A proteggere il cuore ed i vasi sanguigni si aggiunge ormai, oltre
l'esercizio fisico costante, una dieta equilibrata, uno stile di vita
sano, anche un altro presidio: il perdono.
Ne è convinta la ricerca scientifica che
ormai da più di 10 anni ha dato
alle stampe numerosi studi in tal senso, tanto da mettere in piedi una
vera e propria "scienza del perdono".
Il primo studio sugli effetti positivi esercitati dal perdono su chi
lo pratica venne pubblicato nel 2001 sul Journal of Adult Development ad
opera dell'équipe della Luther University di Decorah, in Iowa (Usa), ove
quelli che erano riusciti a perdonare le persone da cui avevano
ricevuto dei torti, godevano di una salute migliore rispetto a coloro
che non lo avevano fatto.
L'ultimo studio, in ordine di tempo, pubblicato su Psychosomatic medicine, viene dal Department of psychology and philosophy
dell'University of California di San Diego (Usa), ed è stato coordinato
da Britta Larsen.
La ricerca è stata condotta su 200 studenti dell'università, ai quali è
stato chiesto di ricordare un'offesa ricevuta recentemente e di
rivivere la rabbia da essa provocata. In un secondo momento alcuni
soggetti venivano "distratti" dalla propria rabbia. Successivamente al
campione in esame è stato chiesto di rielaborare le emozioni provocate
da quell'evento raggiungendo una posizione psicologica di perdono nei
confronti di chi ha provocato l'offesa. Per tutto il tempo della ricerca
venivano monitorati in ciascun soggetto diversi parametri
cardiovascolari, quali la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa,
sia diastolica che sistolica
.
"I nostri dati – affermano i ricercatori – dimostrano che pensare a
un evento offensivo con un approccio cognitivo di perdono porta a un
minor livello di aumento della pressione sanguigna rispetto a quando lo
stesso evento viene pensato con un approccio cognitivo di rabbia".
Lo
studio ha dimostrato anche che la semplice distrazione aveva solo un
effetto momentaneo sui valori della pressione e della frequenza, che
ritornavano successivamente di nuovo elevati quando riaffiorava il
ricordo, al contrario di quelli in cui il perdono aveva posto fine
definitivamente alla sensazione di malessere interiore. In questo caso,
secondo i ricercatori californiani, i benefici cardiovascolari derivano
dal fatto che i sentimenti negativi vengono definitivamente sostituiti
da altri quali, ad esempio, la mancanza di rancore.
"Il nostro studio è il primo ad indicare come il concentrarsi del
perdono sia non solo protettivo in quel preciso momento – si legge nella
pubblicazione – ma possa offrire una protezione anche successivamente,
attraverso un cambiamento del modo in cui gli altri individui rispondono
al fenomeno della 'ruminazione' psicologica dell'evento che può
ripresentarsi nel futuro".
"Il perdono – sottolinea la Larsen – viene
spesso considerato un beneficio per gli altri, ma sembra che coloro che
perdonano possano anch'essi avere dei benefici".
Comunque i risultati di questa ricerca hanno bisogno di ulteriori
conferme, attraverso lo studio di un campione più rappresentativo della
popolazione, che comprenda le diverse fasce di età e un numero maggiore
di uomini che in questo caso erano la minoranza.
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