Michele Placido in conferenza stampa con il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli |
Michele Placido ha un volto di tale
caratura che, se non avesse fatto l'attore, avrebbe potuto sfruttarlo
in altri settori con la stessa credibilità, la stessa veemenza, lo
stesso smalto. Lo sciorina uscendo dall'ascensore di un hotel quattro
stelle per abbracciare le domande dei giornalisti in occasione del
Busto Arsizio film festival. Si dona subito ai flash dei fotografi
con
quel sorriso beffardo in bilico fra alterigia e umanità, acume e disponibilità. Elegante ma non troppo, Placido scende sì con un'ora di ritardo, ma ripaga ampiamente la pazienza dei cronisti con risposte mai manierate, anzi coraggiose e imbevute di passione e lucidità. Prima però una doverosa intervista a porte chiuse con la Rai lo intrattiene; pochi minuti e fa il suo ingresso fra gli applausi dei presenti in conferenza stampa. Intorno a lui il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli e alcuni dirigenti di questo festival che sabato 20 aprile ha trovato la sua giornata conclusiva. Festival informale e «piccolo», dall'ormai consolidata e rispettata tradizione, che consente uno stretto contatto con gli ospiti e un'amore per il cinema che emerge in ogni momento. Placido al BA ha avuto fortuna: la pellicola da lui prodotta «Itaker –vietato agli italiani» e da lui interpretata (non come attore protagonista) ha vinto aggiudicandosi quattro premi (con la regia di Toni Trupia). Al di là della qualità intrinseca, un film importante, forse anche necessario di questi tempi, un film che parla di immigrazione e che soprattutto parla allo spettatore. Questo l'intento costante di Placido: fare film per la gente, in cui la gente possa riconoscere la propria realtà e riconoscere il loro ruolo sociale in essa. Si è parlato di questa produzione ma anche di molto altro, di argomenti ad ampio raggio sulle difficoltà dei giovani autori ad emergere, sulle differenze sesquipedali anche solo con la vicina Francia, su quante belle energie talentuose vengano disperse per una gestione artistico-economica del cinema nel nostro Paese a dir poco miope e pusillanime.
quel sorriso beffardo in bilico fra alterigia e umanità, acume e disponibilità. Elegante ma non troppo, Placido scende sì con un'ora di ritardo, ma ripaga ampiamente la pazienza dei cronisti con risposte mai manierate, anzi coraggiose e imbevute di passione e lucidità. Prima però una doverosa intervista a porte chiuse con la Rai lo intrattiene; pochi minuti e fa il suo ingresso fra gli applausi dei presenti in conferenza stampa. Intorno a lui il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli e alcuni dirigenti di questo festival che sabato 20 aprile ha trovato la sua giornata conclusiva. Festival informale e «piccolo», dall'ormai consolidata e rispettata tradizione, che consente uno stretto contatto con gli ospiti e un'amore per il cinema che emerge in ogni momento. Placido al BA ha avuto fortuna: la pellicola da lui prodotta «Itaker –vietato agli italiani» e da lui interpretata (non come attore protagonista) ha vinto aggiudicandosi quattro premi (con la regia di Toni Trupia). Al di là della qualità intrinseca, un film importante, forse anche necessario di questi tempi, un film che parla di immigrazione e che soprattutto parla allo spettatore. Questo l'intento costante di Placido: fare film per la gente, in cui la gente possa riconoscere la propria realtà e riconoscere il loro ruolo sociale in essa. Si è parlato di questa produzione ma anche di molto altro, di argomenti ad ampio raggio sulle difficoltà dei giovani autori ad emergere, sulle differenze sesquipedali anche solo con la vicina Francia, su quante belle energie talentuose vengano disperse per una gestione artistico-economica del cinema nel nostro Paese a dir poco miope e pusillanime.
Il regista vede comunque all'orizzonte
un cambiamento: «Sta cominciando – ha sottolineato – un'era
nuova, c'è un mutamento da un punto di vista produttivo; tra l'altro
le tecnologie oggi offrono la possibilità di fare film a costo molto
basso».
E ha ricordato l'etimo latino del
vocabolo ignoranza contestualizzandolo nella possibilità di vendere
il proprio lavoro: «E' un vostro diritto produrre cinema; se a Busto
Arsizio c'è un centro culturale o una buona sceneggiatura, avete la
facoltà di ottenere un finanziamento pubblico. Questo forse non lo
si sa o si fa finta di non sapere, ma lo Stato ha fatto una legge in
proposito! Ma siamo un Paese arretrato nell'informazione».
Istituisce poi un parallelismo storico
per guardare con ottimismo il futuro e spronare i giovani:
«Pensiamoci bene: è proprio quando il nostro Paese visse il periodo
più buio della sua storia, la guerra, che emersero i più grandi
capolavori come 'Roma città aperta'. Quindi non lasciamoci abbattere
adesso, non prendiamo a pretesto la crisi per giustificare i nostri
fallimenti, ma rimbocchiamoci le maniche! Dovremmo trovare dei giovani
nuovi produttori appassionati di cinema che abbiano voglia di
investire e invertire la rotta indecente che si è presa in Italia
con i film».
Interessanti poi i retroscena per il
suo prossimo film, la cui genesi riserverà delle ghiotte sorprese:
«Sono venuto a sapere di una pièce teatrale scritta da un
giovanissimo attore: una famiglia discute intorno a un tavolo, ma il
figlio annuncia che si vuole suicidare e si vedono queste persone di
notte che cercano di dissuaderlo. Ho proposto questa storia alla Rai
e mi hanno risposto picche per la drammaticità del tema. Allora
sapete che ho fatto? Tornai a vedere una seconda volta a teatro lo
spettacolo e mi decisi di contattare i ragazzi; farò il nuovo film
dal titolo 'Prima di andar via' riprendendo direttamente il loro
show. E potrò farlo anche grazie alla tecnologia e alla creatività
di un'idea. Mi costerà pochissimo e sono certo verrà fuori qualcosa
di particolare. Anche perché si può emozionare anche facendo
parlare gente intorno a un tavolo».
Chiaro e favorevole il suo punto di
vista sulla televisione: «Negli ultimi anni al cinema non sono stati
dati più soldi per occuparsi di argomenti di denuncia, inchiesta,
stragismo, mafia. Di film se ne sono fatti, ma sono rimasti un po'
nell'ombra. In televisione no, si è continuato e allora è proprio
lì che si potrebbe creare la fucina dei giovani registi. Ad esempio 'La piovra' è stata diretta da grandi registi di cinema pur
essendo una serie televisiva».
Ma come ha visto Placido il biennio
2012-2013? «Ha sofferto il cinema autoriale come Bellocchio e
Bertolucci; e poi hanno sofferto i giovani. Ad esempio «Itaker» è
Rai cinema ma non ha distribuzione Rai, questo è assurdo! Come è
assurdo che in Italia non ci sia mai stato un ministro della cultura
competente e appassionato di cinema o che abbia dimostrato di essere
felice di rivestire quel ruolo ministeriale».
Placido crede molto nella validità di
«Itaker»: «Nel mio paese in Puglia da 12.000 passammo in pochi
anni a 5.000 abitanti; in tanti andarono al nord in cerca di fortuna.
Ma se non ci fosse stata quella massiccia emigrazione, non si sarebbe
creato quel polo industriale Torino/Milano/Genova. Il film l'ho
pensato per far riflettere su questo; e l'ho affidato a un ragazza
che ha tutta la mia fiducia e che è stato determinante già per
altri miei lavori del passato, Toni Trupia».