Federico Brugia. Regista di videoclip e spot
pubblicitari, due libri pubblicati, un film da regista nel 2012 e un
temperamento artistico che emerge dopo pochi secondi di
conversazione. Ah già, è anche il marito di Malika Ayane, il che
per questo blog diventa mero elemento documentale per discorrere con lui del suo film «Tutti i rumori del mare». Girato in
Ungheria, tratta di X, un personaggio di cui non viene mai svelato il
nome di battesimo, che lavora nell'ombra per un'organizzazione che
commercia giovani donne cresciute negli orfanotrofi dell'est. La
prostituzione però non si configura come il main theme dell'opera,
semmai un ponte per indagare il registro umano di X e dei personaggi
collaterali. Genere di riferimento: noir, drammatico, psicologico in
un rigore
formale fotografato da luce naturale che per ora è stato
abbracciato da buone critiche e da virtuoso movimento in varie parti
d'Italia. Abbiamo scambiato due chiacchiere giovedì 18 aprile con
Federico durante il BA film festival, in cui «Tutti i rumori del
mare» è in concorso.
Delineami le coordinate del tuo film
in concorso e in proiezione stasera.
E' un piccolo film
che ha avuto piccola produzione e piccola distribuzione e ha il
grande pregio di esistere. Nella situazione in cui si trova oggi il
nostro cinema è già un risultato essere usciti fuori dalla scatola
della pellicola. E' datato settembre 2012 e l'ho accompagnato per
tutto l'inverno in club, cineforum, festival; oggi siamo qua con
orgoglio in questo bellissimo festival ben organizzato e pensato. Il
film è introspettivo, parte da una struttura noir classicamente
francese anni '60 e volge al versante psicologico. Narra di una
persona che ha deciso di non esistere più per la paura di vivere e
provare emozioni, di sporcarsi con la vita; ha cancellato il suo
passato, non risulta negli archivi e lavora come trasportatore
dall'Ungheria all'Italia per lo più di donne. Ma un giorno carica la
ragazza sbagliata e dovrà prendere una decisione che gli procurerà
scombussolamenti emotivi. Dovrà tornare alle emozioni o potrà
rimanere come un fantasma? Le emozioni tornano come profumi, è
difficile ucciderle del tutto.
Come potrebbe il cinema di genere in
Italia ritornare, non dico a furoreggiare, ma ad essere rivalutato?
Io non credo alle
etichette: esiste cinema bello e cinema brutto. Il regista deve
partire da uno schema condivisibile con il pubblico, nelle cui regole
ci si ritrova. E' importante lavorare su strutture già consolidate,
poi ciascuno fa il suo percorso e le reinterpreta; ma se non catturi
la gente, puoi realizzare il film tecnicamente più eccezionale, ma
rimani freddo e distante. Un critico mi disse che in «Tutti i rumori
del mare» ci sono dei cliché; a me fa piacere, non voglio essere
nuovo a tutti i costi.
Pubblico che però oggi per la
maggior parte è stato disabituato al cinema autoriale... Come è
possibile catturarlo quando magari un film è distribuito
in neanche dieci sale in tutta Italia?
Il punto non è in
quante copie sei distribuito; ti dico una cosa che evidentemente è una
stronzata, ma è tanto per farti capire il mio ragionamento. Nel mio
primo week end io ho fatto più di Madagascar; io ero in 6 copie,
loro in 200 e in proporzione quindi ho fatto più pubblico io.
Usciamo dal numero di copie, che è oltrepassato, conta il pubblico
generale che hai avuto, il che non è quantificabile da Siae e box
office.
Anche perché oggi ci sono mille
modi in cui fruire di un film, non in ultimo il file sharing e il
download illegale, no?
Io credo che
cinema e musica si siano dati una mazzata sui piedi, hanno fatto il
gioco della pirateria mentre la combattevano. Se un film lo mettono
dopo due mesi su i-Tunes, su piattaforme varie, in dvd, poi in
blu ray e nelle edizioni speciali, in streaming... Perché cavolo dovrei andare al
cinema? Costi, organizzazione della mia vita... I-Tunes sì ha
combattuto la pirateria, al costo però che nessuno compra più i cd
fisici e lo stesso dicasi per il cinema con l'abbassamento dei prezzi
dei dvd e gli altri mezzi web. Ma è un cane che si morde la coda.
Pensa che sul treno Freccia rossa, comprando un film, lo proiettano
durante le tratte.
Il personaggio del tuo film mi fa
venire in mente il Titta Di Girolamo de «Le conseguenze dell'amore» di Paolo Sorrentino. Ravvisi delle analogie fra i due?
Molte. Nella
realtà sia Titta che X hanno in comune delle caratteristiche di un
certo tipo di cinema, nel mio caso mi sono ispirato a «Le samourai»
di Jean-Pierre Melville con Alain Delon. La mia storia è meno
raccontata e più sospesa; partiamo però da un retroterra che ci
unisce, ovvero l'attenzione all'interiorità delle persone,
all'umanità, ambito in cui Antonioni insegnò a tutti noi.
Nel noir un regista, per rendere al
meglio allo spettatore l'atmosfera nera e cinerea tipica di questi
film, deve creare il medesimo clima anche durante le riprese?
Stupenda domanda,
non me l'aveva mai fatta nessuno. In parte sì, è giusto creare un
po' di tensione e atmosfera «nera» per meglio fare entrare gli
attori nel giusto mood; poi siamo tutti grandi e vaccinati e dopo
possiamo fare i cazzoni e battutacce, ci mancherebbe. Ricordiamo che
Sergio Leone faceva recitare con in sottofondo la musica di
Morricone, questo ci deve insegnare qualcosa.
Ti ritieni un regista che studia
l'attore e riesce a tirare fuori il meglio dal lui o un
regista che con sguardo e comunicazione non verbale comunica di più?
Costruisco intorno
all'attore e nell'attore una serie di condizioni molto precise; se
devi essere un uomo che vive in un albergo, come nel caso del mio
film, si gira in un albergo perché la puzza della moquette ti aiuta
a essere più credibile. Poi mi piace usare la luce naturale, il che
mi ha fatto ottenere una bella luce nonostante il budget e il tempo
ridotti; giravo alle ore giuste e ho studiato a che ora la luce
lattiginosa che volevo entrava dalle finestre. Sono convinto che il
buon risultato sia derivato anche dal tipo di scomodità che il mio set ha
avuto; e comunque prima devo essere sicuro che l'attore abbia assorbito
esattamente l'interiorità del personaggio, allora lo lascio libero
di comportarsi come vuole.
Nel film fa un cammeo Rocco Siffredi; come siete venuti in contatto?
Io
vengo da un quindicina d'anni di regia pubblicitaria; produssi il
famoso spot della patatina in cui Rocco recitava. Lui è un vero
mito, l'ho trovato di una simpatia enorme, normalissimo; per il film
dovevo girare una scena in cui della gente si risvegliava al mattino
dopo un'orgia. Volevo il primo piano e
provai a contattarlo; accettò e mi fa molto piacere. Poi, a microfono spento, posso anche raccontarti qualcosa in più (ride...)! C'è anche un
cammeo di Malika Ayane, che ha scritto una canzone per i titoli di
coda, «Grovigli».
Qualche progetto per il futuro?
Due progetti, uno
piccolo e uno grande, speriamo vadano in porto entrambi.