Gli affezionati alla discoteca «Due»
di Cigliano (Vc) non possono dimenticare il momento «Scaldacasse»;
e di speakers dj Icaro ne ha incendiati parecchi in quell'avventura
anni orsono, esperienza che lo ha consolidato performer dietro alla
consolle apprezzato a tal punto da conseguire il ruolo di resident
per gli eventi Insound. Regolarmente impegnato, questo volta in scena
quando le casse sono già belle calde,
allo Spazio A4 di Santhià
(Vc) e allo Chalet a Torino, Christian (questo il suo nome di
battesimo) in tutti gli eventi disciplina il dancefloor talvolta a
suon di violente sberle raw, tal'altra con tappeti atmosferici più
suadenti. Che utilizzi la vasellina o meno, Icaro, rifacendosi al
personaggio mitologico da cui mutua il nome, rapito dall'ebbrezza del
volo, si libra in aria sulle ali dell'hardstyle. Ma, a differenza del
mito greco, le sue ali non sono incollate con la cera; dunque, una
volta protesosi verso il sole, non cade in mare e rimane ben saldo
dietro la sua consolle a far danzare la gente.
Presentati ai lettori
del mio blog e traccia un riassunto della tua carriera dagli albori
ai giorni nostri.
Ho
iniziato nel 2002 al «Parhasar»
come semplice pr, uno dei tanti; a furia di insistere con
l'organizzazione di questo locale, ho avuto la possibilità di
suonare un paio di volte nella «red room», la sala hard. Dopo
qualche esperienza anche negli eventi estivi, mi sono tuffato nel
mondo Insound al «Due» di Cigliano con la nascita definitiva di
Icaro; ringrazio ancora oggi Marco Demolition che mi ha scoperto e
insieme a Garby ho formato un duo che per 4/5 anni ha fatto il mitico
«scaldacasse», che è ancora ricordato adesso e che testava ben
bene l'impianto dalle 11.30 all'1.30. Che ricordi stupendi! Già a
quell'ora la gente era presa bene e ballava di brutto. Adesso suono
in orario più centrale e, dopo 11 anni di gavetta, posso dire oggi di
essermi creato il mio spazio e miei fans.
Suoni
ogni mese nelle serate sia torinesi che a Santhià. Non c'è il
rischio dopo un certo periodo di tempo di stancarsi di nottate pur
meravigliose ma simili fra loro?
Personalmente
no; cerco di sempre di variare i miei set, posso mettere un paio di
tracce più «hit», più conosciute, ma su 10-15 pezzi l'80% è
sempre diverso e la gente non si stufa. Essendo un genere di nicchia,
lo si ama follemente, è difficile arrivare alla noia, c'è troppa
passione di fondo.
Tempo
fa allo Spazio A4 ti sentii fare un avvincente set hardstyle
piuttosto melodico . Come si riesce a far correlare i propri gusti
con le canzoni che il pubblico presumibilmente vorrebbe sentire?
Le
prime regole per me sono passione e cercare di inserire qualcosa di
mio in ogni set; ogni sera è comunque un compromesso fra le due
cose, fermo restando la mia impronta personale che deve affermare
sempre quello che sono.
Uno
dei vocalist di Insound, Darko MC, mi disse che il pubblico torinese
è più moderato e sobrio rispetto a quello di Santhià, che invece
vive il club con un approccio più aggressivo e wild. Sei d'accordo?
E se sì, come ti motivi questa differenza?
Esiste
eccome. Allo Chalet, anche se si tratta di musica di nicchia, viene
tutta la gioventù del torinese tra cui gente che ascolta magari
anche house e commerciale; il grande evento con grandi nomi lo
richiama. Conta che da un paio d'anni è la serata più grossa che si
organizza fra Torino e hinterland e infatti il numero di partecipanti
è sempre altissimo. Allo Spazio i ragazzi hanno sete assoluta di
suoni hard, il pubblico è più specifico e ha una gran voglia di
ballare.
E'
innegabile che Insound abbia il ruolo di leadership per quanto
riguarda i suoni hard almeno nel nord Italia, se non di più quanto a
confini. Dimmi tre caratteristiche che vi consentono questa posizione
dominante.
Come
staff siamo distribuiti in tutto il Piemonte tra Vercelli, Novara,
Torino, Cuneo, Alessandria e così riusciamo ad attirare clientela un
po' dappertutto. Poi siamo conosciuti sul mercato da anni, il che ci
fa avere una storia e un rispetto a priori nel nord Italia. E infine
la nostra ambizione di fare grandi eventi con effetti laser e fumo
sullo stile di un party olandese ci ha ripagato molto.
Come
è cambiato il tuo approccio alla musica dall'inizio, quando eri più
pischello e solo fan, ad ora che ti esprimi in consolle davanti a
tante persone? Non succede che, sentendo una canzone per la prima
volta, quasi senza rendertene conto pensi già a come e dove dovrebbe
suonata?
Non
ti nego che, rispetto a qualche anno fa, viene naturale pensare se
quel pezzo possa piacere alla clientela; ma prima di tutto deve
esaltare me e, a furia di presentarlo nel modo giusto e con la
costanza giusta, spesso poi se ne innamorano anche i ragazzi. Bisogna
spingere, pubblicizzare la musica in cui si crede, prima o poi entra
in testa a sempre più persone; se non fosse così, quale sarebbe la
differenza fra semplice ascoltatore e dj?
Fammi
cinque nomi di artisti hardstyle internazionali e italiani che ti
fanno impazzire e, visto che non sempre è possibile essere buoni,
fammene altrettanti che detesti o non stimi.
Bella
domanda! Facciamo che te ne dico qualcuno che stimo e gli altri non
li nomino, anche se ci sono eccome. A livello italiano sicuramente
Zatox, numero uno da diversi anni; come stranieri mi piacciono
moltissimo Coone, Da tweekaz e molti altri. Ti dirò che non ho djs
preferiti, non sono uno di quelli che sbavano per ogni produzione che
butta fuori il suo big del cuore; vado più a singola canzone,
melodica o raw non importa. Voglio citare anche Atom, che è
nell'etichetta di Zatox e sta facendo grandissime cose. Ci sono poi
due/tre djs italiani che proprio non mi piacciono; non stanno più
producendo e ciò che fanno oggi non lo trovo adatto a questo periodo
storico.
Che
cosa a tuo parere un dj non dovrebbe mai fare in consolle? Quali
comportamenti, scelte o attitudini potrebbero mandare a puttane il
suo spettacolo?
La
ripetitività: conosco djs che mettono sempre le stesse tracce; la
gente poi non solo si stufa, ma ti conosce solo per quelle. Io invece
voglio essere conosciuto per lo stile che faccio, non per le canzoni.
Come attitudine non deve tirarsela e saper curare il buon rapporto
con la clientela; con i ragazzi devi porti in un certo modo, avere i
piedi per terra. Questa per me è una regola, ma non mi sforzo troppo
perché di carattere sono amichevole.
Una
persona come te, che vive la notte e il club in modo così preciso,
con una netta scelta legata agli hard sounds, come si sente e come
si approccia agli altri quando viene «trascinato» in contesti
diversi? Che possono essere locali con musica diversa, normali serate
in luoghi in cui non si balla, ecc.
Dal
2002 per diversi anni sono stato in discoteca quasi tutti i sabati;
ora come ora vario molto di più e, se un sabato esco per un pizza,
un cinema o un pub, sono contento perché non corro il rischio di
divertirmi in modo ripetitivo. In questi casi mi trovo perfettamente
a mio agio, non sento la mancanza dell'hardstyle; anzi mi
stresserebbe se passassi come quando ero più giovane tutte le sere
in quel contesto.
Insound
dove può arrivare? Visto che praticamente avete portato in Italia il
massimo mondiale dei suoni duri, che cosa si prefigge il gruppo per
il futuro? Intendo un futuro di qualche anno.
Progetti
prestabiliti non ne abbiamo; l'idea è quella di continuare così
crescendo e sperando in qualcosa di più grosso a livello estero, di
palazzetti, stadi, magazzini con il solito approccio dello stile
nordeuropeo. Come locali di riferimento terremo però ancora di certo
lo Spazio A4 e lo Chalet.
Faccio
l'avvocato del diavolo: alcuni vedono l'hardstyle e l'hardcore come
generi dai beats e dai ritmi tutti uguali e monotoni. Che cosa
dovrebbe fare un producer per uscire dal gregge e imporre uno stile
personale?
Sono
onesto: su tante tracce quel discorso è vero, hanno gli stessi suoni
e si somigliano. Però ci sono grandi djs che inseriscono qualcosa di
innovativo e fanno evolvere il genere in un periodo di monotonia in
cui la maggior parte dei pezzi va in un'unica direzione. Nel
concreto? Beh ognuno di questi big lo fa a seconda dell'istinto: una
sonorità, una frase, un concetto, un tempo più basso o veloce.
A
fine intervista i sogni sono più che leciti: con quale artista/dj
vorresti tanto dividere il palco ma ancora non ci sei riuscito?
Certo
ce ne sarebbero tanti, ma a parer mio la cosa migliore è suonare da
solo e sentirsi al centro della serata mentre tutti ballano la tua
musica. E' meraviglioso condividere cuffie e mixer con un artista che
magari anni prima eri andato a vedere suonare facendoti centinaia di
chilometri. Ma la sensazione di respirare il calore di centinaia di
persone mentre sei tu a farli divertire è inarrivabile.