaveri, vengono sgozzati e fiumi di sangue scorrono sul pavimento e
quello che possiamo immaginare sono gli odori che invadono quel luogo,
odore di sangue che richiama sofferenza e morte.
Quando abbiamo deciso che nessuna specie
deve essere preservata? Chi ci ha raccontato che ogni essere che non
sia uomo può essere squartato, cucinato e mangiato? Perché non pensiamo
che ogni essere forse possa avere uno scopo oltre alla nostra sazietà e
un posto in questo mondo che non sia il nostro stomaco?
E di certo, anche se a pensarlo sono in
troppi, lo scopo di un cavallo che non viene cucinato non è nemmeno
quello di essere cavalcato, non ne trae piacere o beneficio né possiamo
convincerci del fatto che questo possa aver voglia di tenere una persona
grande e grossa sulle spalle che lo prenda a calci sui fianchi per
spingerlo a camminare e a correre.
Dovremmo scendere giù da quel trono
immaginario che abbiamo creato per noi e che ci tiene al vertice del
mondo, pronti a comandare e a far andare le cose come più ci piace;
dovremmo chiederci se il fatto che per cibarci esiste un’alternativa
alla morte degli animali non sia un segno del fatto che non è necessario
uccidere.
E visitando il sito www.viaggisenzaritorno.it
possiamo vedere il video di questo racconto, un viaggio senza ritorno
che termina con la morte; guardate voi stessi, se siete abbastanza
forti, se no può bastare quanto scritto, e lì accanto una petizione per
appoggiare l’indagine dei nostri coraggiosi attivisti e dimostrargli che
non sono soli.
Fonte: www.eticamente.org
Fonte: www.eticamente.org