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venerdì 19 aprile 2013

INTERVISTA A FEDERICO BRUGIA, REGISTA

Federico Brugia. Regista di videoclip e spot pubblicitari, due libri pubblicati, un film da regista nel 2012 e un temperamento artistico che emerge dopo pochi secondi di conversazione. Ah già, è anche il marito di Malika Ayane, il che per questo blog diventa mero elemento documentale per discorrere con lui del suo film «Tutti i rumori del mare». Girato in Ungheria, tratta di X, un personaggio di cui non viene mai svelato il nome di battesimo, che lavora nell'ombra per un'organizzazione che commercia giovani donne cresciute negli orfanotrofi dell'est. La prostituzione però non si configura come il main theme dell'opera, semmai un ponte per indagare il registro umano di X e dei personaggi collaterali. Genere di riferimento: noir, drammatico, psicologico in un rigore
formale fotografato da luce naturale che per ora è stato abbracciato da buone critiche e da virtuoso movimento in varie parti d'Italia. Abbiamo scambiato due chiacchiere giovedì 18 aprile con Federico durante il BA film festival, in cui «Tutti i rumori del mare» è in concorso.
Delineami le coordinate del tuo film in concorso e in proiezione stasera.
E' un piccolo film che ha avuto piccola produzione e piccola distribuzione e  ha il grande pregio di esistere. Nella situazione in cui si trova oggi il nostro cinema è già un risultato essere usciti fuori dalla scatola della pellicola. E' datato settembre 2012 e l'ho accompagnato per tutto l'inverno in club, cineforum, festival; oggi siamo qua con orgoglio in questo bellissimo festival ben organizzato e pensato. Il film è introspettivo, parte da una struttura noir classicamente francese anni '60 e volge al versante psicologico. Narra di una persona che ha deciso di non esistere più per la paura di vivere e provare emozioni, di sporcarsi con la vita; ha cancellato il suo passato, non risulta negli archivi e lavora come trasportatore dall'Ungheria all'Italia per lo più di donne. Ma un giorno carica la ragazza sbagliata e dovrà prendere una decisione che gli procurerà scombussolamenti emotivi. Dovrà tornare alle emozioni o potrà rimanere come un fantasma? Le emozioni tornano come profumi, è difficile ucciderle del tutto.
Come potrebbe il cinema di genere in Italia ritornare, non dico a furoreggiare, ma ad essere rivalutato?
Io non credo alle etichette: esiste cinema bello e cinema brutto. Il regista deve partire da uno schema condivisibile con il pubblico, nelle cui regole ci si ritrova. E' importante lavorare su strutture già consolidate, poi ciascuno fa il suo percorso e le reinterpreta; ma se non catturi la gente, puoi realizzare il film tecnicamente più eccezionale, ma rimani freddo e distante. Un critico mi disse che in «Tutti i rumori del mare» ci sono dei cliché; a me fa piacere, non voglio essere nuovo a tutti i costi.
Pubblico che però oggi per la maggior parte è stato disabituato al cinema autoriale... Come è possibile catturarlo quando magari un film è distribuito in neanche dieci sale in tutta Italia?
Il punto non è in quante copie sei distribuito; ti dico una cosa che evidentemente è una stronzata, ma è tanto per farti capire il mio ragionamento. Nel mio primo week end io ho fatto più di Madagascar; io ero in 6 copie, loro in 200 e in proporzione quindi ho fatto più pubblico io. Usciamo dal numero di copie, che è oltrepassato, conta il pubblico generale che hai avuto, il che non è quantificabile da Siae e box office.
Anche perché oggi ci sono mille modi in cui fruire di un film, non in ultimo il file sharing e il download illegale, no?
Io credo che cinema e musica si siano dati una mazzata sui piedi, hanno fatto il gioco della pirateria mentre la combattevano. Se un film lo mettono dopo due mesi su i-Tunes, su piattaforme varie, in dvd, poi in blu ray e nelle edizioni speciali, in streaming... Perché cavolo dovrei andare al cinema? Costi, organizzazione della mia vita... I-Tunes sì ha combattuto la pirateria, al costo però che nessuno compra più i cd fisici e lo stesso dicasi per il cinema con l'abbassamento dei prezzi dei dvd e gli altri mezzi web. Ma è un cane che si morde la coda. Pensa che sul treno Freccia rossa, comprando un film, lo proiettano durante le tratte.
Il personaggio del tuo film mi fa venire in mente il Titta Di Girolamo de «Le conseguenze dell'amore» di Paolo Sorrentino. Ravvisi delle analogie fra i due?
Molte. Nella realtà sia Titta che X hanno in comune delle caratteristiche di un certo tipo di cinema, nel mio caso mi sono ispirato a «Le samourai» di Jean-Pierre Melville con Alain Delon. La mia storia è meno raccontata e più sospesa; partiamo però da un retroterra che ci unisce, ovvero l'attenzione all'interiorità delle persone, all'umanità, ambito in cui Antonioni insegnò a tutti noi.
Nel noir un regista, per rendere al meglio allo spettatore l'atmosfera nera e cinerea tipica di questi film, deve creare il medesimo clima anche durante le riprese?
Stupenda domanda, non me l'aveva mai fatta nessuno. In parte sì, è giusto creare un po' di tensione e atmosfera «nera» per meglio fare entrare gli attori nel giusto mood; poi siamo tutti grandi e vaccinati e dopo possiamo fare i cazzoni e battutacce, ci mancherebbe. Ricordiamo che Sergio Leone faceva recitare con in sottofondo la musica di Morricone, questo ci deve insegnare qualcosa.
Ti ritieni un regista che studia l'attore e riesce a tirare fuori il meglio dal lui o un regista che con sguardo e comunicazione non verbale comunica di più?
Costruisco intorno all'attore e nell'attore una serie di condizioni molto precise; se devi essere un uomo che vive in un albergo, come nel caso del mio film, si gira in un albergo perché la puzza della moquette ti aiuta a essere più credibile. Poi mi piace usare la luce naturale, il che mi ha fatto ottenere una bella luce nonostante il budget e il tempo ridotti; giravo alle ore giuste e ho studiato a che ora la luce lattiginosa che volevo entrava dalle finestre. Sono convinto che il buon risultato sia derivato anche dal tipo di scomodità che il mio set ha avuto; e comunque prima devo essere sicuro che l'attore abbia assorbito esattamente l'interiorità del personaggio, allora lo lascio libero di comportarsi come vuole.
Nel film fa un cammeo Rocco Siffredi; come siete venuti in contatto?
Io vengo da un quindicina d'anni di regia pubblicitaria; produssi il famoso spot della patatina in cui Rocco recitava. Lui è un vero mito, l'ho trovato di una simpatia enorme, normalissimo; per il film dovevo girare una scena in cui della gente si risvegliava al mattino dopo un'orgia. Volevo il primo piano e provai a contattarlo; accettò e mi fa molto piacere. Poi, a microfono spento, posso anche raccontarti qualcosa in più (ride...)! C'è anche un cammeo di Malika Ayane, che ha scritto una canzone per i titoli di coda, «Grovigli».
Qualche progetto per il futuro?
Due progetti, uno piccolo e uno grande, speriamo vadano in porto entrambi.