1408
Regia: Mikeal Hafstrom
Anno: 2007
Durata: 99'
Genere: Thriller / Horror
Voto: 7
Trama
Mike Enslin (John Cusack) è uno
scrittore non troppo popolare il cui matrimonio con la ex moglie Lily
(Mary McCormack) è andato in pezzi a causa della morte per cancro
della figlioletta. Per l'ultimo lavoro che deve scrivere decide di
affrontare nel Dolphin hotel di New York una notte nella stanza 1048;
lì troverà la giusta ispirazione. Si narra infatti che quel luogo
sia maledetto, vi si sono registrati ben 56 decessi di morte violenta
e infatti il direttore Gerald Olin (Samuel L.Jackson) fa di tutto per
dissuaderlo senza riuscirci. Mike trascorrerà un'esperienza che
lascerà un segno per il resto della sua vita.
Recensione
I preconcetti non consentono una
visione delle cose complessiva sia nella vita di tutti i giorni,
figuriamoci nel cinema. Da tempo immemore anche i sassi sanno che
molte, non tutte ma molte trasposizioni cinematografiche di opere di
Stephen King appaiono lavori trascurabili e scialbi. Con i dovuti
casi, un fondo di verità alberga in questo concetto: spesso le regie
vennero affidate a cineasti o di primo pelo o che non comprendevano
l'ossessione di questo scrittore a delineare la psicologia dei suoi
personaggi. Per fortuna non è questo il caso di 1408, il cui regista
Mikeal Hafstrom, svedese, ha saputo cucire intorno al protagonista
una sceneggiatura e una scenografia di tale efficacia da calarlo perfettamente nel dramma horrorifico in cui viene catapultato.
Un bravo John Cusack veste i panni di un romanziere scettico e nichilista; non crede più in niente dopo l'inopinata morte della figlia, è un solitario che si interessa di fenomeni paranormali ma con l'assunto che si tratta di suggestioni degne di uomini deboli. Incoccia nel suo percorso un'editore compiacente che accoglie la sua richiesta di entrare nella stanza e un direttore di uno sfarzoso albergo (giocato da un mefistofelico Jackson) che si pone come ostacolo. Già nei preamboli il film lascia un segno, con un ritmo che si prende i suoi tempi ma che seduce lo spettatore e lo cala nel male che sta per verificarsi. La stanza si trasforma ben presto in un vero e proprio inferno: visioni di clienti che hanno perso lì la vita, incidenti, fenomeni inspiegabili e terrificanti, addirittura un fantasma della figlia che fluttua. Non vi è via di uscita, Mike le pensa tutte ma rimane bloccato nella famigerata stanza senza possibilità di apparente salvezza. Chi guarda viene calamitato nella tensione che taglia l'aria ed ha l'impressione per buona parte delle scene di essere lui stesso prigioniero nella stanza. Hafstrom ha l'ulteriore merito di non ricorrere a momenti sanguinolenti e splatter, ma spinge l'acceleratore tutto sul versante psicologico donando istanti di buonissimo cinema.
una sceneggiatura e una scenografia di tale efficacia da calarlo perfettamente nel dramma horrorifico in cui viene catapultato.
Un bravo John Cusack veste i panni di un romanziere scettico e nichilista; non crede più in niente dopo l'inopinata morte della figlia, è un solitario che si interessa di fenomeni paranormali ma con l'assunto che si tratta di suggestioni degne di uomini deboli. Incoccia nel suo percorso un'editore compiacente che accoglie la sua richiesta di entrare nella stanza e un direttore di uno sfarzoso albergo (giocato da un mefistofelico Jackson) che si pone come ostacolo. Già nei preamboli il film lascia un segno, con un ritmo che si prende i suoi tempi ma che seduce lo spettatore e lo cala nel male che sta per verificarsi. La stanza si trasforma ben presto in un vero e proprio inferno: visioni di clienti che hanno perso lì la vita, incidenti, fenomeni inspiegabili e terrificanti, addirittura un fantasma della figlia che fluttua. Non vi è via di uscita, Mike le pensa tutte ma rimane bloccato nella famigerata stanza senza possibilità di apparente salvezza. Chi guarda viene calamitato nella tensione che taglia l'aria ed ha l'impressione per buona parte delle scene di essere lui stesso prigioniero nella stanza. Hafstrom ha l'ulteriore merito di non ricorrere a momenti sanguinolenti e splatter, ma spinge l'acceleratore tutto sul versante psicologico donando istanti di buonissimo cinema.
Hafstrom non è tra l'altro il primo
arrivato; il film che lo consacrò al pubblico di tutta Europa,
Evil-il ribelle (2003) spumeggia ancora oggi grazie a una vicenda
dotata di un registro drammatico assai marcato. Un lavoro di
grandezza assoluta a cui poi i buoni Derailed, Shangai e Il rito
hanno completato la sua carriera.
Interessante anche, in termini più
generali, il fatto che il film metaforizzi il senso di colpa di Mike
verso la figlia. Questo evento massicciamente traumatico che ha
segnato in modo indelebile i suoi giorni lo perseguita al punto tale
da trasmigrare da ossessione mentale alle quattro mura della 1048.
Allargando ulteriormente il discorso, l'opera potrebbe rappresentare
la castrazione cui mediamente ogni persona è sottoposta a causa
delle sue paure, dei traumi occorse nella vita. Quasi a sostenere che
il meccanismo psicologico della rimozione, per quanto comprovato e
operante, non redime del tutto ciascuno di noi da fragilità,
frantumazioni interiori.
Da considerare anche il continuo
ricorso qui al numero 13, notoriamente inviso ai superstiziosi. La
somma di “1048” dà appunto 13, così come l'apertura dell'hotel
risale al 1912, o le lettere del nome e cognome di Mike Enslin. Ma
sono diversi gli indizi che lo spettatore può curiosamente seguire
in tal senso e d'altronde la cinematografia non è nuova a cose del
genere; nello stesso 2007 Joel Schumacher diresse "Number 23" dove la
numerologia assumeva ancora maggiore importanza.