Un milione e mezzo di italiani è
malato di gioco, il 3% della popolazione.
Questi nudi dati rendono con buona approssimazione l'idea di una delle piaghe della moderna società, ovvero la
ludopatia. Con questo termine si intende il gioco d'azzardo
compulsivo, cui il soggetto non riesce a sottrarsi nemmeno quando
perde cospicue somme di denaro. Per questi motivi va considerata alla
stregua di
alcolismo, tossicodipendenza e di qualsivoglia attività
che diventi la conditio sine qua non dell'esistenza di chi ne è
affetto. Il gioco si è negli ultimi anni affrancato dalle patinate
sale dei casinò per dilagare in bar ed esercizi commerciali di vario
genere e diventare appannaggio di chiunque lo desideri. Lo Stato
mantiene il monopolio di molte tipologie di gioco ed non è difficile
immaginare l'indotto che convogliato nell'erario pubblico grazie ai soldi
puntati soprattutto dai ludopatici. Come spesso accade, impera
un ipocrita dettame legislativo per cui è illegale giocare nei
luoghi pubblici e privati, ma è possibile in bar e tabaccherie. Si
può giocare ovunque, in vari momenti del giorno e si può puntare
anche solo un euro; lotto e macchinette si mostrano in tutta la loro
invadenza e da qualche tempo concedono la possibilità anche di
giocare on line grazie a miriadi di siti web e canali televisivi alla
luce del sole e dalla presenza formalizzata (vedi Winga tv, canale 63
del digitale terrestre).
Le cause principali del successo di
questa patologia sono da ricercare in vari ambiti:
- la disgregazione della società: quando le agenzie educative, i comparti di base (famiglia, scuola, comunità locali, ecc.) e i valori appaiono frantumati, non si esercita più quel controllo sociale che nelle generazioni precedenti consentiva di calmierare ansie e cattive inclinazioni individuali e gruppali.
- la crisi econonomica: la latitanza dei posti di lavoro, l'erosione quotidiana dei conti in banca, la diminuzione del potere d'acquisto alimenta la speranza magica di diventare ricchi puntando poco.
- la tollerabilità sociale del fenomeno: un ludopatico non suscita indignazione; un tossicodipendente o un alcolista vengono stigmatizzati o talvolta ghettizzati, lui è socialmente accettato, il che lo induce a perpetuare.
- la sfida alla fortuna: perfino per un non giocatore vi è il fascino del tentare il fato con l'illusione che senza sforzo alcuno si possa vincere e dare uno scossone importante alla propria vita.
- la facilità di giocare: tutti i moderni giochi sono trappole studiate nei minimi particolari per essere fruite con estrema semplicità; spesso devi solo sapere come pigiare a ripetizione un pulsante.
Il
fenomeno è non solo allarmante, ma in costante crescita tanto che
anche i servizi sociali e la normativa stanno approntando delle
misure cautelative per arginarlo e per curare i suoi accoliti.
E'già
di una decina di anni fa la nascita dei primi psichiatri specializzati
nel recupero dei gamblers (il termine inglese che indica «giocatore»),
dei gruppi di auto-aiuto, della formalizzazione delle terapie
relazionali e farmacologiche.
E
risale al mese di giugno del corrente anno la nascita nel Ministero della salute di un osservatorio ad hoc e i giocatori riceveranno
diagnosi e riabilitazione senza spese. In tal senso la ludopatia
viene certificata nei livelli essenziali di assistenza e relegata
nella gestione ai presidi regionali in collaborazione con i Dsm
(dipartimenti di salute mentale) e con i SerT (servizi che curano le
dipendenze). E si è avanzata anche la proposta di una legge quadro
che disciplini a livello nazionale un trend che sta generando un
mastodontico costo sociale (alcuni gamblers dilapidano l'intero
patrimonio diventando così indigenti da mantenere).
Ma
il costo sociale non deve attenere solo l'aspetto economico; occorre
valutare anche il costo morale di calamitare verso la patologia
talvolta conclamata individui che senza quella selvaggia
liberalizzazione di cui si è macchiato lo Stato italiano forse il
gioco d'azzardo non l'avrebbero nemmeno incrociato. Producendo quel
paese dei balocchi in cui oggi bar, ricevitorie e centri scommesse si
sono tramutati, non si è fatto che sedurre, promettere senza
mantenere, rovinare interi nuclei famigliari e distruggere
psicologicamente talune persone.
Avevamo
proprio bisogno di tutto ciò? Già altri problemi non stavano
attanagliando questa Nazione? Evidentemente la sistematica caccia al
profitto dilania la cupidigia di chi ci comanda fino al calpestamento
di valori, cose e persone.
Effetto
deteriore di certo slancio dettato dall'esasperazione del
capitalismo, la ludopatia diviene così un nodo annoso creato
artificialmente.
Per
cui oggi dobbiamo curare e sostenere non qualcosa che ci è caduto
sulla testa, ma qualcosa che ci siamo creati da soli.