ITAKER - VIETATO AGLI ITALIANI
Regia: Toni Trupia
Cast: Francesco Scianna, Tiziano Talarico, Michele Placido, Monica Birladeanu, Nicola Nocella, Pietro Bontempo, Vincenzo Peluso
Anno: 2012
Genere: drammatico
Durata: 98'
Voto: 7,5
Trama:
Anni '60. Pietro
Zanon (Tiziano Talarico) è un bambino trentino cui muore la madre; per non
rimanere solo, viene sospinto ad andare a cercare il padre immigrato
in Germania per trovare fortuna. Ad accompagnarlo c'è Benito
Stigliano (Francesco Scianna), uno scavezzacollo napoletano che,
per ripulire il proprio passaporto lordato da qualche flirt con il carcere, accetta di buon grado. La convivenza, dapprima forzata e difficile, servirà a irrobustire il rapporto fra i due; a intromettersi però ci pensa un gruppuscolo di malavitosi italiani ormai tedeschi capitanati da Pantanò (Michele Placido).
per ripulire il proprio passaporto lordato da qualche flirt con il carcere, accetta di buon grado. La convivenza, dapprima forzata e difficile, servirà a irrobustire il rapporto fra i due; a intromettersi però ci pensa un gruppuscolo di malavitosi italiani ormai tedeschi capitanati da Pantanò (Michele Placido).
Recensione:
Chi l'ha detto che, per far riflettere sui tempi moderni, occorra
dipingere una situazione ambientata nell'anno 2013? E se invece la
storia, da sempre «magistra vitae», fosse più eloquente di
qualsivoglia di modernismo?
Accattivante la proposta del regista Toni Trupia; classe 1979, arriva
con «Itaker» al secondo film (il primo, «L'uomo giusto», è
datato 2007; inoltre si conta a sua firma un segmento di «Incidenti»
nel 2005). E rinnova per l'occasione un consolidato sodalizio con
Michele Placido, con il quale concepisce la sceneggiatura
affidandogli un ruolo non indifferente nell'economia della storia. Ma
il curriculum di Trupia lo vede già impegnato con il più noto
collega: suo infatti è il determinante zampino nella sceneggiatura
di «Vallanzasca – gli angeli del male» e la posizione di
assistente alla regia in «Romanzo criminale».
Trupia, siciliano ma trapiantato a Roma per inseguire il suo sogno
artistico, arcaicizza agli anni '60 del secolo scorso un trend che
non passa mai di moda e si è tramandato perfino nella seconda decade
dei 2000: l'immigrazione. Recluta Francesco Scianna, di certo non uno
sconosciuto, lo rende asse portante del film e il colpaccio gli
riesce. Se c'è un elemento che esplode letteralmente dallo schermo è
la prova attoriale memorabile del protagonista di «Baarìa»: volto
pazzesco, altero e sognatore al contempo, Scianna scolpisce con
passione e raziocinio il suo personaggio conducendo un lavoro di
immedesimazione carnale che lascerà il segno. A fargli da parallelo
un giovanissimo attore esordiente, Tiziano Talarico, che svolge il
compitino senza graffiare purtroppo. Intorno a loro una serie di
carachters equidivisi fra buoni e cattivi con recitazioni ordinate e
credibili fra cui spicca quella di Nicola Nocella, già apprezzato in
diverse pellicole italiche fra cui l'avatiano «Il figlio piùpiccolo». E poi Placido, il quale, come da consuetudine, non passa
inosservato innervando di malignità e cinismo un attempato ma
rabbioso «itaker» trapiantato in terra crucca e dedito ai loschi
affari.
Trupia ci accomapgna in questo viaggio con un declinarsi degli eventi
che, quantunque si perda qua e là, rimane credibile e solido. Non
colpisce lo spettatore, non lo ricatta con momenti strappalacrime
anche se strizza l'occhio in alcuni moods al mondo televisivo. Questo
comunque rimane un film in cerca di autorialità e Trupia mostra in
più occasioni di poter ambire a questo status impreziosendo i 98
minuti di durata con occhio registico e capacità di inquadratura
gustosi. La fotografia non rappresenta poi solo una mera appendice
tecnica, ma «colora» l'opera di qualità andando a valorizzare
puntualmente sia i momenti più tetri che quelli più ariosi. Si
mantiene comunque su un registro di oscurità per la contestualizzare
i tempi degli eventi e la drammaticità degli stessi. Il film appare
molto ben confezionato, dimostrando un lavoro di amore e attenzione
anche ai costumi e alla ricostruzione storica.
Qua e là permane qualche dubbio circa l'ambizione di «Itaker», il
quale avrebbe potuto anche osare di più, spingersi nell'acredine di
alcuni personaggi e insistere ancora di più sull'aspetto sociale di
questi immigrati (denominati in malo modo, come recita lo stesso
titolo, dai tedeschi).
Permane il sentore di un film estremamente sincero, pensato,
studiato, ricco di stimoli e incorniciato da ottima forma. Un film
che può costituire pregevole documento per sottolineare le
contraddizioni dell'ampio fenomeno immigrazione. Fenomeno che,
impossibile da liquidare in due parole, non si è sostanziato
soltanto in persone, pezzi di cane in movimento da un luogo
all'altro, bensì da cuori e cervelli che si sradicavano da una via
consolidata per abbracciare un salto nel vuoto. Uomini che a loro
modo hanno fatto la storia di questo Paese e cui va riconosciuto
coraggio intrepido e voglia di vivere.
Concetti, questi, ancor più rilevanti se nel periodo precedente si
sostituisce l'imperfetto con il presente. Da anni la crisi economica
falcidia tutta l'Europa e il mondo, ergo i flussi migratori hanno
ripreso a circolare vorticosamente. E con essi storie di vita
individuali e collettive si dispiegano in tutto il loro pugnace
malessere.
Per questo il film di Trupia è ancora più importante. Forse anche
necessario.