A PROPOSITO DI SCHMIDT
Regia: Alexander Payne
Anno: 2002
Genere: drammatico, commedia
Durata: 122'
Voto: 8
Trama:
Warren
Schmidt (Jack Nicholson) ha passato tutta una vita come vice
direttore nel ramo assicurativo proponendosi a moglie e figlia (Hope
Davis) come uomo non cattivo ma poco presente e gretto. A 66 anni
l'esistenza gli concede il pensionamento, ma, dopo la prematura morte
della consorte, passa attraverso una serie di
dis/avventure fra cui
il tentativo di scongiurare le nozze della figlia con Randall
(Dermont Mulroney) e l'adozione a distanza di un bimbo
nigeriano.
Recensione:
Un
Nicholson del genere non si può che godere in contemplazione
estatica.
Potremmo chiudere qui le serrande, perché l'attore
americano, nominato in questo caso all'oscar, offre una prova
mastodontica, provvista di quella sontuosità che si confà solo
all'olimpo degli dei.
In realtà vi è molto ancora da narrare per
questa pellicola diretta di Alexander Payne, uno che di film non ne
ha realizzati molti, ma che ha sempre colpito a dovere. Gli è
accaduto con «Election», «Sideways – in viaggio con Jack» e
negli ultimi con «Paradiso amaro». Fil rouge di queste opere la
capacità, il gusto, la sensibilità, l'intelligenza di esprimere
molto con poco, trasporre un fioco fiato in un latrato, un
sopracciglio in un arcobaleno emotivo.
Altri leit motiv? Un
comparto fotografico sempre meravigliosamente calzante, il dar
espressione al paesaggio e il dipingere piccoli sentimenti in cui lo
spettatore possa riconoscersi.
Qui i personaggi sono scolpiti alla
perfezione: Nicholson è un arido misantropo che, nel crinale
discendente della propria anagrafe assapora l'amaro strale del suo
vuoto esistenziale e riscopre le piccole cose per sfuggire al senso
di fallimento. Kathy Bates, anch'essa qui nominata all'oscar (ma si
perde il conto delle numerosissime nominations a vari premi in tutto
il mondo del film), è una delizia per come incarna la grottesca
madre di Randall. E poi quest'ultimo, di aspetto ridicolo ma in fondo
buono; per non parlare di tutti i personaggi collaterali poi, mai
macchiettistici, ma tutti portatori di senso all'interno della storia
e credibili.
Il film incede lento, sorretto dalla ferrea
sceneggiatura dello stesso Payne a braccetto con Jim Taylor; la regia
si concede interessanti colpi di visuale e virtuosismi, alcuni luoghi
parlano tanto quanto fossero persone, le battute si sprecano e poi...
Quella vincente atmosfera in bilico fra commedia e dramma che, pur
flirtando con entrambi i generi, brilla di luce propria baciandosi
alla francese con la schiera dorata dei grandi film.
«A proposito
di Schmidt» è godibile sia come scoperta di questa America di
provincia fatta di freaks fuori dal tempo che come scavo psicologico
del protagonista, che via via deve affrontare il tanto rimandato
indurimento con cui ha impostato la propria individualità nel corso
della vita. In questo senso le parentesi con Ndougu, un bambino
nigeriano che non conoscerà mai, ma che gli scalda il cuore e che si
configura come ideale confidente dei suoi aspetti più delicati e
intimi. La scena finale in tal senso commuove e sgomenta per la sua
tenera potenza e risulta la chiave interpretativa per il cedimenti di
tutti gli steccati eretti da questo borghese arido americano ormai
quasi vecchio e sprovvisto della forza dei tempi migliori.
Un film
questo ad alto livello in tutte le sue componenti, spruzzato di acre
cinismo e alcuni dei cui momenti, soprattutto connessi alle mimiche
facciali di Nicholson, andrebbero custoditi gelosamente nelle
cineteche degli intenditori.