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venerdì 19 aprile 2013

RAZZABASTARDA

RAZABASTARDA 
Anno: 2013
Genere: drammatico
Durata: 110'

Voto: 7,5  

Trama:
Roman (Alessandro Gassman) è di etnia rom ed è giunto in Italia con la madre a 30 anni; la moglie non c'è più, ma in compenso vive per rendere felice Nicu (Giovanni Anzaldo), il giovane figlio. Per mantenere la famiglia spaccia cocaina con l'amico pugliese
Geco (Manrico Gammarota) e il sostegno di un avvocato trafficone (Michele Placido). Mentre il padre sogna il colpaccio per addivenire a una vita dignitosa, Nicu si fa tentare da Talebano
(Sergio Meogrossi), un poveraccio provvisto di cultura spicciola  che sogna di decollare con i traffici illeciti.

Recensione:
I rom in Italia, il dipinto della loro vita, le contraddizioni della loro presenza, divergenze e possibili convergenze in vista di un'integrazione societaria. Temi di una delicatezza palpitante che è lecito considerare tanto meritevoli di attenzione quando praticamente impossibili da trattare in un'opera d'arte.
Ad Alessandro Gassman va dato il coraggio degli incoscienti, di coloro i quali sfidano le contingenze per inseguire il sogno e una via artistica personale. Con probabilità il figlio del grandissimo Vittorio era a conoscenza del fatto che, da qualsivoglia angolazione prendesse la storia, qualche critica l'avrebbe ricevuta. Troppo vasto il tema, troppe ideologie alimenta un'esistenza, quella dei rom nel nostro Paese, che nessun italiano esterno può spiegare con ragionevolezza e polso conoscitivo.
Si parta dunque dall'attestazione di merito a Gassman, il quale, come prima regia decide di ingrassare 10 chili, mettersi delle protesi dentarie e dare alla luce la figura di questo chiassoso Roman. Il personaggio è credibile; se infatti si escludono alcune esagerazioni della parlata (che talvolta paradossalmente rendono ironico un registro molto drammatico), è interessante la commistione fra violenza nei modi e sincero amore per il figlio. Gassman punta tutto sul grido, dando fiato a un latrato che pare essere quello dell'intera etnia rom in una Nazione straniera, Nazione madre e matrigna, accogliente ma anche respingente, che prima ospita poi brutalizza.
Il film in realtà non parla troppo di integrazione: a parte il rapporto (riuscito) fra Roman e l'amico italiano, non appaiono significativi gli scambi fra i due popoli. Prevalgono anzi le dinamiche fra i rumeni, con feste, musica, maniere di comportamento simili.
Il quadro che ne emerge è convincente, dotato di impatto e forza d'urto; la sceneggiatura regge molto bene e fidelizza lo spettatore non facendo mai abbassare il livello patemico con le vicende. In più gli attori offrono una buona prova di gruppo, si respira intrigante coralità e alcuni momenti risultano aggraziati come pugni in faccia, strillati, sbattuti in faccia. Gassman in tal senso non utilizza filtri, si lascia andare e butta giù i muri (dell'intolleranza?) senza difendere o attaccare i rom.
Ecco il pregio maggiore del film: in quando di genere, umanizza i personaggi, vira all'interiorità e declina varie riflessioni preziose. Il rapporto parentale padre e figlio, la difficoltà di crescere in un Paese straniero sia per la prima che per la seconda generazione, lo sfruttamento delle donne, la violenza come forma comunicazionale, la povertà.
Qualche problema si accusa in fatto di stereotipia; se è sacrosanto che i personaggi funzionano, i ruoli sono schematizzati, troppo netti. Gassman dà l'idea di essere partito fin dall'inizio come un carro armato verso la distruzione e, volendo accentuare con l'iperrealismo le scene, ha finito per accentuare anche gli spigoli dei ruoli. Roman e Nicu avrebbero potuto dunque essere maggiormente Roman e Nicu e non così marcatamente un rom trapiantato in Italia e il figlio di un rom trapiantato in Italia.
La pellicola è girata in un felicissimo bianco e nero, che arcaicizza (sia detto in senso buono) la proposta e rende ancora più fruste, consunte, povere locations, sceneggiature e interni della roulotte della famiglia. Altro punto a favore del film: c'è confusione, disordine, sporcizia, lordura (anche morale?), un vero macello assolutamente valorizzato e, se possibile, estremizzato da questo b/n che talvolta vive di raffiche luminose avvincenti.