IL PRIMO INCARICO
Regia: Giorgia Cecere
Anno: 2011
Genere: drammatico
Durata: 86'
Voto: 5
Trama:
Nena, giovane di
bella presenza e con un buon livello culturale, vive nella Puglia
degli anni '50; di famiglia piccolo borghese ma non ricca, condivide
una relazione sentimentale con Francesco (Alberto Boll), rampollo di
ceto più facoltoso. Gli viene assegnato dal Provveditorato come
«primo incarico» una cattedra in Salento,
nella profonda provincia,
in un paesino sperduto e arretrato culturalmente. Una lettera del
fidanzato mette a repentaglio il suo piccolo mondo e...
Recensione:
Alla regista
Giorgia Cecere non bastano le collaborazioni di peso per imbastire un
esordio dietro la macchia da presa in grado di lasciare un solco.
Assistente alla regia per Gianni Amelio, sceneggiatrice del
talentuoso cineasta salentino Edoardo Winspeare (e perfino scrittrice
di alcune puntate de «I cesaroni»), confeziona una storia semplice,
esile, rincorrendo l'anelito a un neo-realismo che in ultima analisi
diviene povertà di nerbo filmico.
Elemento che
risolleva le sorti della pellicola la presenza e la prova della
bravissima Isabella Ragonese, folletto sensibile e aggraziato
appartenente a quella virtuosa schiera di performers che amano
scegliere i lavori e rifuggono quello che va per la maggiore. Anche
in questo caso la sua prova attoriale rimanda alla buona
interiorizzazione del personaggio e piccole espressioni, forza visiva
e posture le consentono di colpire. Purtroppo non si può dire lo
stesso del resto del cast, i cui membri sono stati ricercati nel non
professionismo, scelta che, se non calibrata come in questo caso, dà
adito a una certa sterilità.
«Il primo
incarico» si trascina per neanche un'ora e mezzo fra gustosi
paesaggi del sud della Puglia, tentativi di inscenare il confronto
fra diversi livelli intellettivi, di mostrare quanto nella vita si
perdano occasioni per il bizzarro incrociarsi degli eventi e di come
si possa e si debba cambiare per andare avanti. Ma nulla qui è
dotato di capacità penetrativa: la fotografia e la macchina da presa
non hanno il coraggio di valorizzare i colori meravigliosi del
Salento, la classe di bambini sembra non avere alcuna utilità
drammaturgica, i personaggi di contorno non mordono per niente, non
si registrano guizzi che calamitino l'attenzione. Inoltre il mondo
paesano degli anni '50 nel meridione d'Italia non ha carattere, non è
sviscerato o, se viene approfondito, tale intento rimane muto, zoppo,
poco incisivo.
Di più: alcune
scelte di sceneggiatura fanno storcere il naso in un paio di
occasioni prevedendo mutamenti troppo repentini.
Insomma
un'occasione sprecata per un progetto che presumibilmente è partito
con passione, entusiasmo e interesse per le piccolezze dei sentimenti
e della vita in genere. Ma che, presentato alla 67° mostra del cinema di Venezia
e girato fra i comuni di Cisternino e Castrignagno del capo, soffre di varie
falle francamente palesi. Intellettualmente ricca (la scrittura della
sceneggiatura è stata concepita dalla regista con il pittore cinese
Xiang-Yang e lo scrittore Pierpaolo Pirone), la Cecere speriamo abbia
altre occasioni di mostrare il suo valore.