Negli ultimi tempi Novara pare
respirare green e cruelty free. Per capire meglio queste due ultime
espressioni, si pensi che con la prima si ragiona in termini di
“verde” allargando il panorama a tutte le scelte etiche e
materiali che abbracciano rispetto per il pianeta e sostenibilità.
Con “cruelty free”, ovvero “senza crudeltà”, si intendono
quelle attitudini che prescindano lo sfruttamento di altre specie per
ottenere un risultato senza appunto coercizione e violenza. La scelta
vegana diviene pertanto non solo alimentare ma rimanda ad uno stile
di vita ben preciso e viene assunta a piene mani dall'associazione
NovaraVeg cui si devono gli eventi che hanno caratterizzato la città
gaudenziana negli ultimi anni. Abbiamo fatto due chiacchiere con la
presidente Sarah Villa in occasione di “Novara vegan expo”,
manifestazione svoltasi nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 al
Salone Borsa in centro città. Diverse espressioni di un minimo comun
denominatore si sono riunite dando vita a un meeting assai
partecipato e che ha soddisfatto in pieni gli organizzatori. Come ci
spiega la stessa Sarah con il valore aggiunto della frequentazione
della facoltà di medicina che la supporta nello stile di vita vegan.
NovaraVeg nasce con lo scopo di
diffondere il più possibile questa condotta di vita; vogliamo far
capire alla gente che non siamo alieni e invitiamo chiunque a
frequentarci per condividere, se si ha voglia, le nostre mosse senza
che siano obbligati ad assumerli in modo integrale nella vita
quotidiana. Facciamo cene vegane ed eventi; ci apriamo a una città
difficile come Novara dove ci sono poche manifestazioni e le persone
sono abitudinarie; ci piace pensare di animare una città grande con
una mentalità piccola.
L'ente ha organizzato nel 2013 un
festival interamente vegano in piazza Puccini che ha ottenuto buoni
riscontri di interesse. Per passare all'edizione 2014 di ben tre
giorni e all'attuale manifestazione in Sala Borsa.
Ogni occasione per dare segnali alla
gente è ben accetta; in quest'occasione abbiamo espositori di
diversa estrazione secondo una scelta pensata per offrire il più
vasto campionario di opportunità conoscitive ai visitatori. Quindi
sì alimenti ma anche wellness, salute, cucina e attivismo critico.
Abbiamo anche la collaborazione con il giornale novarese indipendente
“La nuova primavera”, un free press presente all'entrata che ha
il coraggio di uscire in cartaceo in periodi non facili per
l'editoria. Infine sono presenti due ristoranti che operano a Novara
con cucina vegana.
Quello che mi colpisce maggiormente è
il pregiudizio duro a morire contro il veganismo da parte di alcune
persone anche colte e che hanno la mia stima. A cosa di deve ciò e
perché dà tanto fastidio il vegano?
E' un fatto molto italiano. Da noi si
fa fatica a cambiare, non sai quante volte ho sentito la frase
“abbiamo sempre fatto così”, che poi è la mentalità del
piccolo paesello. Credo che oggi il veganismo sia adottabile anche
solo per un discorso di salute e, facendo medicina, me ne sono
convinta in modo definitivo, pur essendo vegan da quando ho 16 anni.
La tv non fa che lanciare messaggi sbagliati che vanno contro la
salubrità delle persone; ti vende uno stile di vita rassicurante
creando una mentalità unica che fa tornare i conti dei grandi gruppi
di potere. Le istituzioni dovrebbe essere le prime a farci capire che
siamo quello che mangiamo, questo avviene solo in parte. Cosa dà
fastidio di noi? Il fatto almeno per ora di andare controcorrente, di
predicare qualcosa di nuovo, forse di rivoluzionario ma che siamo
certi un domani sarà prassi comune. Facendo una critica alla
categoria, ti dico che a volte è colpa di alcuni vegani che si
autoghettizzano. Certi poi per carattere si mettono sulla difensiva,
ma è un atteggiamento sbagliato perché si fa del male alla causa.
Ci sono quelli che non accettano i compromessi, adesso non è il
momento di estremismi; il mondo si basa sul commercio e in
quest'ottica dobbiamo ragionare anche noi. Siamo nati nell'era in cui
l'animale morto è già confezionato; ai bambini perché non fate
vedere tutto il ciclo con cui viene tolta la vita a un essere umano
tramite la macellazione? In associazione abbiamo un infermiere, una
dietologa e persone che si documentano molto; prendiamo molto sul
serio questo percorso.
Tornando al fatto che diventerai
dottoressa, mi confermi che, almeno a quanto ho sentito, attualmente
in Italia nel percorso accademico di medicina non esistono esami
relativi alle scienze dell'alimentazione?
E' verissimo! E anche discutibile visto
che lo stesso protocollo medico rammenta sempre con forza
l'importanza di un corretto stile di alimentazione per prevenire
tutta una serie di malattie. Il paradosso è che si spendono milioni
di euro per la ricerca che si potrebbero risparmiare almeno in parte
con la prevenzione. Pensa che in Inghilterra le assicurazioni mediche
per i vegani sono scontate; evidentemente lì siamo in numero
maggiore. Le malattie legate alle proteine animali sono tutte
occidentali; oggi in posti come la Cina sono in aumento le patologie
cardio-vascolari per un rinnovato consumo di carne animale. E
ricordiamoci che i nostri anziani sono giunti a 90 anni mangiando la
carne solo una volta settimana o nelle feste mentre adesso molti lo
fanno ogni giorno.
Mi interessa dunque dirimere questo
paradosso, come lo chiamavi tu: da un lato si afferma a ogni piè
sospinto la pertinenza della buona alimentazione, dall'altro non si
formano i futuri medici con la giusta mentalità e forse nemmeno con
le dovute competenze. Come ti comporterai dunque tu da medico?
L'università italiana ti dà
pochissimo; sto vedendo che, se voglio crescere davvero, il resto
devo prendermelo da sola. Il Sistema sanitario nazionale vuole che le
persone stiano bene in modo da risparmiare ma poi non fa tutto il
necessario perché questo avvenga. Non so che tipo di medico sarò, è
presto per dirlo; per ora constato con un po' di tristezza queste
contraddizioni.
Ovviamente la ricerca del business a
tutti i costi da parte di alti organismi decisionali la fa da padrone
nelle scelte che tutto il sistema e quindi l'università compiono...
E' evidente. Non mi avventuro in
discorsi che ci porterebbero molto lontano ma pensa a un caso di
stretta cronaca come l'ebola. Il primo bianco che si ammala comporta
l'arrivo di un vaccino dopo due giorni; dunque la paura che incutono
spaventandoci e la richiesta dai vari Stati europei dei vaccini a
dispetto di un numero di casi di contagio davvero basso.
Non mi hai ancora fatto cenno nello
specifico del versante etico del vegan: la tutela degli animali. Come
si pone la vostra associazione al riguardo?
Mi sono confrontata con i miei
professori all'università e non ho raccolto granché in fatto di
sperimentazione animale. La mia opinione è che i test non siano mai
giusti: non c'è scienza senza etica. Guarda, non mi interessa
nemmeno se quegli esperimenti funzionano e possono essere utili, non
sono giusti e basta! L'uomo, non ci vuole un genio a capirlo, non è
simile a un topo o a un criceto; anche un 5% di differenza fra due
specie viventi, per quanto piccolo rispetto al 95 di uguaglianza,
contiene tracce del patrimonio genetico. Dunque la sperimentazione
non può essere difesa da un punto di vista scientifico, senza
contare che è un bruttura da quello morale.
E cosa rispondi a chi ti dice: allora
quando ti ammali rinuncia a prendere dei medicinali che magari sono
stati testati sugli animali. Tieniti il dolore e la malattia.
Rispondo che: 1) tante malattie possono
essere prevenute con uno stile di vita sano. 2) mi vogliono
convincere del fatto che nel 2015 non sono a disposizione tecnologie
che possono senza la sperimentazione animale arrivare agli stessi
risultati? Non ci credo, è impossibile! Le alternative ci sono già:
pensa ad “I care”, un laboratorio indipendente che non viene
finanziato dallo Stato ma fa ricerca scientifica. Lo Stato invece
finanzia la vivisezione oppure la terapia genica per cui si spendono
miliardi di euro a fronte della sua completa inutilità.
Nel concreto i Governi cosa potrebbero
fare per arginare multinazionali e pubblicità e contribuire
veramente alla salute delle persone?
Con campagne massicce diffondendo la
corretta mentalità di azione, che poi è una sola: voletevi bene! In
Danimarca hanno messo la tassa sui dolci perché hanno capito che
mangiare bene è utile alla collettività proprio da un punto di
vista economico. Noi italiani che rispetto ad altri abbiamo il
chilometro zero dovremmo insegnare come si vive bene, invece non
accade. Il consumatore ha un potere enorme e, se le cose vanno come
devono andare, le multinazionali si accorgeranno dell'inversione di
tendenza. Le piccole macellerie chiudono tutte, i ristoranti e le
rosticcerie vegane stanno avanzando sempre più, i negozi bio
proliferano, il chilometro zero anche. Tocca a noi vegani per primi
“venderci” bene, il resto verrà di conseguenza.