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domenica 16 settembre 2012

L'ESTATE DI GIACOMO

L'ESTATE DI GIACOMO 
Anno: 2011
Durata: 78'
Genere: drammatico, esistenziale

Voto: 7,5

Trama:
Due ragazzi condividono il passaggio fra l'adolescenza e l'età adulta in un'estate calda e indimenticabile sulle rive del fiume Tagliamento. Giacomo (Giacomo Zulian), 18 anni, è sordo-muto e si trova nella delicata fase di un intervento chirurgico che gli donerà la capacità di ascoltare pienamente il mondo. Stefania (Stefania Comodin), 16 anni, gli fa compagnia fra bagni al fiume, musica e vita mondana.

Recensione:
Quest'opera prima di Alessandro Comodin adempie, a dispetto della sua apparente non ambizione, ad una delle mission più elevate del cinema: generalizzare il particolare e far rendere universale un fenomeno, dei sentimenti, un punto di vista.
Il netto approccio documentale scelto non pone il regista nell'ingorgo del film sulla disabilità, ma gli consente di
cogliere l'essenziale con una delicatezza che stupisce e incanta. Il protagonista (nella realtà il figlio del suo migliore amico) non viene colto negli aspetti deteriori dell'ipoacusia, non si romanzano i limiti che la natura gli ha inferto. Ma fà quello che un coetaneo residente in una bucolica provincia farebbe d'estate coltivando un rapporto amicale: piacevoli bagni rinfrescanti, usare il cellulare, sentire musica tramite il computer, andare ai baracconi. Con la differenza che l'amicizia originata con Stefania (nella realtà la sorella del regista friulano) è speciale poiché fondata su presupposti speciali.
La macchina da presa di Comodin perlustra questo legame con decisione e curiosità, ma senza arroganza; si muove sinuosa e traballante come certo cinema europeo insegna per rendere un clima che non può non far pensare certi maestri della nouvelle vague. Ma sa rispettare alcuni momenti di stasi disponendosi dietro alle teste dei ragazzi o addirittura fuori da un stanza.
Si consuma nell'arco di un estate l'educazione sentimentale di due giovani senza che si soddisfino inutili appetiti pruriginosi, che si faccia ricorso all'alienazione metropolitana della periferia, che tanto meno si stereotipizzi l'adolescenza indolente dell'italiano medio-borghese. Pura realtà per “L'estate di Giacomo”, in cui Comodin, con quei piani sequenza così ben concepiti, rende i silenzi carichi di parole, centellina i dialoghi, fà dire parolacce al suo protagonista, non si fa spaventare dagli interi minuti in cui di primo acchito non accade nulla di particolare.
Per Giacomo e Stefania il comune passaggio da una fase all'altra dell'esistenza (che per il primo va in parallelo con il passaggio verso la sanità dei suoi padiglioni auricolari) diviene sì dolce, intenso, divertente, ma anche amaro. Diventare grandi è inevitabile e costituisce desiderio fisiologico, ma comporta l'abbandono di un tempo (ormai perduto anche per loro due) in cui disimpegno e istinto dettavano il movimento della vita.
E'una pellicola di sorprendente semplicità ma scaltra (sia detto in senso buono) e di altrettanto sorprendente spessore. E allora inevitabilmente ci si sente vicini a queste dinamiche, poiché a tutti il ricordo dell'adolescenza solletica delle corde che inducono un sorriso affettuoso verso sé stessi. Ma soprattutto perchè tutti, come Giacomo e Stefania, hanno provato sulla pelle i pregi e i difetti che i cambiamenti si portano appresso.
E i due attori se la giocano con naturalezza incantevole tra sguardi, carezze pulite e giochi da bambini che si esplorano con sensualità ma senza malizia.
Si può avanzare un unico dubbio: il finale avrebbe potuto essere diverso e non così programmatico, andando a sporcare l'approccio valido per tutto il film che impone di non indicare allo spettatore la strada per interpretare.
“L'estate di Giacomo”, uscito nel 2011 ma nelle sale italiane (poche purtroppo nel luglio 2012), ha fatto incetta di premi in svariati festival; si è aggiudicato il Pardo d'oro al Locarno film festival.
Comodin, classe 1982, si impone come pulsante speranza per il cinema di questo Paese; gli si augura che i mezzi a disposizione siano all'altezza di una concezione artistica tanto sopraffina come quella dimostrata in questo caso.