L'INNOCENZA DI CLARA
Regia: Toni D'Angelo
Anno: 2012
Genere: noir/dramamtico
Durata: 98'
Voto: 6,5
Trama:
Clara (Chiara
Conti) diventa la compagna di Maurizio (Alberto Gimignani); entrambi
convivono a Carrara, mentre l'uomo lavora duramente agli scavi delle
montagne per ricavare il noto marmo. Ma l'amico Giovanni (Luca
Lionello) inizia a provare attrazione per la donna, sempre più
abbandonata dal compagno e
annoiata.
Recensione:
Toni D'Angelo arriva al terzo appuntamento in lungo dopo l'esordio
«Una notte» e il documentario «Poeti». Sceglie il noir, filone in
Italia sclerotizzato da un punto di vista commerciale ma ancora in
grado di inanellare buoni episodi da parte di cineasti anche di
differente estrazione. E ingaggia Chiara Conti, attrice alquanto
affermata che vanta collaborazioni di livello nel piccolo e grande
schermo. L'opera si regge sulla sua pertinente recitazione in grado
di delineare con credibilità una donna naturalmente seduttiva ma
allo stesso tempo non volgare ma, appunto, innocente. Clara dunque
non zingalluzisce gli uomini in quanto ninfomane o narcisa, ma quasi
inconsciamente, con posture del corpo e inflessioni della voce che
per dna fanno parte del suo essere.
E Clara agisce in un momento di noia: il paesaggio dei marmi, dipinto
dall'occhio della macchina da presa con gusto e sapienza, diviene una
sorta di protagonista aggiunto, ma al contempo impone come un macigno
il suo peso sulle persone. E così la loro cultura. Dunque i due
amici sono provetti cacciatori: uccidendo a pallettoni poveri uccelli
pensano di manifestare una bieca mascolinità e vedono la donna come
appendice della vita anziché valida interlocutrice emozionale.
Ecco dunque il triangolo amoroso in cui D'Angelo si muove con
discreto polso. Il regista napoletano talvolta però pare non controllare
gli stimoli che lancia e apre alcune parentesi per poi non
richiuderle. Non si comprende peraltro il senso di talune scelte e la
sceneggiatura risulta piuttosto frastagliata. Anche i dialoghi non
lasciano molti motivi di cui essere contenti, ma la loro asciuttezza
va contestualizzata nel cinema di genere cui appartengono e al noir
in particolare, ove l'atmosfera viene anteposta a tutto il resto.
Luci ed ombre dunque per questo film, cui però va dato il merito di
riuscire a intessere il congruo mood; se D'Angelo intendeva dare
«alla luce» un noir, a buon diritto può asserire di esserci
riuscito. Lo spettatore viene così colto nell'incombenza di questi
marmi, tra luce naturale e oscurità della montagna stessa. Le ruspe
lavorano incessantemente, l'uomo combatte contro la natura per
sopravvivere e intanto si consumano le relazioni umane con le loro
contraddizioni. Collante di esse la presenza di Clara, un piccolo
folletto aggraziato non immune da colpe ma che lo spettatore, a fine
visione, assolve.
D'Angelo imperla tutta la durata della pellicola di rigore che
purtroppo però non si fa mai autoriale; almeno vorrebbe esserlo
negli intenti forse, ma rimane troppo chiuso su se stesso, elemento
di cui alcuni film italiani di genere negli ultimi anni soffrono
oltremodo.
Lo attendiamo comunque al prossimo capitolo per confermare e, si
spera, incrementare ciò che di buono ha fatto qui intravedere.